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Cambiano le fisionomie dei santi. Non li guardiamo più solo come statue degli altari, quel San Luigi con il giglio in mano e quel Sant’Antonio con il Bambino in braccio che dall’infanzia ritrovo a sinistra e a destra dell’altare dei santi nella chiesa parrocchiale. Qua e là spuntano numerosi santi nuovi e vivi, alcuni dei quali abbiamo avuto modo di conoscere in carne e ossa. Alcuni santi giovani ci hanno segnati fin da ragazzi, in particolare Piergiorgio Frassati che scalava le montagne e faceva ogni giorno la comunione. Giovane prete, mi affascinava Benedetta Bianchi Porro con i suoi diari di studentessa e di malata. In uno scaffale della biblioteca di casa si allineano libri e libretti con la calligrafia infantile di Nennolina, la bambina che insistette a chiedere in anticipo la prima Comunione. Più di una quindicina di anni fa presentavamo Carlo Acutis ai ragazzi del catechismo, insieme con la sua straordinaria mostra sui miracoli eucaristici; ho tra mano la sua vita raccontata a fumetti, e insieme il ‘romanzo’ che racconta in tratti episodici la vita di Piergiorgio Frassati: è bello che questi due giovani siano proclamati santi insieme nel prossimo settembre. Spuntano qua e là libri e libretti che raccontano la vicenda di santità di giovani e ragazzi, la cui esistenza è stata interrotta da un incidente stradale oppure è stata logorata dalla malattia. E’ scoppiato recentemente il ‘caso’ di Sammy Basso con la straordinaria sorpresa della sua fede.

Di alcuni giovani, il brillio della santità era già apparso in vita; altre volte la santità è emersa da un diario e da testimonianze successive: Chiara Luce Badano con l’offerta della sua dolorosa malattia, Alberto Marvelli giovane ingegnere, Sandra Sabattini fidanzata; Rolando Rivi, giovane seminarista ucciso dai partigiani, Rosario Livatino giudice…
Nel catalogo di alcune case editrici abbondano biografie tutte da scoprire. In un banchetto di libri vedo un libretto nel quale Marcos Pou, giovane spagnolo morto a ventitre anni, aveva cominciato a raccontare la sua storia, con il passaggio dalla vita scapestrata a un fertile cammino che l’ha portato a muovere i primi passi della vocazione sacerdotale.

Tutt’intorno vedo salire la marea di uomini più o meno illustri per i quali si è aperta la causa di beatificazione, chiamati ‘servi di Dio’: Enzo Piccinini, chirurgo che ho conosciuto personalmente, come pure don Luigi Giussani; Alcide De Gasperi, grande statista del quale mi riecheggia la voce autorevole e pastosa che da bambino ascoltavo per radio. Anche nel corso della mia vita di paese intravedo la segnaletica di alcune figure ‘sante’ rimaste nel nascondimento, uomini e donne innamorati di Cristo e totalmente dedicati alla Chiesa e alla missione, e alcuni ragazzi. Mi affiora frequentemente alla memoria la figura di un ragazzo poco più grande di me; si chiamava Tonino, era di una disponibilità impressionante, mi insegnava a fare il presepio, parlava di Gesù con confidenza, lo vedevo pregare; morì a dodici-tredici anni per un’appendicite non curata; da allora, la mamma sua non è più uscita di casa. Non so quanti santi e sante, giovani o maturi, siano sparsi per le nostre comunità e custodiscano le nostre famiglie. La speranza cristiana invoca che questo fiume non si inaridisca, ma faccia germogliare nuove piante per rinfrescare e rinnovare l’aria che respiriamo.

don Angelo Busetto

LA CHIESA NEI MOVIMENTI, I MOVIMENTI NELLA CHIESA

Pentecoste, non solo storia ma soffio vitale

Quello che papa Leone dice ai movimenti e sui movimenti rappresenta un tracciato che riguarda tutta la Chiesa. Per una significativa coincidenza il Giubileo dei Movimenti, Associazioni e Nuove Comunità viene celebrato nella festa della Pentecoste. Rivolgendosi all’assemblea in piazza San Pietro illuminata dal sole nella Veglia del sabato e poi nella Messa della domenica, papa Leonepropone il Mistero della Pentecoste, origine e fermento della identità e della missione della Chiesa, all’interno della quale vive ogni personale vocazione.

Dice il papa nella Veglia: “Lo Spirito unisce le nostre storie a quella di Gesù. Siamo coinvolti nelle cose nuove che Dio fa”. Andando ancora più in profondità, fa sobbalzare il cuore degli ascoltatori: “Dio non è solitudine. Dio è “con” in sé stesso – Padre, Figlio e Spirito Santo – ed è Dio con noi.” Dio entra in rapporto con noi, con me, fino a questa piazza, stringendoci in unità nella varietà dei doni e carismi.

Nell’omelia della Messa rilancia i nuovi inizi della Chiesa, allargando alle dimensioni del mondo: “La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze.” E aggiunge: “Lo Spirito allarga le frontiere dei nostri rapporti con gli altri e ci apre alla gioia della fraternità… Il vento gagliardo dello Spirito venga su di noi e in noi, apra le frontiere del cuore, ci doni la grazia dell’incontro con Dio, allarghi gli orizzonti dell’amore e sostenga i nostri sforzi per la costruzione di un mondo in cui regni la pace.” Il compito dei movimenti coincide con il compito della Chiesa e ne è concreta attuazione.

Qualche giorno prima, Giovedì 5 giugno, papa Leone incontra i moderatori di 250 movimenti e associazioni, realtà aggregative ‘molto diverse tra loro, per natura e per storia, e tutte importanti per la Chiesa’. Le ringrazia espressamente ‘per il servizio di guida e animazione’ dei fratelli nel cammino cristiano. Infatti, ‘nessuno è cristiano da solo’

Descrivendo l’esperienza vissuta da chi aderisce a un movimento, il papa descrive l’esperienza di ogni cristiano. Per tutti è accaduto e accade che la fede si ridesta per la grazia dello Spirito Santo, attraverso incontri che rinnovano la vita. Accade da bambini nel flusso della vicenda familiare e parrocchiale, e nel corso del tempo la grazia continua a fluire attraverso carismi che intercettano i passaggi dell’età, nell’altalena degli slanci giovanili, nell’imbattersi negli ostacoli in famiglia e più spesso a scuola, nel lavoro, negli ambienti della vita sociale.

‘La gerarchia ecclesiastica e il sacramento dell’Ordine – afferma il papa - esistono perché rimanga sempre viva fra i fedeli «l’offerta obiettiva della grazia» che viene donata attraverso «i Sacramenti, l’annuncio normativo della Parola e la cura pastorale». I carismi, invece, «sono distribuiti liberamente dallo Spirito Santo affinché la grazia sacramentale porti frutto nella vita cristiana in modo diversificato e a tutti i suoi livelli». L’albero piantato continua a germogliare e portare frutto per il vento e l’acqua dello Spirito Santo. “Grazie ai carismi che hanno dato origine ai vostri movimenti e alle vostre comunità, tante persone si sono avvicinate a Cristo, hanno ritrovato speranza nella vita, hanno scoperto la maternità della Chiesa, e desiderano essere aiutate a crescere nella fede, nella vita comunitaria, nelle opere di carità, e portare agli altri il dono che hanno ricevuto.”                                                    La Chiesa continua a vivere nel tempo, dove e come il soffio dello Spirito la rigenera.

 

 

 

Verso piazza San Pietro nel Giubileo dei Movimenti, Associazioni, Nuove Comunità

In programma avevamo 'solo' la giornata di studio, martedì 20 maggio, nel 1700.o anniversario dell’inizio del Concilio di Nicea. E’ già una sorpresa, nell’Aula Magna dell'Università Urbaniana, vicino al Vaticano, scoprire che il convegno è guidato dall’amico teologo spagnolo Javier Pradez.  Intervengono studiosi qualificatissimi della Commissione Teologica internazionale che ha redatto il documento ‘Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore’ sul valore e l’attualità del Concilio di Nicea nel percorso millenario della fede della Chiesa e della sua teologia. Troviamo finalmente il documento nell'edizione cartacea e ne acquistiamo alcune copie anche per gli amici. Il saluto del Rettore dell’Università, Vincenzo Buonomo, sottolinea che la fede espressa nel dogma costituisce una dilatazione della ragione e rappresenta un elemento di unità fra tutti i cristiani. L’introduzione del Cardinal Victor Manuel Fernandez, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, e l’intervento di Mons. Piero Coda, presentano il valore e l’attualità di Nicea, anche richiamando alcune sottolineature di papa Francesco. Gli interventi che seguono - proposti in varie lingue - documentano aspetti particolari di Nicea, con la sintesi finale di Piero Coda che riprende la necessità dell’annuncio di Cristo per il nostro tempo.

Se la teologia rimane il ‘pezzo forte’ del soggiorno a Roma in compagnia con due amici sacerdoti, ci viene offerta anche l’occasione di altri incontri, come il dialogo con Andrea Tornielli sugli ultimi avvenimenti della Chiesa, nella sede della direzione dei ‘media’ vaticani, in faccia a Castel Sant’Angelo. Le sorprese più belle sono patrocinate dal fatto di essere ospiti nella Casa Santa Marta in Vaticano, ossequiati, in entrata e in uscita, dalle impeccabili guardie svizzere. A cena ci troviamo con il direttore della rivista internazionale di teologia Communio, il quale ci annuncia la ripresa della edizione italiana che verrà ad aggiungersi alle tante edizioni estere. Con altri sacerdoti avviene uno scambio amichevole e vivace in forza di qualche consonanza territoriale o per amici comuni, o solo perché casualmente incontrati e salutati. La grande ‘macchina’ del Vaticano muove da qui alcune delle sue ‘rotelline’ più nascoste e più necessarie, e la Chiesa universale si rivela nei volti delle persone.

L’ultima sorpresa, provvidenzialmente collocata a ridosso dell’orario del treno per il ritorno, è la prima udienza pubblica del mercoledì di papa Leone XIV. Nell’attesa in piazza San Pietro ci si sente salire agli occhi un impeto di commozione, immersi nel grembo di una folla nella quale ci si rigenera nella fede, con la varietà di volti, lingue, età, colori, e nell’unità di tanti cuori pieni di affetto. Ecco arrivare papa Leone. La papamobile percorre in lungo e in largo piazza San Pietro nello sventolio di voci e colori; il papa alza le braccia a salutare e benedire a destra e a sinistra, e accoglie con atteggiamento sobrio e discreto il bambino che gli viene consegnato. La sua parola chiara e lineare racconta la parabola del seminatore che spreca la semente in terreni aridi come le nostre vite, attendendo che fioriscano come nel dipinto di van Gogh, sotto il sole splendente del Dio Creatore.
Lasciando piazza San Pietro e tutte le persone incontrate nel breve soggiorno romano, rapide come i colombi in piazza e liete come gli amici in dialogo, Roma ci rimane in cuore come una casa materna, dove anche la nostra piccola vita continua a vibrare di un grande respiro.

 

Non l’avevamo previsto, ma è accaduto.                  Il prezioso tempo di intervallo tra la fumata BIANCA e l’annuncio del nuovo PAPA, ci ha permesso di esultare e di ringraziare Dio per il Papa, qualunque nome avesse. Guardandolo e ascoltandolo, abbiamo sentito la voce di Gesù risorto che dona la pace a noi e al cuore di tutti. In serata un amico mi ha scritto: “Nessuno sta notando che Frate Leone era uno dei compagni più stretti di San Francesco. Chissà… ” Poco dopo mi arriva la foto della pergamena che riproduce la benedizione a frate Leone scritta da San Francesco. Il giorno seguente un’amica di Milano mi scrive: “In milanese il Prevost è il Parroco!”. Grazie a Dio e una preghiera per te, papa Leone!!!

Don Angelo Busetto

L'invasione di tanta folla in piazza San Pietro come una benefica alta marea, e poi i fiumi di persone incamminate verso le Basiliche di San Pietro e di Santa Maria Maggiore nei giorni successivi, segnano il cammino dell’umanità nell’alveo del Mistero di Dio. Non sappiamo quanta fede abbia mosso le persone, né quale livello del cuore sia stato raggiunto, quale limpidezza e quale intensità abbia comportato. Sappiamo che è accaduto. La bara di Papa Francesco, e poi il marmo della tomba, richiamano la figura di un uomo che ancora vive nel cuore di Dio e nel cuore della gente. Nella vita e nella morte di ogni uomo e di ogni donna il mistero di Dio si rende presente attraverso il volto, il cuore, le mani. Questo è il grande miracolo che continua ad accadere. L’incarnazione del Figlio di Dio in Gesù di Nazaret non si esaurisce nel sepolcro ma prosegue nella vita del Risorto e si riverbera in coloro che lo seguono e lo annunciano. Sulla riva del lago di Tiberiade, Gesù risorto si affida all’amore di Pietro per consegnargli le persone (…Lui dice: ”le pecore”…) che per la sua parola e quella dei testimoni crederanno in Lui. Tutta la storia che segue, nella bellezza e nella fragilità di chi la vive, è permeata dalla presenza del Risorto e dall’azione del Suo Santo Spirito. Potremo aprire gli occhi a riconoscerlo, come i due discepoli tristi e increduli in cammino verso Emmaus?

Nei giorni che precedono e accompagnano il Conclave, tanti invocano Cristo che, nel Giudizio Universale disegnato da Michelangelo nella Cappella Sistina, incombe sui cardinali con la sua figura imperiosa. In mezzo al frastuono di tante interpretazioni, emergono quegli indagatori che, con perspicacia ed esperienza, provano a intuire le intenzioni dei cardinali e ne scrutano il volto, immaginando le linee e i colori del grande affresco di una Chiesa che raccoglie i valori e le contraddizioni della condizione umana.

Un filo sottile e potente attraversa la trama articolata e confusa di due millenni di storia della Chiesa, e un rigagnolo di grazia viene a scuotere le menti e a pervadere i cuori. Vieni Santo Spirito. Nella sequenza dei papi, con l’alternanza dei santi e dei peccatori, con la fede dei semplici e la carità dei buoni, la vela della barca della Chiesa si gonfia con il vento dello Spirito Santo. La vita del cristiano non procede in solitaria, ma vive nella comunione dei santi del cielo e della terra, gode del dono del consiglio e della sapienza, della fortezza e della pietà, fermenta nel terreno delle comunità, si alimenta con il buon vino della Parola di Dio e con il pane dell’Eucaristia. In questo formidabile passaggio, domandiamo che il mistero di Dio non sia appena l’arcobaleno che sorpassa le teste e subito sparisce, ma sia un raggio che provoca uno slancio di decisione affinché la Chiesa abbia un padre amorevole e un pastore sapiente. Le porte della misericordia si spalancano nel Giubileo vissuto a Roma e nelle nostre cattedrali, e più ancora nella nostra esistenza di ‘sempre’ peccatori e ‘sempre’ salvati: in compagnia del nuovo papa che viene e della Chiesa che continua a vivere.

don Angelo Busetto

 

 

 

Disceso dal vaporetto nella mia isola di Pellestrina, procedo verso il vicino cimitero per una visita di preghiera. Entro nella cappellina che custodisce i sacerdoti della mia infanzia e giovinezza e indugio poi presso le tombe dei familiari. Ho appena accarezzato la foto di mia sorella, che una voce d’uomo mi interpella: “Lei che è una persona religiosa… Il Papa è morto”. Incerto e sbigottito controllo la notizia sul cellulare. Con il tumulto di una voragine nel cuore mi avvio alla Chiesa parrocchiale per la celebrazione della Messa del Lunedì di Pasqua: vita e morte, morte e risurrezione, Pasqua fra terra e cielo. Ho la percezione di uno sconvolgimento, un vuoto abissale. Quest’uomo, questo Papa ha invaso la vita mia e di tutti, ha dato una virata alla Chiesa fino al mare aperto, e ora ci abbandona a metà del viaggio…Custodisco vivo il ricordo dei primi giorni dopo la sua elezione. Non potevi uscire in strada che le persone ti fermavano per chiederti ‘cosa pensi di questo Papa’ sorprendente con l’iniziale ‘Buonasera’ e sconcertante per le prime mosse; il barista esce a chiamarmi e prima di ascoltare il mio parere mi sorride entusiasta. “E’ una strada aperta, camminiamo”, mi sento subito di confermare.

“La gioia del Vangelo–Evangelii Gaudium”, il suo primo fondamentale documento, mi fa esultare fino al punto di acquistare una grande mostra che ne illustra i contenuti e che viene presentata in varie comunità. La gioia del Vangelo irrompe come un torrente, salta gli schemi, va in cerca di persone fuori dal recinto cristiano, abbraccia poveri e deboli, si confronta con i potenti; un’acqua tumultuosa deborda dalle sponde, arriva a spaccare argini e dissestare istituzioni e persone, suscitando perplessità e contrasti. Tu intanto continui a guardare e a seguire questo ‘segno’ che la grazia dello Spirito santo colloca nel cuore della Chiesa e sospinge a percorrere le strade del mondo. Questo Papa fa la sua prima uscita nel mare di Lampedusa, e immerge la sua preghiera nelle acque in cui periscono i migranti. Ogni mattina celebra la Messa nella Chiesa di un ‘albergo’ in Vaticano, casa Santa Marta, dove abita. E’ qui che ho il privilegio di concelebrare la Messa con lui, con qualche cardinale e alcuni vescovi e preti in occasione del mio 50.o di sacerdozio e del 25.o dell’amico don Renato. Alla fine della Messa papa Francesco saluta personalmente ciascuno, e la foto di questo incontro la porto davanti agli occhi ogni giorno. Ogni giorno cerco di seguire le sue mosse, ascolto le sue parole, inseguo le varie udienze e gli Angelus domenicali; sono esterrefatto per le sue nomine e le non nomine di cardinali, per le scosse alla Curia romana, per quei viaggi impossibili in terre quasi ignote, tra gente dimenticata e abbandonata. Allargo le dimensioni del mondo e chiedo di aprire anche le dimensioni del mio cuore. Ritrovo una percezione di grande paternità nell’immensa piazza San Pietro che ci accoglie nell’udienza per il centenario della nascita di don Luigi Giussani: un abbraccio e uno stimolo, un nuovo invito alla missione.

In questi giorni in cui la sua figura viene presentata al passato, mi invade la sensazione di un cammino aperto, una Chiesa che con Pietro e Paolo percorre le vie del mondo, entra nelle case, percuote e convince il cuore delle persone, incontra i fratelli vicini e quelli considerati estranei o perduti. E’ il segno – e il sogno – di Papa Francesco.

Eccolo con noi in una serata di paese, tra persone che lo ascoltano e lo guardano così attente come potevano essere quelle che per seguirlo dimenticavano di mangiare. Gesù entra nelle case: lo vediamo in uno spezzone di filmato ripreso dalla serie Chosen, che ormai viene trasmessa in tutte le televisioni del mondo. Gesù è in casa di Marta e Maria, con la sorella maggiore tutta presa a preparare una raffinata apericena per lui e i suoi dodici apostoli, e Maria, ‘la piccola’, incantata a guardare il Maestro che parla. Marta va a lamentarsi con Gesù, e questi taglia corto: “Grazie Marta per la bella cena che ci prepari. Ma se vuoi essere lieta quando lavori, smetti un momento e ascolta me”.                    Anche qui da noi alcune donne hanno cominciato ad ascoltarlo e a comunicarlo ai figli, piccoli e già fioriti. Con timore e tremore e con l’audacia della fede accettano la sfida di raccontarsi davanti a tante persone: “Cristo ti accoglie nel sacramento così ‘difficile’ della confessione, ti invita nella comunità riunita per l’Eucaristia, ti rimette in cammino in uno slancio di vita… E’ il sentore di una felicità nuova, che sgorga dal profondo”. Le parole escono come un torrente: “Mi spiazza davvero con quale semplicità i bambini si fanno coinvolgere. Mi sono chiesta: perché, se la cosa li rende felci, non fare come i bambini?”. “I sacramenti non hanno avuto un significato preciso nella mia vita al tempo in cui li ho ricevuti, ma continuano ad agire in me da allora in poi. Accade in maniera improvvisa, illuminante, accecante. Tutto appare più chiaro, mi pare di percepire il senso di tutto, come quando riesci a vedere un pezzo di intreccio dietro al tessuto. Ho sempre avuto la percezione che qualcosa di molto più grande ci fosse dietro le cose di cui io riuscivo a comprendere solo un pezzettino”. “Voglio dare ai miei figli la possibilità di accogliere - magari più e meglio di me - la grazia, il dono più grande, più forte di tutto, il senso più alto di quello che vivono. Come un seme che poi loro potranno sviluppare o no. Ma con i sacramenti che ricevono non saranno mai soli”. Vale per la vita intera: c’è chi racconta la consolazione del sacramento dell’unzione nel corso di una malattia ormai superata.                                                             In mezzo al nostro mondo vario e terribile, nelle paure che ci piovono addosso come malefici droni, ci ritroviamo come quando, circondati dalla gente in una strada sconosciuta di una grande città, scorgiamo in un lampo un volto amico e la segnalazione di una guida; finalmente gli occhi si illuminano e i polmoni respirano. Lo percepiamo nella canzone di Fabrizio Moro, proposta dal vivo mentre sullo schermo scorrono le parole e appare il volto di Gesù: “Tu che sei il sogno più grande / Tra i sogni più veri / E questa canzone / Che gira e rigira, la dedico a te / Il mio unico amore / Il senso di ogni cosa che c'è / Che sei l'infinito tra i miei desideri”.             L’infinito che colma i desideri è Gesù che viene a incontrarci, non solo come ascoltatori della sua Parola, ma testimoni della sua Presenza, nuovi protagonisti in una comunità ricca di storia, toccata dal balenare di un guizzo di trasfigurazione.

 

 

 

La Chiesa è donna: la prima figura della Chiesa è un volto e un corpo di donna; un cuore, una volontà, un’intelligenza, una decisione di donna, ragazza, fidanzata, sposa, madre: qualifiche di una donna reale. Maria di Nazaret è l’ultima fioritura dell’antico popolo d’Israele e il primo germoglio del popolo cristiano. La sua esistenza si svolge interamente per Cristo, con Cristo, in Cristo, secondo tutti i passaggi: vocazione e risposta, concezione, nascita, crescita del Figlio Gesù, accompagnamento alla vita pubblica, partecipazione alla sua passione, unita agli apostoli e ai primi cristiani nell’effusione dello Spirito a Pentecoste. Ogni donna – milioni di donne nella storia – che entra nel flusso di vita della Chiesa, ritrova Maria di Nazaret come ispirazione, modello, protezione, speranza. Ogni uomo, ogni cristiano guarda Maria come Madre del Signore e come compagna di viaggio nel cammino della vita.

In Maria riconosciamo i tratti della grazia e della bellezza, come cantano poeti e musicisti e raffigurano pittori e scultori; i tratti della fede e della fiducia, le pieghe del dramma e del dolore, i raggi della gioia e della gloria, come descrivono le statue e i dipinti e come narra la vita e l’opera di tante persone. Ogni cristiano e cristiana, ogni santo e santa riproduce nella sua fisionomia un tratto della donna di Nazaret, a partire dal silenzio e nascondimento di Nazaret, evocati da Paolo VI pellegrino in Terrasanta e rivissuti da Charles de Foucauld portinaio e giardiniere nella cittadina. L’adesione del suo sì intelligente e consapevole richiama la vocazione di donne e uomini consacrati e la reciproca accoglienza degli sposi; lo strappo dalla propria terra e la fatica dell’esilio anticipano il dramma degli emigrati e dei migranti; la fedeltà quotidiana alla casa e al lavoro, rivivono nella condizione di tutti gli uomini e le donne del mondo; la consegna della vita nella passione del Figlio e sua personale, continua nelle variegate vicende di tutti noi. Maria vive non una vita celestiale, ma reale; visita parenti, partecipa a matrimoni, si coinvolge nel tumulto delle persone che seguono Gesù di paese in paese e nei passi del calvario fino alla croce.

Il popolo cristiano non solo si immedesima nella figura umana di Maria, madre e discepola di Gesù, ma la vede come compimento del destino di ciascuno e della storia intera: Maria Assunta in cielo, Maria in Paradiso insieme con gli Angeli, nelle raffigurazioni dei pittori e nelle invocazioni dei cristiani: “Prega per noi, adesso e nell’ora della nostra morte”, perché possiamo percorrere la tua strada fino al compimento del nostro destino nell’eternità. Non la sublimazione delle sofferenze della terra, consolate con il sole dell’avvenire; piuttosto, i dolori, le malattie e tutte le povertà terrene vengono circondate di affetto, di cura, di grazia attraverso la carità diffusa ad opera di santi e sante, buoni cristiani e cristiane. Lo splendore dell’arte avvolge i primi ospizi e ospedali costruiti per l’accoglienza di poveri, malati, pellegrini; la dedizione della cura e il calore della carità fanno germogliare quaggiù il primo pezzo del Paradiso.

Maria è prototipo, immagine, custode della vita cristiana, della vita del mondo: sorella e madre, figlia e regina di un popolo in cammino lungo tutte le strade che portano al cielo: Oh Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza!”  

don Angelo Busetto 

Madonna della Misericordia, pala di Piero della Francesca

Dove nasce speranza

La chiamava ‘mia Regina’: Adeodato, il figlio che Agostino aveva avuto prima della conversione, amava la nonna Monica fino alla venerazione, attratto dal suo affetto e sapienza, dalla sua fede e determinazione. Monica, fedele cristiana, seguiva con passione e dolore le vicende del figlio Agostino che emergeva per intelligenza e oratoria nella cittadina di Ippona, a Cartagine, a Roma,   disperdendosi in compagnie goderecce, in filosofie insufficienti e in forme religiose equivoche.  Finalmente, a Milano città imperiale, dove la fede e l’eloquente energia di Ambrogio guidava il popolo cristiano, Agostino incontra il cristianesimo e si fa battezzare. In un romanzo che racconta la ‘vita avventurosa di Agostino’ si intravvede il rapporto discreto ma profondo di Monica con la Chiesa e in particolare con il vescovo Ambrogio. In quei tempi le donne, mentre tessevano i vestiti della liturgia cristiana liberata da Costantino, andavano costruendo la chiesa domestica nelle case. La preghiera assidua, la vicinanza discreta, l’affetto incondizionato, il consiglio silenzioso accompagnavano figli e nipoti, sostenevano le celebrazioni e le tante forme di carità della comunità.

Quasi per l’intero corso di due millenni della storia d’Occidente, le donne non hanno goduto di una posizione significativa nella società, se non per il nome di qualche principessa o regina e di qualche rara artista e studiosa. In questo contesto, nella Chiesa alcune donne emergono attraverso varie direttrici: badesse di monastero, con competenza anche verso monasteri maschili; sante martiri dei primi secoli, venerate e celebrate, e sante mistiche, analfabete o studiose: nomi noti e dimenticati, Agnese e Lucia, Ildegarda e Caterina, Maria Goretti e Gianna Beretta Molla.

Pope Francis poses for a photo as he attends a meeting with African women, judges and prosecutors, on human trafficking and organized crime, at the Vatican, Thursday, Dec. 12, 2019. (AP Photo/Gregorio Borgia)

Tuttavia, la storia non procede solo per grandi nomi e imprese. Donne madri, spose, sorelle, amiche hanno amato, custodito, protetto, consigliato, soffrendo e godendo per mariti, figli, nipoti, bambini e anziani. Nel giro delle famiglie patriarcali, nel contesto del paese e del circondario, nel rapporto con monasteri e conventi, ecco donne ostetriche, donne che allattano i figli degli altri, donne consigliere, donne catechiste. Madri e sorelle ‘spirituali’ costituiscono il buon terreno per la fioritura di famiglie cristiane, per vocazioni al sacerdozio e alla consacrazione. Donne sante accanto a santi uomini, come Chiara e Francesco, Francesca de Chantal e Francesco di Sales; moglie e marito santi insieme come i genitori di Teresa di Lisieux e i coniugi Beltrame-Quattrocchi.

Oggi, quando il terreno della società sembra sfaldarsi e irrigidirsi nell’individualismo, e le comunità cristiane sembrano smarrirsi e disperdersi, le donne offrono cuore e cura, pazienza e vigilanza. Negli ultimi decenni esplode il fenomeno di donne che lavorano fuori casa e donne studiose, teologhe, responsabili di comunità. Al di là delle problematiche sui ministeri e sulle responsabilità istituzionali, oggi in modo più palese la Chiesa respira con due polmoni, ama con un intenso battito del cuore, ragiona con l’intelligenza di quanti la costituiscono, uomini e donne. La Chiesa consiste nelle persone, con le doti e i carismi di ciascuno, nell’armonia di una orchestra che naviga in una grande barca nel vasto mare. Ogni cristiano, ogni uomo o donna è pieno di gratitudine verso la donna dalla quale ha ricevuto la vita, verso tante donne che lo amano, lo accompagnano e lo custodiscono. Nella poesia e nella prosa della vita, nella bellezza e nella sofferenza, da bambini o da grandi, da sani o malati, è grazia di Dio che una donna ti sia accanto.

don Angelo Busetto

 

“Ha preso sul serio l’uomo – Ha preso sul serio Cristo”. Così il cardinal Farrell, Prefetto del Dicastero per laici, famiglia e vita, delinea la figura del servo di Dio don Luigi Giussani a vent’anni dalla morte. Il vescovo Giampaolo, nella messa celebrata in cattedrale per la ricorrenza, ripropone la stessa frase e ne ritrova le tracce in un libro famoso di Giussani, Il senso religioso; nel decimo capitolo il sacerdote milanese svela la fisionomia dell’uomo che con stupore e gratitudine si scopre come ‘dato’, donato a sé da un Altro, da Dio, fino a dire: “Io sono tu che mi fai”. Questa è la radice di quel bisogno e di quella ricerca di assoluto che trovano risposta nel Figlio di Dio fatto uomo; don Giussani, di fronte agli studenti del liceo, traccia con il gesso sulla lavagna una linea orizzontale dalla quale tante frecce salgono in alto verso una stella, impotenti tuttavia a raggiungerla; dall’alto della stella, una freccia scende dritta a intercettare l’orizzonte della domanda umana: Cristo viene a incontrare l’uomo. Un cammino che Giussani compie personalmente fin dagli anni del seminario, e che costituisce la sua passione e la sua missione. Diventato sacerdote, abbandona il suo già apprezzato insegnamento della teologia nel seminario di Venegono per buttarsi nella scuola pubblica. Per tante persone, giovani studenti o adulti, credenti o indifferenti o atei, l’incontro con don Giussani apre la possibilità di imbattersi in Cristo presente qui ed ora. Da Milano e da Rimini, dalla Liguria e dalla vicina città di Adria, la novità di questo annuncio viene a toccare le sponde della nostra laguna e sorprende la vita di sacerdoti e laici. Andiamo a incontrare don Giussani, e anche lui viene a trovarci. Non è in gioco appena qualche aspetto particolare del cristianesimo, come la preghiera, la carità o la vita sociale. Piuttosto, l’avvenimento di Cristo coinvolge il cuore della persona, ne determina la vocazione, prende dentro tutte le dimensioni del vivere: famiglia, lavoro, scuola, tempo libero, vacanze, impegno sociale. Non la proposta di una ‘spiritualità’ particolare, quanto piuttosto l’accorgersi di Cristo presente nelle cose che fai e in tutte le situazioni che incontri. Fede in Cristo ed esperienza umana non corrono separate; l’interesse per l’umano coincide con l’interesse per Cristo. L’esperienza di comunità - tanto desiderata e ricercata - non si limita allo star bene insieme, né viene concepita separata dalla Chiesa cosiddetta ‘istituzionale’: è invece parte viva del Corpo di Cristo nel mondo. Vediamo delinearsi un cristianesimo non solo ideale o morale, ma teso a esprimersi e attuarsi concretamente: ”Una rivoluzione di sé”, come titola l’ultima raccolta degli interventi di don Giussani. Colpiscono in lui la grande passione per l’amicizia e la missione, per musica, arte, letteratura, canti, fino al buon cibo e alla buona tavola; l’attenzione al povero - anche allo straniero che ti ferma al semaforo per lavarti i vetri della macchina -; la proposta di una caritativa sistematica e ordinata, la cura della bellezza e proprietà delle cose. Giussani ‘vive intensamente il reale’ nel vigore degli incontri, viaggi, iniziative, e nella debolezza della malattia degli ultimi anni. Sempre appoggiato a Maria, ‘di speranza fontana vivace’: la passione per l’uomo, vissuta come passione per Cristo.

don Angelo Busetto, Nuova Scintilla 2 marzo 2025, p 10