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Cronaca di una serata d’inverno

 …Dicono che vivere sia simile ad un viaggio

Che ogni cosa fugge ed è tutto di passaggio…

E nella logica del tempo

Qualsiasi cosa passerà.
Anche se non ne cogli il senso
Un giorno il senso arriverà…

In questo tempo senza tempo
Che noi chiamiamo eternità…

In un’umida serata invernale ci mettiamo insieme ad ascoltare ‘La logica del tempo’: la canzone di Renato Zero ci introduce ad accogliere la Parola che ci accompagna nello scorrere delle giornate. Chi ci salva dalla banalità del tempo, dalle ore vuote, dalle giornate perse, dalla vita sprecata? Potremo lasciarci catturare da tutti i calendari del mondo, quello calcistico o quello tennistico, dalle scadenze del Black Friday o da chissà altro. Mentre ci balocchiamo nel gioco di mille occupazioni e distrazioni inseguendo cose che ci sfuggono, restiamo protesi verso l’eternità. Sullo schermo appare la silhouette di una corsa in spiaggia, con bambini che saltellano e infanti che sorridono in faccia alla mamma: tempo, giorni, minuti sono donati nell’abbraccio di una presenza calda di amore. Il tempo che viviamo è segnato da un avvenimento che ne cambia il ritmo. Non siamo appena ‘dopo Cristo’. Venuto una sola volta, Cristo cammina con noi. In un istante prezioso percepiamo la sua vita che scorre nella nostra e il nostro cuore che vibra con il suo come un bimbo nel grembo della madre.                                                                                Il calendario liturgico di Avvento, Quaresima, Pasqua, Tempo ordinario disegna il percorso della nostra esistenza; le nostre stagioni di gioia e dolore, lavoro e amore, lambite dal fiume della sua presenza, riflettono gli accadimenti della sua vita. Perfino il ritmo settenario dei giorni, legato all’umana esigenza della festa e del riposo, spunta dai sette giorni della creazione e ricomincia con l’ottavo giorno di risurrezione. Lo raccontano una mamma e un papà che, assieme ai quattro figli, partecipano da sempre alla messa festiva, con la carrozzina o con le piccole scorribande in chiesa, sulla stessa panca o disseminati lungo la navata, sistemando l’orario della liturgia nel turbinio delle partite di calcio o pallavolo. “Un dono sempre nuovo”, commenta la donna. Il Signore Gesù entra nell’intreccio dei sentimenti e delle decisioni, e apre il sentiero della speranza. Il video dell’unico matrimonio celebrato nelle quattro parrocchie nel corso dell’anno, evoca la promessa dichiarata davanti a Dio, al sacerdote, ai testimoni e alla gente: un amore accolto e promesso continua nella grazia del sacramento; più che nel filmato la memoria dell’evento rimarrà impressa nel cuore dei giovani sposi.                                                                                                       Memoria del Dio che è entrato nel tempo: non è questo il Giubileo? Occorre ‘solo’ accorgersene, non per uno sforzo della mente, ma con i gesti che lo risvegliano, come è stato per il drappello di ragazzi del paese che, insieme con altri settemila della compagnia del Graal, hanno vissuto il Giubileo con il Papa. Nella grande sala delle udienze Papa Francesco ha fatto ripetere il verbo ‘ricominciare’. “Siete la nostra avanguardia”, qualcuno dichiara. Ricominciamo insieme, ogni giorno del tempo che ci viene donato. Con la musica dell’amico don Anas che ha già ricominciato in cielo, ci mettiamo a cantare: “La festa sta per cominciare…”

Vangelo secondo Marco 8,1-10

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, Gesù chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano».
Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette».
Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli.
Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò.
Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

COME SFAMARE IL MONDO?

Nel mondo c’è chi soffre per fame, seta, malattia, guerra, disastri ecologici e altri malanni. Questo mondo non è una dimora definitiva; l’estremo male che soffriamo, la morte, attraverso la risurrezione di Cristo ci apre un passaggio all’eternità felice del paradiso, se noi stessi non ci opponiamo. Nel frattempo, come alleviare i malanni? Una reale possibilità viene dalla condivisione. Attraverso la condivisione dei nostri sette pani e dei nostri pesciolini, Dio continua a sfamare e a salvare, mentre ci attende in paradiso.

Vangelo secondo Luca 10,1-9

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

UN AMORE INTERO

Qual è lo scopo della vita? Nel giorno di San Valentino è facile rispondere: amare ed essere amati.  Domanda: Che cos’è l’amore? Risposta: L’amore è donare se stessi. Domanda: Il dono di me stesso basta all’altro per vivere? Purtroppo non basta.       Ci soccorrono i santi Cirillo e Metodio che, dando la vita per la conversione al cristianesimo delle popolazioni slave, hanno portato Gesù con il suo Vangelo. Questo è il dono intero dell’amore che salva.

Vangelo secondo Marco 7,24-30

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.
Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia.
Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia».
Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

AUDACIA DELL’AMORE

Arrivato in territorio straniero, nella città di Tiro sulle sponde del Mediterraneo, Gesù vorrebbe stare tranquillo. La sua missione non dovrebbe superare i confini di Israele. Tuttavia Gesù non vive di programmi, ma di quello che accade. Ed ecco la sorpresa della madre siro-fenicia, donna coraggiosa e intelligente, che per amore della figlia supera ogni barriera. Gesù la provoca. Lei balza sull’onda e viene gratificata del dono del miracolo della figlia. L’amore rende audaci e intraprendenti.

 

Vangelo secondo Marco 7,14-23

In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

LIBERACI DAL MALE

Non esiste il male delle cose, cibi o altro. Esiste il male della persona, il male del cuore. Non ci salviamo liberandoci dalle cose, ma liberando il cuore. Gesù dà un nome ai desideri e alle azioni cattive, perché possiamo identificarle senza finzione e senza ingannarci da soli o lasciarci ingannare da chi non distingue il bene dal male e forse inconsapevolmente contribuisce alla corruzione del mondo. Gesù si fa incontrare per purificarci e salvarci dal profondo del cure.

Vangelo secondo Marco 7,1-13

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

A LOURDES, FEDE E CARITA’

Leggiamo questo Vangelo con l’occhio e il cuore rivolti alla Madonna apparsa a Lourdes nel 1858 a una ragazzina di nome Bernadette. Scavando la terra vicino alla grotta, come le aveva indicato l’immagine dell’apparizione, Bernadette vide scaturire il fiotto di una sorgente d’acqua che in seguito avrebbe guarito centinaia di persone malate incurabili. La fede decisa e semplice di Bernadette apre la strada alla carità di Dio che guarisce. Fede e carità: il vero modo di amare e servire Dio.

Vangelo secondo Marco 6,53-56

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano guariti.

UNA SALVEZZA REALIZZATA

Nel Vangelo di Marco, Gesù è sempre ricercato e circondato dalla folla, che lo riconosce salvatore. Il bisogno di salvezza riguarda il corpo e tocca l’anima. Salvezza dalla malattia, dal malessere interiore, dalla paura, dalla desolazione. Gesù non salva solo guarendo, ma soprattutto ponendosi accanto a noi, offrendoci la sua presenza e la sua amicizia. Fino al punto che la sua salvezza diventa invito a stare con lui nella festa di nozze del paradiso.

Vangelo secondo Luca 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

UNA CHIAMATA DI SPERANZA

Il Vangelo rinnova la nostra speranza, vincendo delusioni e superando fatiche. Quante volte in famiglia, nel lavoro, nella vita sociale e nella compagnia della fede, viene la tentazione di mollare e lasciare andare tutto. Il principio della ripresa non siamo noi con le nostre povere energie, ma Gesù che nuovamente ci chiama e ci lancia. Egli ci fa guardare ogni giornata e ogni occasione con cuore nuovo e nuova decisione e ci ridona fiducia nell’esperienza di fede in compagnia con fratelli e sorelle.

Tornano nelle scuole la storia e il latino. E intanto il cinema riprende a raccontare l'Odissea e l’avventura di Ulisse, mentre tutt’intorno nella Chiesa la ricorrenza del Giubileo ci dona un passato ricco di misericordia e un futuro pieno di grazia. Il tempo della vita si apre a tre dimensioni, presente, passato, futuro e ci strappa dal chiodo della solitudine. Quello che siamo sorge dalle radici del passato, si allarga alle dimensioni del mondo e si protende alla promessa del futuro.

L'uomo a una dimensione che vive l’attimo fuggente ci attraversa l'anima e ancora cammina per le strade della città. Gli interessano soldi, saldi, sesso, un istante da succhiare fino all’esaurimento. Farsi da sé, non dover niente a nessuno, camminare in bilico sulla punta dell’istante. Fin da piccoli veniamo educati a cavarcela da soli, figli unici che si godono la vita. Anche tanti suggerimenti di ‘spiritualità’ che i social riversano generosamente nel computer e sul cellulare, ti inducono a guardare te stesso, per scoprire le tue nascoste energie, così da non aver bisogno di niente e di nessuno. Colleghi di lavoro o compagni di vita, nell’ideale della modernità veniamo indirizzati a vivere separati gli uni dagli altri come pali piantati in barena, senza possibilità di stringerci insieme per edificare una stabile dimora comune.

Invece, siamo generati dal passato e veniamo rinnovati dal presente. Non solo nella struttura fisica, ma nei desideri dell’anima e nelle propensioni del cuore. Siamo donati a noi stessi da un amore più grande, concepiti da un disegno di grazia che apre al rapporto con la realtà: il sole che sorge e la pioggia che batte, la donna che ci genera e il padre che ci ama. Protesi a conoscere, bisognosi di amare e di essere amati. Lì dove viviamo, in qualunque luogo della terra, siamo circondati da un villaggio di persone, in un infinito racconto di storie che ci precedono, in un ventaglio di promesse che ci sopravanzano. Di generazione in generazione. Come la nonna che entra in farmacia con la nipotina, vede la cesta per la raccolta dei medicinali per i bisognosi e dice alla piccola: “Anche tu dona una medicina per i poveri, come io faccio sempre”. Fioriscono i collegamenti, gli incontri, le comunità. Non bastano i circoli culturali o le associazioni ricreative, nemmeno le società sportive o le combinazioni dei viaggi in compagnia. Un bisogno più profondo ci apre alla condivisione dell’anima, un’amicizia per la vita ci rigenera come fiori che sbocciano al sole. Cresciamo collegati in reciproca dipendenza nel vasto campo del mondo.

E tuttavia, nemmeno la reciprocità ci appaga, nemmeno tutti insieme ci bastiamo, e ogni compagnia umana naviga fragile nel mare della vita.  Presente, passato, futuro si intrecciano a rivelare un’origine che ci precede e ci supera. La vera scoperta è quando percepiamo nel battito del nostro cuore un’esigenza di infinito, un anelito di pienezza che supera tempo e spazio; quando nell’altro che incontriamo vediamo specchiarsi il volto di Colui che ci ha creati e ci dona gli uni agli altri. Questo è l’incontro che recupera tutti i bisogni e salva tutte le dimensioni della vita.

9.2-2005