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Resurrezione fai da te

Da TEMPI di aprile 2024
Dagli “anelli di divorzio” di Emily Ratajkowski alle app che “riportano in vita” i cari estinti, questo tempo che ha rinunciato a Dio non sa più cosa inventare per rimediare alla morte

di ANNALISA TEGGI

Emily Ratajkowski mostra gli “anelli di divorzio” su Instagram
La morte dà scandalo, in qualunque forma si incontri. Muore un progetto e muore un gatto, muore il giorno e muore un amore. Perciò non stupisce che l’occhio cada dove l’anima s’accende, cioè su ipotesi di rinascita che cancellino, o almeno edulcorino, il dramma di una fine. Non mancano, anzi sovrabbondano, oracoli assurdi che escono da voci la cui unica autorevolezza è l’aver a disposizione megafoni tanto forti da disturbare le orecchie di tutti.
L’attrice e modella Emily Ratajkowski ha dato nuova vita all’anello di fidanzamento, creando due splendidi anelli di divorzio. È parte del suo processo di rigenerazione per guarire dalla fine del suo matrimonio. Gli esperti di tendenze assicurano che potrebbe diventare un trend di rinascita, l’anello del divorzio.
Ratajkowski è l’esempio perfetto di menzogna placcata oro, frutto di stili di vita talmente privilegiati da sfornare profezie di “vita nuova” senza accorgersi di calpestare l’uomo comune che non ha diamanti così grandi da dividere per moltiplicare gioielli a cui attribuire il potere taumaturgico di una resurrezione post separazione.
Ma l’esercito dei vip guru è talmente in sovrannumero da mettere a disposizione elisir di nuova vita abbordabili anche per il proletariato. La trama è la stessa in tutti i salotti televisivi, nei reel e sulle pagine patinate: un amarcord dei momenti più belli, poi una caduta e poi un appiglio per rialzarsi che suona sempre come il Santo Graal del benessere. Lascio andare la rabbia, uso solo il bianco per arredare la casa, mi circondo di persone positive, adotto animali, dico grazie ad alta voce tre volte al giorno, non mangio più cibi cotti. Parola di attrici, sportivi, cantanti, ex tronisti.

Il documentario Eternal You racconta il tentativo di “far rivivere” le persone defunte con l’intelligenza artificiale
Ed è curioso come questo nostro tempo che ha fatto a meno di Dio sia pieno di contenuti che zoppicano dietro all’unica storia che tiene. Sono tutti vangeli atei in cui a una gloriosa parentesi di vita pubblica segue una via crucis più o meno dolente che poi approda al colpo di reni di una resurrezione fai da te. Tutto a posto, fino alla prossima morte e al prossimo surrogato di rinascita a tempo limitato.
La morte, quella ineluttabile, arriva in ogni caso, ma ci si attrezza per vere e proprie resurrezioni artificiali. Non è una novità il successo delle app che “riportano in vita i morti” e già la serie Black Mirror ne ha svelato potenzialità da incubo. Di recente è stato presentato al Sundance Festival il documentario Eternal You, in cui sono raccolte storie di chi usa quotidianamente strumenti di intelligenza artificiale che riproducono l’esperienza di “stare” con qualcuno di caro che è morto.
Josh, ad esempio, chatta regolarmente con la sua ragazza del liceo, morta prima del diploma per una malattia incurabile. È un’istantanea umana potente: incollati ad avatar che hanno inghiottito e digerito accuratissime banche dati di chi è stato un padre, la nonna, il grande amore. E nessuna pietra che rotoli davvero via dai sepolcri.

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