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FRATELLO DEI MALATI

Accanto a Brescello, il paese di don Camillo, si stende lungo l’argine del Po la località di Boretto, chiaramente individuabile dall’imponente cupolone della Chiesa. In sagrestia il giovane parroco mostra il librone dei battesimi: il 12 ottobre 1880 nasce e viene battezzato Artemide Zatti. E’ un tempo difficile, e in campagna si soffre la fame. L’intera famiglia – padre e madre e sette figli – raggiunge uno zio in Argentina. Qui cerca subito la parrocchia, tenuta dai salesiani. Si apre un nuovo destino per Artemide, giovane di 19 anni, che ben presto domanda di partecipare alla vita dei salesiani. Nella casa di Bernal, vicino a Buenos Aires, il giovane viene colpito dalla tubercolosi. Verrà trasferito a Viedma, località della Patagonia, dove c’è aria buona. In modo inspiegabile, la malattia svanisce e Artemide si trova a prestare servizio a poveri e malati, che soccorre personalmente anche con le medicine della farmacia. Nel territorio viene costruito un ospedale che diventa la casa della totale dedizione di ‘don’ Zatti, il quale non è prete, ma il fratello coadiutore che si prende a carico la salute dei poveri abitanti del circondario, in ospedale e fin nelle case che raggiunge in bicicletta.

Questo libretto, scritto in modo agile e preciso, racconta tanti episodi della sua ‘impresa sanitaria’, unita all’avventura economica di chi confida strenuamente nella provvidenza. Zatti attira l’attenzione e la stima dei superiori e di tutto un popolo. Quando si tratta di decidere chi andrà a Roma alla canonizzazione di don Bosco il giorno di Pasqua del 1934, viene scelto lui. In seguito Zatti vivrà il dramma della demolizione dell’ospedale per iniziativa della diocesi che ha bisogno di nuovi locali per i propri servizi. L’opera ospedaliere viene trapiantata altrove. e la personalità di Zatti cresce in dedizione e apprezzamento. Muore a 71 anni nel 1951. La fama della sua santità non si spegne, finché il 9 ottobre 2022 viene proclamato santo da papa Francesco.  Il libretto, che fa parte di una diffusa collana di santi, costituisce un primo bellissimo approccio – per ragazzi e adulti - a una sorridente figura di cristiano, semplice e attraente.

Enzo Bianco, Artemide Zatti. Parente dei poveri, Elledici 2022, pp 40 € 1,90

Angelo Busetto

 

L’uomo, l’opera, la fede

A centocinquant’anni dalla morte di Alessandro Manzoni, si riaccende il cammino di scoperta dell’intera sua opera e della sua figura. Per molte persone Manzoni rimane ingabbiato nella trama delle letture scolastiche; vengono ricordati alcuni brani dei Promessi Sposi, splendidi di luce o carichi di dramma, e tuttavia ormai appannati dall’abitudine. In questo contesto, tra le iniziative di risonanza nazionale ci raggiunge la bella sorpresa del numero di maggio di Luoghi dell’infinito, un orizzonte aperto sulla figura di Manzoni. Con una finzione letteraria che sembra evocare l’incipit del grande romanzo, è Manzoni in prima persona a raccontare ‘il romanzo della sua vita’ con date e fatti. Nei successivi interventi della rivista, il percorso della vita e dell’opera di Manzoni viene rievocato con interessante evidenza: l’infanzia e la giovinezza, ‘abbandonato’ dalla madre che rivedrà poi a vent’anni; la conversione al cattolicesimo, dapprima nella sua forma giansenista e poi nella serenità gioiosa e aperta di una fede autentica; il matrimonio con Enrichetta Blondel, che morirà nel drammatico Natale del 1833, la morte di alcune figlie; l’intera sua produzione letteraria, anche nel contesto dell’Italia risorgimentale. Emerge con evidenza che l’opera di Manzoni è ‘informata’ dalla fede: le ‘Osservazioni sulla morale cattolica’ e la ‘rivoluzione’ degli Inni Sacri, le varie redazioni del grande romanzo, che documentano il maturarsi del cammino cristiano, i rapporti amichevoli, in particolare con Rosmini, la vita pubblica e ‘politica’ fino alla nomina a senatore del neonato ‘Regno d’Italia’. Notevole l’indagine - nel romanzo - sul rapporto di Manzoni con la storia e con la Bibbia, come pure la sottolineatura della ‘gloria’ del cristiano a partire dal basso, cioè dall’umile condizione di Renzo e Lucia, figure di quel cristianesimo vissuto che troviamo impersonato anche in Padre Cristoforo e nel Cardinal Federigo. ‘I Promessi Sposi’: un romanzo ‘popolare’ anche nel senso della partecipazione del popolo ai grandi avvenimenti della storia, come le incursioni degli eserciti e la peste; con una ricca serie di personaggi minori, citati per nome o senza nome, che arricchiscono la vasta tavolozza dell’umano. Manzoni viene presentato nel suo rapporto di riscoperta e di rilancio della lingua italiana e nel riflesso della sua opera l’arte, il cinema, gli studi letterari e scolastici. Un vasto panorama, una bella scoperta, utile anche a chi credeva già di sapere. Si rinnova la ‘tentazione’ di riprendere – per l’ennesima volta – la lettura del romanzo più famoso della storia letteraria italiana.

I PROMESSI SPOSI, storia di un popolo cristiano

Ed ecco, già pronta sul tavolo, una nuova edizione del grande romanzo. Questo volume de ‘I Promessi Sposi’ si distingue per vari aspetti. Subito evidenti le grandi illustrazioni, in un bianconero parlante, ad opera dei fratelli Gregori, riprese dalle edizioni di Famiglia Cristiana. Poi i commenti e le note a cura di Giuliano Vigini, noto critico letterario che si è occupato a più riprese di letteratura religiosa. Oltre a fornire le necessarie spiegazioni letterarie, storiche e geografiche, le note entrano nel cuore della vicenda, svelando l’anima del romanzo, cosicché il lettore viene amabilmente trattenuto all’interno della pagina, a indugiare con lo sguardo su un paesaggio, un personaggio, sul senso degli avvenimenti, gustando le parole precise e vive con le quali Manzoni ci rende partecipi di quel che accade: come lo scorrere quieto dell’acqua di un fiume ampio e solenne. Da questo fiume si dipartono tanti affluenti che descrivono le fogge dei vestiti, riferiscono dialoghi in presa diretta, svelando un teatro di personaggi in una narrazione con il sapore dell’epopea. All’interno del racconto dei fatti e delle descrizioni di persone e cose, si delinea una trama che tutti coinvolge, segnata dal guazzabuglio delle avversità, dei contrattempi, delle intenzioni e azioni maligne, attraverso cui la Provvidenza tesse il filo che coinvolge singole persone, raggruppamenti di popolo, l’intero mondo: “La c’è la Provvidenza”. I personaggi ‘presi dal popolo’ emergono come protagonisti di una storia grande; Lucia fra tutti, fino al punto che qualcuno ha dichiarato trattarsi del ‘romanzo di Lucia’. Un romanzo ‘cristiano’, non in senso devozionistico, ma come racconto di vite sante o peccatrici, in una vicenda che in finale va a planare nella descrizione di una famiglia serena e felice. Manzoni lo dichiara e lo racconta: Dio “non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e maggiore”.

Alessandro Manzoni, I PROMESSI SPOSI, Commento di Giuliano Vigini. Illustrazioni e disegni di Nino e Silvio Gregori, San Paolo, Milano 2023, pp 888 € 25,00

Angelo Busetto

RICERCA DI SENSO, DOMANDA DI FELICITA’

La nuova edizione de Il senso religioso di Giussani, con prefazione del cardinal Bergoglio

Percorrere le pagine di questo libro è come sfogliare la mappa del continente umano: di pagina in pagina l’orizzonte si amplia e si approfondisce. Ho tra mano la ventunesima edizione – marzo 2023 - de Il senso religioso di Giussani, BUR saggi, con la prefazione del cardinale Bergoglio che, nella presentazione dell’edizione spagnola del 1998 a Buenos Aires, esprime “un doveroso atto di gratitudine verso monsignor Giussani” e dichiara che questo libro “è per tutti gli uomini che prendono sul serio la propria umanità”. Uscito per la prima volta nel 1986, le sue radici si trovano in un libretto pubblicato nel 1957 a cura della Giac (Gioventù italiana di Azione Cattolica) della diocesi di Milano. Quello attuale è il testo di Giussani più diffuso nel mondo, tradotto in più di venti lingue: oltre a quelle europee, anche arabo, albanese, cinese, giapponese; con l’aggiunta di traduzioni nelle lingue locali degli 80 paesi del mondo dove è presente Comunione e Liberazione. Il testo riproduce sostanzialmente il contenuto degli incontri e delle lezioni di don Giussani con gli studenti del liceo Berchet di Milano dove insegnava religione, e poi dell’Università Cattolica. In parallelo, nei podcast reperibili sul sito di CL è possibile ascoltare dalla viva voce di Giussani le lezioni che affollavano l’aula dell’Università Cattolica.

Dove sta il motivo di un interesse così vasto? Giussani parla all’uomo reale, incrocia le esigenze – e le evidenze - fondamentali di ogni persona, e arriva a scovarle nel profondo del cuore: il desiderio di verità, giustizia, felicità che ci fa vivere e ci mette in moto. Che cosa risponde, che cosa ci basta? Chi è l’uomo, chi sono io? La sorpresa è scoprire se stessi e la realtà come un ‘dato’: l’essere mi viene donato. Giussani evoca un paragone suggestivo: ”Supponete di nascere, di uscire dal ventre di vostra madre all'età che avete in questo momento, nel senso di sviluppo e di coscienza cosi come vi è possibile averli adesso. Quale sarebbe il primo sentimento, cioè il primo fattore della reazione di fronte al reale?” Risponde: “Il contraccolpo stupefatto di una presenza, delle cose, dell’essere, che non faccio io, ma mi si impone”.  Impegnandomi con la vita, ‘vivendo intensamente il reale’, scopro il mio bisogno di infinito, e giungo alle soglie di una risposta che potrebbe venirmi incontro. La posizione più ragionevole è non eliminare la domanda, non tagliare la ricerca, non eludere la possibilità di una risposta ‘altra’.

L’autore procede in un dialogo appassionato con giovani e adulti, e nel paragone con i grandi del passato e del presente; rilegge Leopardi che guarda l’infinito, la donna e le stelle, ed evoca Platone, secondo il quale la traversata del Pèlago della vita risulterebbe più agevole «con l’aiuto della rivelata parola di un dio. Il libro è stato presentato martedì 2 maggio nel Teatro Dal Verme di Milano, in collegamento con centinaia di sale in Italia e nel mondo, in un dialogo tra il teologo spagnolo Javier Prades e la giornalista Irene Elisei. Il senso religioso costituisce la prima tappa del PerCorso di Scuola di Comunità, aperto a tutti, che si svolge a gruppetti con scadenza settimanale o quindicinale; per la diocesi di Chioggia, segnaliamo un primo appuntamento per mercoledì 17 maggio ore 21 al pianterreno della Chiesa di Borgo San Giovanni, con ingresso libero. Info: ass.giannaballarin@gmail.com

Luigi Giussani, Il senso religioso, Volume primo del PerCorso, Prefazione di Jorge Mario Bergoglio, BUR saggi, 2023, pp 220 € 10,00

Angelo Busetto

UNA STORIA E TRE PROTAGONISTI: GESU’, PILATO, IL ROMANZIERE

Càpita di trovarsi in mano questo libro, e di mollarlo appena dopo poche pagine, sconcertati e forse scandalizzati dalla sua impostazione. Gesù viene presentato come un uomo smarrito, in cerca della sua identità; il racconto si svolge audacemente in prima persona, a partire dalla sera della condanna, e rievoca l’infanzia, i sogni e i fatti, anche quelli mai raccontati dal Vangelo e nemmeno registrati dagli apocrifi. La voglia di chiudere il libro prevale.

Chi è l’autore di queste pagine? Il suo nome spunta da qualche rivista e giornale. Eric-Emmanuel Schmitt è nato nel 1960 in Francia. Il suo primo amore non è stato la letteratura, ma la musica e la filosofia. Verso i trent’anni, un fatto gli cambia la vita. Di famiglia anticlericale e di formazione atea e poi agnostica, in un viaggio nel deserto del Sahara, ‘quella notte sotto le stelle’ lo rivolta. Comincia a credere in Dio, e in un’altra notte legge di seguito i quattro Vangeli, trovandoli veri anche in forza delle loro dissomiglianze. Si appassiona a Gesù, ma il suo sguardo non si rassegna alle frasi religiose ripetute e alle immagini oleografiche abituali. Ecco allora questo ‘romanzo’ in cui Gesù è immaginato ‘diverso’, come un ragazzo e un uomo che non sa di essere il Messia e si trova coinvolto in una vicenda che lo supera, ed egli vi si immerge, arrivando all’ultima frase registrata sulla croce: “Padre mio, perché mi hai abbandonato?”.

Fin qui il primo spezzone del libro. Segue un racconto con il doppio di pagine, dove il protagonista, che parla ancora in prima persona, è Pilato, il quale scrive una serie incalzante di lettere “all’amico Tito”. La sorpresa prosegue. Il primo contatto di Pilato con Gesù avviene attraverso la moglie che, dopo un pomeriggio trascorso con Gesù, si ritrova guarita dal flusso di sangue che la tormentava.

Il linguaggio di Pilato nelle lettere è raffinato, elaborato, pronto a registrare i fatti esteriori e i moti dell’anima. Entriamo nel vivo della condanna di Gesù, sulla falsariga del racconto evangelico. La parte più sorprendente ed emozionante corrisponde ai giorni che seguono la morte e sepoltura di Gesù, fino e oltre la scoperta del sepolcro vuoto. Qui Pilato agisce come un detective privato, indagando a tutto spiano su una scaletta di ipotesi successive. Prima l’indagine in casa di Giuseppe d’Arimatea, che potrebbe avere nascosto il cadavere di Gesù, poi in casa di Caifa, poi da Erode, e via esaurendo tutte le vie della ricerca, in un una tensione progressiva. Lasciamo al lettore l’emozione di percorrere i vari livelli della inutile investigazione di Pilato, fino alla conclusione.

Il libro tuttavia non finisce con le lettere di Pilato. C’è ancora una terza parte, che è un ‘racconto del racconto’, Diario di un romanzo rubato. Il nostro autore narra di avere subìto un furto atroce. Gli sono stati rubati i due computer e i dischetti della prima stesura dell’intero romanzo. E intanto l’editore preme. Si butta allora in una affannosa riscrittura, quella che poi viene data alle stampe e che mi ritrovo tra le mani. Ci viene riservato ancora un estremo colpo di coda, che sbuca improvviso nell’ultima pagina e che lasciamo lettore come sorpresa finale.

La perfetta coincidenza della lettura di questo romanzo con l’ultimo scorcio della Quaresima e con la Settimana Santa fino al giorno di Pasqua, ha reso il libro ancora più appassionante e realistico, nonostante alcuni risvolti improbabili e favolistici.

Eric-Emmanuel Schmitt, Il Vangelo secondo Pilato, ed San Paolo, Milano 2013, prima edizione buc pp 348 € 9,00

Un’accoppiata felice brucia la distanza di sedici secoli: nel mese di febbraio a Sant’Agostino è dedicato l’intero numero di Luoghi dell’infinito; a Papa Benedetto è dedicato il numero di Tracce.

La coincidenza editoriale fa risaltare la straordinaria sintonia tra due grandi personaggi della teologia e della storia della Chiesa. Ratzinger aveva ‘incontrato’ Agostino fin dal tempo dei primi studi filosofici e teologici; a lui dedicò la sua tesi in teologia, e da papa trovò in lui ispirazione per la prima Enciclica "Deus caritas est". Il grande padre della Chiesa, associato a San Bonaventura, è rimasto sempre sullo sfondo degli studi e dell’insegnamento di papa Ratzinger.

La pubblicazione di questa monografia di Luoghi dell’Infinito è originata dal fatto che il corpo di Sant’Agostino (354-430) venne traslato a Pavia, capitale del regno longobardo, nel 723; il Comitato Pavia Città di Sant’Agostino – che fa capo all’Ordine Agostiniano, alla Diocesi e al Comune di Pavia e al quale si sono aggregate vari università e istituzionii nazionali – celebra i 1300 anni di questo evento con numerose iniziative. La rivista apre con un intenso saggio del filosofo Massimo Cacciarti che vede nell’opera di Agostino ‘la lotta fra cielo e terra’ in tensione verso la patria celeste. Di seguito, viene riportata una parte dell’omelia che papa Benedetto pronunciò a Pavia nel 2007, dove racconta delle ‘tre conversioni’ di Agostino: al cristianesimo, alla dedizione contemplativa a Dio, al ministero dell’annuncio della misericordia nel servizio al popolo di Dio.                                          Un globale ed efficace intervento dello storico Franco Cardini passa in rassegna la vita di Agostino, coordinandola con le sue opere, tra le quali emergono le Confessioni, la Trinità, la Città di Dio; un secondo intervento dello stesso autore delinea la travagliata ambientazione storica che si riflette sulla sua opera. Nel seguito degli interventi della rivista non poteva mancare la figura di San’Ambrogio vescovo di Milano, dal quale Agostino rimase affascinato, fino a intraprendere il cammino che lo portò al battesimo. Gli articoli che seguono delineano altri aspetti della straordinaria personalità del santo: il viaggio verso la grazia nella ‘autobiografia’ delle Confessioni; il raffronto tra la scuola di retorica a cui Agostino era introdotto, e la novità cristiana; il grande panorama sul destino dell’uomo e della civiltà delineato nella ‘Città di Dio’; la dolce sapienza di Monica, la madre; i luoghi della vita, dall’Africa all’Italia; la variegata iconografia di Agostino, visto da tanti pittori, documentati nelle illustrazioni di questo numero della rivista. Si procede con il racconto della traslazione del corpo di Agostino e la descrizione  dell’arca che lo contiene a Pavia. Agostino ha ispirato percorsi di studi e di spiritualità lungo i secoli, come si rileva dall’Ordine degli  Agostiniani e dalla bellezza di alcune chiese di Milano. Viene presentato il rapporto di Lutero con Agostino e vengono offerti alcuni spunti sulla dottrina della grazia e sul mondo interiore. Infine, alcune segnalazioni bibliografiche permettono di approfondire la conoscenza di Agostino.

Negli interventi sul mensile Tracce, la figura di papa Ratzinger rimbalza quasi come attualizzazione della dottrina e del tratto umano di Agostino. L’intensità della fede, l’amore alla Chiesa, la fiducia nella grazia risaltano negli interventi di tante persone che hanno partecipato alla vicenda umana di Ratzinger-Benedetto.  Si parte dalla sorpresa di un popolo in coda per il saluto al papa emerito - pur a distanza di quasi dieci anni dalla rinuncia – nel quale ha riconosciuto un uomo che ha amato Gesù ed era preso dall’urgenza di trasmettere la fede come ‘un fatto riguardante la vita’, come testimonia il traduttore italiano dell’Opera omnia di Ratzinger, al quale fa eco il curatore della stessa: “Ha testimoniato la fede come incontro con una persona”. Un suo assistente, insegnante di dogmatica all’Università di Friburgo, racconta la propria riscopreta della fede nel dialogo teologico con Ratzinger, mentre un giornalista rivoca commosso i viaggi di Papa Benedetto: all’altare manifestava un atteggimaneto ‘totalmente coinvolto in quel mistero sbalorditivo che  stava accadendo nelle sue mani… ci fossero state milioni di persone o quaranta’. Ratzinger amava la musica e suonava Mozart al pianoforte: la gioiosità e linearità di quella musica corrispondeva pienamente al suo pensiero. Gli interventi di papa Benedetto vengono evocati in un’antologia di citazioni delle sue omelie e di altri pronunciamenti di limpida chiarezza. Ha partecipato al rinnovamento della Chiesa, da lui definita ‘compagnia sempre riformanda’. Per finire, Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Cl, traccia un appassionato profilo di Papa Benedetto, definito ‘il gigante bambino’.

IL TEOLOGO E LO PSICANALISTA

Si torna a parlare di fede. Non solo dei contenuti della fede, che vengono ricercati e meditati per ritrovare ciò che muove la vita e la sostiene. Ci si domanda che cosa vuol dire credere, perché e come e con chi si crede. Particolarmente interessante è quando, a dialogare su questo terreno, si incontrano un credente cristiano e una persona che si dichiara non credente. Sarebbe stato particolarmente interessante vedere dal vivo, l’uno accanto all’altro, don Juliàn Carron, già presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione e professore di Teologia all’Università Cattolica, e Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista. Avremmo avuto quasi l’impressione di due treni che corrono l’uno accanto all’altro, con i passeggeri che tentano di parlarsi dal finestrino, e a volte – per poterci chiarire – si scambiano messaggi con il cellulare. Questo per dire che tra i due esiste una zona di condivisione, ed è la domanda, la ricerca onesta e diuturna di una risposta su quanto riguarda il senso della vita; si percorrono a volo d’uccello i continenti della storia e della scienza e del vivere odierno attraversato da immense possibilità e da drammi. C’è pure l’esperienza personale, di una vita colpita da avvenimenti problematici e drammatici nel caso di Galimberti, e segnata da un incontro di grazia per Carron. Dove si colloca la differenza che attraversa tutto il dialogo? A Galimberti sembra bastare un impegno di vita per il presente, una giustizia e una verità che raggiunga per quanto possibile l’orizzonte dell’umanesimo greco e contemporaneo, teso al bene proprio e di tutti. Carron attraversa il mare e apre alla dimensione dell’eterno e dell’infinito, planando verso una risposta piena e definitiva. E’ la differenza che deriva dal dono della fede e dell’esperienza cristiana. E tuttavia i due si guardano, si stimano, osservano l’uno il percorso dell’altro. Percorrendo queste pagine ‘valorose’, al lettore non rimane che affidarsi al Mistero che ci supera tutti e che – in questo ‘frattempo’ della nostra storia umana – ha messo lungo la nostra strada, dei segnali che lo fanno riconoscere come compagno di cammino.

Juliàn Carron in dialogo con Umberto Galimberti, Credere, Piemme 2022, pp 112 € 16,90

Angelo Busetto

IL PACIFICATORE UNIVERSALE

IL RACCONTO DELL’ANTICRISTO

Scritto alle soglie del ‘900 il racconto di Soloviev intravvede il dramma del nostro tempo

Collocare una persona nel contesto del suo tempo e della sua cultura, può risultare laborioso, soprattutto se si tratta di un grande pensatore e scrittore. Vladimir Soloviev è scrittore russo nato nel 1853, morto nel 1900, è noto in Occidente almeno per il famoso ‘racconto dell’Anticristo’, spesso ricordato nel suo nucleo essenziale. Trovarsi alle prese con I tre dialoghi che lo precedono e in qualche modo lo introducono, fra scontrare con la complessità del procedimento dialogico tra vari interlocutori e con l’impaccio di molti riferimenti estranei alla storia e alla cultura. Le argomentazioni dei tre dialoghi trattano in primo luogo del tema del male che rischia di prevalere sul bene, e della guerra, variamente interpretata dal punto di vista etico e culturale. Si impone infatti il discorso sulla ‘educazione’, nel quale primeggia la cultura europea o comunque occidentale e russa, alla quale tutti i popoli della terra dovranno piegarsi, essendo considerata come il top della civiltà. Su questo sfondo, l’unificazione dell’Europa è un tema che campeggia, insieme con l’ideale teocratico, che dà prevalenza alla Chiesa, in specie cattolica.

Il complesso svolgimento dei tre dialoghi, nei quali gli interlocutori propongono tesi discordanti, conduce a uno sbocco sorprendente. Uno dei personaggi, il Signor Z, va a prendere un manoscritto e si mette a leggerlo nella piccola compagnia.
Il racconto sembra muoversi alla lontana, con l’invasione del ‘panmongolismo’ che dal Giappone alla Cina si estende a dominare il mondo, subendo alla fine un improvviso rovescio. A un certo punto della storia, spunta ‘un uomo ragguardevole’ che man mano raccoglie su di sè tutte le virtù e le doti  della condizione umana più pregevole e si impone al cospetto del mondo come punto di sintesi e di unità tra le varie nazioni. Assume in sé la condizione del Messia, sostituendosi a Cristo nella missione di benefattore e salvatore dell’umanità. In un crescendo grandioso, avvince tutto il mondo con un’opera da lui scritta, La via aperta verso la pace e la prosperità universale, che lo conduce ad essere acclamato come uomo del futuro e imperatore del mondo. L’ultima sua impresa è la convocazione a Gerusalemme di un Concilio Universale, con i rappresentanti e con il popolo di tutte le religioni, in particolare il Cattolicesimo, il Protestantesimo, l’Ortodossia, che egli gratificherà di particolari privilegi corrispondenti alle caratteristiche di ciascuno, e condurrà a unità e pace. A un’unica condizione: essere riconosciuto come ‘vostro vero capo’. Incalzano le sequenze del dramma. Uno dopo l’altro, Papa Pietro, lo staretz Giovanni e il dottor Pauli, tre rappresentanti rappresentanti delle tre confessioni cristiane prendono le distanze dall’imperatore.                                                                                 Ed ecco la vetta del racconto: (p 271-2)

Con accento di tristezza, l'imperatore si rivolse a loro dicendo:«Che cosa posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che volete da me? Io non lo so. Ditemelo dunque voi stessi, o cristiani abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; che cosa avete di più caro nel cristianesimo?». Allora simile a un cero candido si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui Stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, noi siamo pronti a ricevere ogni bene, ma soltanto se nella tua mano generosa noi possiamo riconoscere la santa mano di Cristo. E alla tua domanda che puoi tu fare per noi, eccoti la nostra precisa risposta: confessa, qui ora davanti a noi, Gesù Cristo Figlio di Dio che si è incarnato, che è resuscitato e che verrà di nuovo; confessalo e noi ti accoglieremo con amore, come il vero precursore del suo secondo glorioso avvento». Egli tacque e piantò lo sguardo nel volto dell'imperatore. In costui avveniva qualche cosa di tremendo. Nel suo intimo si stava scatenando una tempesta infernale, simile a quella che aveva provato nella notte fatale. Aveva perduto interamente il suo equilibrio interiore e tutti i suoi pensieri si concentravano nel tentativo di non perdere la padronanza di se stesso anche nelle apparenze esteriori e di non svelare se stesso prima del tempo. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull'uomo che gli aveva parlato e sbranarlo coi denti. A un tratto sentì la voce ultraterrena a lui ben nota che gli diceva: "Taci e non temere nulla". Egli rimase in silenzio. Pero il suo volto, rabbuiato e col pallore della morte, era divenuto convulso, mentre i suoi occhi sprizzavano scintille. Frattanto durante il discorso dello starets Giovanni il gran mago che stava seduto tutto ravvolto nel suo ampio mantello tricolore che ne nascondeva la porpora cardinalizia, sembrava occupato a compiere sotto di esso arcane manipolazioni, i suoi occhi dallo sguardo concentrato scintillavano e le sue labbra si movevano. Dalle finestre aperte del tempio si scorgeva avvicinarsi un'enorme nuvola nera. Lo starets Giovanni che non staccava i suoi occhi sbigottiti e spaventati dal volto dell'imperatore rimasto ammutolito a un tratto diede un sussulto per lo spavento e voltandosi indietro gridò con voce strozzata: «Figlioli, è l'Anticristo!»….

Il racconto procede fino alla venuta del Messia Cristo dalle nubi del cielo.

Vladimir Soloviev, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo,                                            Prefazione di Luigi Maria Epicoco, EDB Bologna 2021

IL GERMOGLIO DEL PERDONO

Fino a che punto si può raccontare se stessi, il cuore travolto da una sofferenza che di per sé è indicibile? Occorre che il buio si diradi, il vuoto torni ad essere abitato, la strada nuovamente si apra. Un marito viene violentemente strappato alla moglie venticinquenne che è in attesa del terzo figlio: la pianta folgorata dal fulmine. La vicenda di Gemma, vedova del commissario Calabresi ucciso dalle Brigate rosse esattamente nel 1972, cinquant’anni fa, era andata svelandosi in questi ultimi mesi attraverso testimonianze e articoli apparsi in riviste e social, dopo che nel 2017 era stata sinteticamente raccontata, accanto ad altre storie analoghe, dal figlio Mario. Ora è lei a raccontarsi in prima persona. Scrive nelle prime pagine del libro: “Ho 75 anni, non so quanto ancora durerà questo mio viaggio qui. Scrivo questo libro per lasciare una testimonianza di fede e di fiducia. Per raccontare l’esperienza più significativa che mi sia capitata nella vita, quella che le ha dato un senso vero e profondo: perdonare”.                                                                                                                  Il drammatico cammino che conduce al perdono e al riscatto della sua stessa vita, Gemma lo inizia già a poche ore dall’assassinio del marito, quando sua madre le suggerisce la frase di Gesù in croce, da mettere nell’annuncio funebre: ”Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Un lungo travaglio, con i giornalisti alle costole, il tormentone dei processi avendo davanti i volti immobili degli imputati. Suo padre la sollecita a riprendere il lavoro: insegnerà religione. E’ un passaggio provvidenziale. Proprio nell’ambito della scuola incontra colui che diventerà il secondo marito e che la accompagnerà nella memoria feconda del suo dramma. Nasce il quarto figlio e la crepa del cuore si allarga maggiormente a far trasparire la luce.                                                                                                                            Il trascorrere degli anni, gli incontri con gli attori del delitto e qualcuna delle loro madri, il nuovo dramma per la morte anche del secondo marito, tutto diventa strada di verità, domanda di vita, esperienza di perdono. Siamo fatti per il bene. Il bene dell’accoglienza e della misericordia, che prima di alleggerire il peso sulla coscienza dei colpevoli, è esperienza di liberazione per la protagonista. I tempi bui che hanno attraversato l’Italia vengono schiariti da una luce che apre alla vita. E’ un lampo di riconciliazione capace di risanare altri cuori feriti dai drammi della vita. “E’ stato, ed è, un viaggio di amore e di libertà. Ho fatto tutte le salite: ho le gambe forti e il cuore pieno. Ho dato tanto, ho ricevuto tanto. Grazie”.

Gemma Calabresi Milite, La crepa e la luce, Sulla strada del perdono. La mia storia, Mondadori 2022, pp 136, € 17,50

Angelo Busetto

Otto storie d’amore nel comunismo

Quanta storia in queste otto ‘storie d’amore nel comunismo’. Storie di persone che si incontrano, si innamorano, si sposano, generano e crescono i figli, nel crudo panorama della Russia sovietica, si intersecano con la persecuzione tagliente, tormentosa, progressiva di un regime cieco e perverso. La recrudescenza dei tempi di Stalin allunga i tempi delle detenzioni, uccide le persone e demolisce la personalità.   Che cosa sorprende in questi racconti? Il fatto della memoria, cioè della custodia nel cuore: lo sposo assente per detenzione in un luogo lontano porta nella mente e nel cuore la sposa, e viceversa. Si svelano l’intensità e la verità dell’amore, che resiste anche nel vuoto della distanza.

«Che cosa chiedere, se non di “entrare insieme nell’alba radiosa della Pasqua”? Ho fatto Pasqua da solo, ma sapendo con certezza che tu saresti andata alla liturgia ci sono stato anch’io, e ho provato una grande pace, un grande benessere. Vuol dire che eravamo insieme». Così Sergej Fudel’ scrive alla moglie Vera; i due vivono separati da grande distanza: lei manda avanti la vita familiare, con numerose bocche da sfamare; lui in una località sperduta della Russia del nord.

Le testimonianze registrano una fitta documentazione di solidarietà tra parenti e amici o anche tra persone che prima non si conoscevano. Sorprende la partecipazione dei figli, spesso ancora molto piccoli, che non dimenticano la figura del padre. Sullo sfondo del regime bolscevico che nasce dalla rivoluzione russa del 1917 e si protrae fino alla morte di Stalin nel 1951 e addirittura fino alla caduta del regime comunista nel 1991, davanti al lettore sfilano personaggi divenuti celebri anche in Occidente, come Nadežda e Osip Mandel’štam, uno dei più grandi poeti del XX secolo, oppure Kamila e Václav Benda, uno dei filosofi che hanno preparato la «rivoluzione di velluto» in Cecoslovacchhia. C’è anche la storia di un prete teologo che in vario modo accompagna varie copie nella resistenza e nella novità cristiana attraverso l’insegnamento dei contenuti della fede. Ci sono testimoni e fautori di una resistenza e di una rinascita umana e cristiana, operatori di scelte coraggiose che si scontrano con difficoltà e restrizioni assurde, fino alla reclusione o alla fucilazione e al martirio. “Queste famiglie - nota Carlotta Dorigo - sono dei veri rivoli di acqua nuova; attirano parenti, amici, esuli, membri della Chiesa clandestina, monache rimaste senza dimora, gente che compariva e scompariva nell’arco di una notte, e di cui era meglio non conoscere l’identità per evitare di lasciarsi sfuggire informazioni nel caso di un interrogatorio. Nel contesto odierno, tra pandemia e guerre, queste storie assumono una particolare attualità perché testimoniano una speranza possibile in ogni condizione e circostanza, nella concretezza di scelte che affermano la tenerezza dell’amore coniugale, l’attaccamento all’unità familiare, un amore carico di abnegazione per i figli, la passione educativa, l’esperienza del perdono e della solidarietà”.

Angelo Bonaguro, Marta Dell’Asta, Giovanna Parravicini, Insieme. Storie d’amore nel comunismo, pp. 240 + 8 pp. di foto € 12,00, La Casa di Matriona – Itaca 2022

Angelo Busetto