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Vangelo secondo Giovanni 20,11-18

In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

UNA STORIA DI AMORE

I Vangeli della settimana di Pasqua percorrono tutte le apparizioni di Gesù risorto: una carrellata di vita e di speranza. Prima di tutti, le donne, anzi una donna, Maria di Magdala, che si sporge piangente dentro il sepolcro, e si sente interpellata da Gesù. Un tuffo al cuore! Questo incontro da persona a persona è all’origine della storia cristiana. Un amore e una preferenza così grandi da parte di Gesù, e così corrisposto da parte di Maria: la nostra storia comincia da questo amore

Vangelo secondo Matteo 28,8-15

In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi.

LA SORPRESA DELLA PASQUA

Il sepolcro vuoto è una sorpresa per tutti. Per i discepoli è l’inizio di una scoperta inaudita, che trova conferma nell’incontro personale con Gesù risorto, come accade – prime fra tutti – alle donne. Il sepolcro vuoto è un grande impaccio per gli avversari di Gesù, che non sanno come spiegarlo e come cavarsela. L’inganno che inventano è assolutamente ingenuo e vuoto. Eppure il pregiudizio, quando è comodo, va avanti dritto e non vuole arrendersi all’evidenza. Nel frattempo, Cristo vive e si manifesta vivo.

Ci sono Settimane Sante che segnano per sempre la tua vita, come quando eri ragazzo e percepivi nell’aria fresca e tenera del mattino di Pasqua che era accaduto qualcosa che avevi a lungo aspettato, anche se non sapevi spiegarlo. Mi ritornerà alla mente da giovane uomo quel clima nella settimana del Triduo vissuto con torme di ragazzi delle Superiori che ti portavi appresso perché accadesse anche per loro quanto avevi intuito quando papà ti portava nel buio della notte a quel fuoco nuovo che accendeva il cuore, nel Duomo oscurato che rimbombava del grido Lumen Christi!
Ma non mi sarei mai aspettato, a settant’anni suonati, di dover ritornare su quel crinale, con quello stupore scolpito nel volto che abbiamo imparato nel dipinto amatissimo di Eugène Burnand:

i due camminano verso il sepolcro il mattino di Pasqua, forse corrono, lo si intuisce dai capelli controvento, e sono Giovanni il giovane discepolo che Gesù amava e Pietro, fresco di rinnegamento…Una notizia scuote la nostra Settimana Santa:   è morta          Wilma Menetto. Siamo confortati lunedì, nella chiesa di San Martino ritornata piena, da una balsamica omelia di Padre Cesare che ci legge un brano del Vangelo mai avvertito così prossimo, così avvolgente e familiare. Ci porta in quella casa di Betania ove avviene uno degli episodi più profumati del vangelo.
‘E quel profumo di nardo d’incanto riempie del suo aroma tutta la casa. E’ il profumo dell’amore; quello vero, genuino, bello, vivo, fatto di tanti gesti concreti e quotidiani che anche la nostra Wilma con cuore grande e gioioso ha donato per tutta la vita, fino al suo ultimo giorno…’
Non conosco il profumo del nardo, lo cercherò nei giorni a venire ma ora so che esiste, so che siamo chiamati a profonderlo, senza timore di spreco nelle nostre taverne Betania, come quella dei Menetto per cui sono passate torme dii ragazzi affaticati, che lì trovavano riposo. Uno di questi, Damiano, ha procrastinato la sua partenza per la Polonia dove va in missione umanitaria a raccattare la vita di qualche famiglia ucraina in fuga dall’inferno. Ed è lì con la moglie Ornella e con gli occhi lucidi
‘Pur piegata nel corpo in questi ultimi tempi, con il suo carattere forte e deciso mai ha voluto mancare alla Messa domenicale a Madonna di Lourdes. Io lì nel suo posto ancora la colgo presente in questi giorni …E’ partita in punta di piedi, obbediente al Signore che le ha anticipato la Pasqua senza che percorresse l’ardua ultima salita del Monte della Croce. Quanto profumo sparso, quanto amore sincero e gratuito, quanta fragranza ha riempito i nostri cuori e le nostre vite … incrociando la sua.’
In cimitero tra i molti che cantano e piangono c’è Monica, una che è stata recuperata da lei, la donna della seconda possibilità, e vuole assolutamente aiutare uno dei ragazzi di Opera Baldo perché continui la presenza di Wilma. Addirittura esce un attimo dal cimitero e va a fare un prelievo e me lo porta…
Non manca nell’omelia di padre Cesare un riferimento a quell’altra grande partenza del fraterno amico Sauro Scarpa, a distanza di poche ore l’una dall’altro. In una felice stagione educativa li ho avuti entrambi colleghi e so quanto fosse bella la scuola con gente così! Con Wilma ho condiviso poi Opera Baldo, con Sauro un punto di aiuto a scuola, all’Itis, quasi un raggio, per i ragazzi. Dove c’era l’odore di pecore loro c’erano sempre.
In quello stesso giorno di lunedì c’è la Via Crucis, uno dei gesti più imponenti della storia del Movimento di Comunione Liberazione a Chioggia. Una processione silenziosa che percorre le strade della città dal Sagraeto dove ci saluta il Vescovo Giampaolo, al Cristo di san Domenico. Camminiamo scossi per le notizie del giorno e non abbiamo parole tra di noi che non siano di preghiera. L’adorazione della croce sembra non finire più perché ciascuno porta lì davanti questi amici che sono partiti.
Il giorno dopo alla Madonna della Navicella c’è la folla di Sauro ed è l’amico Don Angelo Busetto, che è stato l’uomo che ci ha raccolto con il nostro desiderio di vita sulle rive del mare, a tenere l’omelia. Certe scene rimangono nella mente in bianco e nero come nelle foto di Boccasette, l’antica tenda delle nostre vacanze di mare quando giungevo con Luisa Sauro e Rita in barca a vela, e da terra arrivavano Luigi e Laura in macchina, oppure l’attraversata dell’Adriatico mare con Luigi Costa in barca a vela per arrivare all’altra riva.… Cose che rimangono mitiche anche oggi, e mi si mescolano con i fotogrammi di uno dei film sul Vangelo più amati, quello secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, quella corsa in riva al mare, sulla battigia degli apostoli, ancora con le reti in mano, una corsa lunga che finisce tra le braccia del Signore Gesù.
Non trattengo le lacrime all’incipit di Don Angelo che parla con l’amico: ’Cosa è per te, Sauro, il vento e il mare dello Spirito Santo, dopo i tuoi percorsi con la barca in mare, dopo la pesca con gli amici? Cosa è ora per te la visione della comunione dei santi, della larga schiera di amici – quanti amici, quante famiglie amiche - che ti abbraccia in paradiso?
Da questa postazione, più alta delle montagne che percorrevi, e dalla quale vedi Rita, i figli Francesco e Stefano, le nipoti, tutti questi amici, i tuoi compagni di viaggio, i tanti che sono stati tuoi alunni, i bambini con i quali giocavi insieme con i tuoi figli quand’erano piccoli e inventavi per loro storie, o adesso con le tue nipoti. Cos’è questo ingresso in paradiso? …Sauro ci apre alla speranza. Di lui possiamo parlare soltanto mostrando la vita, raccontando cose, fatti, presenza. Ecco il cristianesimo: cose, fatti, persone’…Abbiamo incontrato un cristiano. E ne siamo certi: con un amico così non si va solo per mari e monti, o per mille lavoretti. Con un amico così si va in paradiso!’
In questo sabato del tempo, arriva una Domenica di Pasqua così, grazie miei sacerdoti per esserci con le vostre trasfigurazioni, immedesimazioni, resurrezioni!

Piergiorgio Bighin

Vangelo secondo Giovanni 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

UNA FEDE NUOVA

Un fatto nuovo dentro il nostro vecchio mondo: un uomo vince la morte e vive per sempre. Le donne, che hanno partecipato alla sua morte e sepoltura, precedono tutti nell’amore e nella ricerca di Gesù. Giovanni per primo crede riconoscendo i segni della risurrezione. Cristo risorto è tra noi: riconosciamo i segni della sua presenza, che vince ogni estraneità, ogni odio e opposizione, ogni disperazione e insignificanza. Guardiamo i fatti che accadono, nel mondo, attorno a noi e in noi, partendo da questo fatto: una nuova luce, nuova speranza, nuova vita.

“Fratelli e sorelle, in questa santissima notte,
nella quale il Signore nostro Gesù Cristo
è passato dalla morte alla vita,
la Chiesa invita i suoi figli sparsi nel mondo a raccogliersi
per vegliare e pregare.
Rivivremo la Pasqua del Signore
nell'ascolto della Parola e nella partecipazione ai Sacramenti:
Cristo risorto confermerà in noi la speranza di partecipare
alla sua vittoria sulla morte e di vivere con lui in Dio Padre."

ATTESA DI RISURREZIONE

Dopo la morte e la sepoltura del Signore Gesù, la Chiesa rimane in silenzio. Vuoti i tabernacoli e spente le luci. L’attesa si protende verso la promessa di Gesù, la risurrezione del terzo giorno. Nel buio della notte i cristiani si radunano per la Veglia Pasquale, che inizia con il fuoco nuovo, l’accensione del cero, il canto dell’Exsultet pasquale. Ogni dramma umano partecipa della passione e morte del Signore e attende la luce e la vita della Sua Risurrezione.

Vangelo di Giovanni 19, 25-37

 

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
(Qui si genuflette e di fa una breve pausa)
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

 

LO SGUARDO E IL CUORE SUL CROCIFISSO

 

Oggi non viene celebrata i la liturgia eucaristica. Lo sguardo e il cuore degli amici di Gesù e di tutta la Chiesa si concentrano sul Crocifisso. La lettura dell’intero racconto della Passione nel Vangelo di Giovanni e l’adorazione della Croce segnano le celebrazioni del pomeriggio, in concomitanza con l’ora della morte del Signore. Alla sera, la Via Crucis percorre le strade dei paesi e delle città. Seguiamo Gesù come discepoli, come amici e familiari, salvàti dal sacrificio del nostro Redentore.

Un amico mi ha inviato questa testimonianza. Ho conosciuto personalmente Letizia nel periodo natalizio a Rimini quando ci ha presentato la mostra di don Masi, fondatore delle Sorelle dell’Immacolata, le suore presenti a Rosolina da alcuni mesi per iniziativa di don Lino Mazzocco. Nella seconda parte parla del gruppo di don Eugenio Nembrini, del quale in questi ultimi tempi faceva parte anche Sauro.

SI PUO’ VIVERE COSI’?

L’esperienza della malattia è il punto di verifica di ogni esperienza umana. Si vive facendo magari anche tante cose buone, poi all’improvviso ci si ritrova a guardare in faccia seriamente il termine del proprio percorso umano. Ogni malattia ci ricorda che “siamo polvere”, ma quando le malattie sono di poco conto ce la caviamo spesso aspettando che passi. Ci sono poi malattie così importanti che invece improvvisamente ci mettono di fronte al “Misterio eterno dell'esser nostro”, come lo chiamerebbe Leopardi. E li capisci che non puoi più rimandare. Devi decidere che scopo ha la tua vita e come vuoi usare il tempo che ancora ti è dato.

Così è capitato a me poco più di 3 anni fa, quando mi hanno diagnosticato un tumore al seno. Improvvisamente capisci che fino ad allora, pur facendo cose buone, impegnandoti per gli altri, pregando etc..., avevi vissuto come se fossi eterno. Tutto si svolgeva come se il vero protagonista della tua vita fossi tu e le tue opere, buone o cattive che fossero. Ma in quel momento, per la prima volta, di fronte a quella diagnosi infausta, mi sono resa conto che la mia vita non era nelle mie mani, e pur nella paura del percorso che mi attendeva, ho sentito la Mano amorevole che mi cercava. “Ecco, non ti sei dimenticato di me” ho pensato. Non avrei scelto io quella modalità, ma proprio per questo non potevo negare l’evidenza di un Altro che mi stava cercando per strapparmi all’abisso di distrazione in cui vivo quotidianamente, per restituirmi a me stessa. Così ho affrontato la prima operazione e le successive sostenuta dall’affetto di mio marito, delle mie sorelle e degli amici nella fede che mi hanno accompagnato fin nei dettagli pratici del percorso di cura.

Dopo 3 anni sembrava tutto concluso quando arriva una nuova diagnosi: un nuovo tumore, diverso e più aggressivo. Questa volta lì per lì sono rimasta senza parole: ero appena uscita da un periodo durissimo con mio marito ricoverato per Covid 42 giorni, una lunga riabilitazione e quando appena iniziavamo a rilassarci arriva questa nuova tegola...Sinceramente pensavo di aver diritto a un po’ di riposo e invece mi rivedo davanti tutto quello che avevo già vissuto ancor più complicato e pesante.

Ma anche questa volta non sono stata sola. Mentre lavoro alla preparazione della mostra su Don Masi le Sorelle dell’Immacolata mi offrono la loro discreta e calda compagnia. Pregano per me e con me, mi portano Gesù Eucarestia appena possibile. No, non sono sola, anzi sono preferita. Uno che mi ama mi aspetta dentro questa malattia, per donarmi come dice la profezia di Ezechiele “un cuore di carne”. Questa è per me la grande promessa che mi attende nella chiamata della malattia.

E anche questa volta non sono sola. Ho parlato delle Sorelle dell’Immacolata, ma parlo anche di una messa che seguo quotidianamente su ZOOM, la piattaforma per video conferenze scoperta da tanti in tempi di lockdown. Ogni giorno da un anno un nutrito gruppo di malati, la maggior parte malati molto gravi o addirittura terminali, si ritrova per la messa quotidiana celebrata da don Eugenio Nembrini. Alla messa segue un breve momento di dialogo, in cui i nuovi si presentano, si pongono domande, si raccontano esperienze. A ognuno don Eugenio risponde riprendendo con puntualità i passi del cammino, aiutando tutti a non far passare invano il tempo della malattia, ma riconoscendo in essa, qualunque essa sia, la voce di Cristo che ci chiama alla felicità.

Visto da fuori questo gruppo è veramente un po’ strano, qualcuno forse storcerà il naso, non è bello mettere insieme gente che sta male, è di cattivo gusto. Ma basta ascoltare una volta certe testimonianze che non puoi non chiederti: “Ma è veramente possibile vivere così? Si può vivere la malattia e l’avvicinarsi della morte con letizia, certi che Cristo vince anche sul dolore e la morte?” C’è la mamma che ha perso il piccolo di 4 anni e mezzo malato di leucemia da quando aveva 6 mesi che dice “Sono onorata che un membro della nostra famiglia sia già al cospetto di Dio”, c’è la mamma malata terminale che spiega alla figlia perché è lieta di andare al compimento, e in mezzo ai dolori dichiara “Non ho paura di morire perché stando con i miei amici ammalati e accompagnandoli io ho visto vincere Gesù così tante volte che non ho neanche paura di vivere, perché la vita senza Gesù non sarebbe vita.” C’è la ragazza di 18 anni che dice, dopo 9 mesi di ricovero per leucemia: “in questi nove mesi ho custodito e partorito la mia umanità: ho imparato a volermi bene così come sono, anche senza capelli. Perché c’è Uno che mi ha amato così tanto per volermi così come sono adesso”. E la giovane mamma che muore scrivendo pochi giorni prima agli amici della messa“ Oggi mi godo una giornata senza programmi ospedalieri, anzi spalanco occhi e ore ai programmi di un Altro, ormai poche... Un abbraccio a tutti.”

Questa vittoria di Cristo io la vedo ogni giorno negli occhi che brillano nei “quadratini” della schermata di Zoom, nella tenerezza di mogli e mariti che accompagnano il coniuge malato pieni di adorazione, nella semplicità delle parole di don Eugenio, nell’affetto che lega tra loro questi compagni al Destino: sono amici perché si aiutano ad andare a Gesù, non perché sono tutti malati o perché si conoscono tutti da tempo. E per questo si inventano “regali” e sorprese “a distanza”(un vassoio di lasagne sulla porta di casa dell’amica arrivata a Milano per le cure palliative, confezioni di cioccolata spedite dall’amica svizzera in giro per l’Italia agli amici più malati, il kit per il battesimo fatto venire da Lourdes per un piccolo che vivrà solo pochi giorni). Li chiamano “i panini di Gesù”, sono la carezza del Nazareno che li raggiunge attraverso il cuore e le mani dei suoi amici. Sì, si può vivere così, e vivere così rende certi del compimento perché la vittoria di Cristo è davanti ai nostri occhi, passo dopo passo. Con Cristo noi cominciamo a vincere già dentro la nostra morte.

Basta domandare che Lui vinca ora, nella nostra vita così com’è e Lui non si fa attendere troppo: “Oggi sarai con me in Paradiso”.

 

 

Vangelo secondo Giovanni 13,1-15

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

 

SINO ALLA FINE

 

Sarebbe una corsa troppo breve ‘sino alla fine della vita’. Gesù va ‘fino al compimento’, ‘fino alla totalità’. Nell’ultima Cena, Gesù mostra in un segno quello che sta per compiere nella realtà: il dono totale di se stesso. L’evangelista Giovanni annota la lavanda dei piedi agli apostoli: Gesù si fa servo. Gli evangelisti sinottici – Matteo, Marco, Luca – registrano l’offerta del pane e del vino come suo Corpo e suo Sangue. Il dono che Gesù compie sulla croce, permane nel segno della carità e nel segno dell’Eucaristia. Egli è qui, come il primo giorno.

Santa Messa di commiato:

12 aprile 2022. Chiesa Madonna della Navicella, Sottomarina

Letture: Rom 14, 7-12; Salmi resp. 114 e 115; Gv, 15, 1-2; 5;9-17

Dimmi, Sauro, cosa è stato per te, dopo questo tuo dolore continuo, lancinante, il tuo arrivo in Paradiso?  Cosa è per te dopo questo amore per Rita e di Rita, dopo questo strappo dal grembo dell'amore e della vita, il tuo incontro con il Padre nostro che sta nei cieli?  Cosa è per te, dopo il tuo grido come il grido di Gesù in croce al Padre, il tuo andare con Gesù in Paradiso? Cosa è per te il vento e il mare dello Spirito Santo, dopo i tuoi percorsi con la barca in mare, dopo la pesca con gli amici?  Cosa è ora per te la visione della comunione dei santi, della larga schiera di amici – quanti amici, quante famiglie amiche - che ti abbraccia in paradiso?

Da questa postazione, più alta delle montagne che percorrevi, e dalla quale vedi Rita, i figli Francesco e Stefano, le nipoti, tutti questi amici, i tuoi compagni di viaggio, i tanti che sono stati tuoi alunni, i bambini con i quali giocavi insieme con i tuoi figli quand’erano piccoli e inventavi per loro storie, o adesso con le tue nipoti.  Cos’è questo ingresso in paradiso? Quanto ancora di più c’è ora per la tua vita di amico, sposo, padre, insegnante, navigatore, camminatore, persona discreta, disponibile, uomo sincero e generoso? Quanto ancora più grande, più bello è il Paradiso dell’abbraccio del Padre, il volto del Figlio, l’amore dello Spirito Santo, il sorriso di Maria la Madre del Signore, dei Santi, i colori della comunione fraterna, dell’amore alle persone, che tu hai vissuto tra noi?

Sauro ci apre alla speranza. Di lui possiamo parlare soltanto mostrando la vita, raccontando cose, fatti, presenza. Ecco il cristianesimo: cose, fatti, persone.  Una vita illuminata e sostenuta dalla presenza di Cristo, sollevata e accompagnata dalla Grazia di un carisma - quel don Luigi Giussani maestro di fede e di carità per tanti di noi - che ci ha fatto incontrare Cristo vivo, Cristo presente, nella laguna, nel mare, nei monti, negli esperimenti fisici, ma soprattutto nelle persone, tante persone diventate amiche, in chi ha bisogno, vicini o lontani, fossero i monaci di Norcia che dovevano riedificare il loro monastero dopo il terremoto, fosse il vicino di casa, fosse l’amico di una volta, fosse uno straniero. Qualcuno ha definito Sauro un ‘amico ecumenico’. Una condivisione vissuta, esercitata, rinnovata, una testimonianza serena e lieta. Chi stava con lui, in un viaggio, in una gita, in un pezzo di vita, stava sicuro, aveva la certezza di essere in buona compagnia, un buon camminatore, un buon navigatore. Per molti di noi, un’amicizia lunga cinquant’anni e più.

Gesù per te, una presenza, un’esperienza, ricercata e domandata nella Chiesa, in una preghiera seria, vera, metodica; una vita irrorata di preghiera come la rugiada del mattino in montagna, nell’esercizio concreto dei sacramenti, l’Eucaristia e la confessione, reali come la vita. Fino a questi ultimi tempi, dolorosissimi e intensissimi, nei quali è stata preziosa, salda e fedele la presenza di Rita e accanto a lei gli amici carissimi.

Racconta Rita:

Spesso vedevo in lui Giobbe, che non perde la fede anche nelle avversità: circa due anni e mezzo fa il primo tumore e la prima serie di chemioterapie e poi il fuoco di sant'Antonio, subito il secondo tumore che due operazioni, un'altra serie di chemioterapia e 33 radioterapie devastanti sembravano aver sconfitto, quindi un'infezione alla gamba con febbre altissima, infine il tumore che si ripresenta e gli scava l'orecchio e ancora chemioterapie che lo spossano e un dolore continuo che lo tormenta e ancora febbre che gli toglie le forze; in mezzo a tutto questo visite, esami, tac, pet, risonanze magnetiche, ma, come Giobbe, sempre saldo nella fede, talvolta soffrendo per la paura di perderla. Nei momenti più duri la domanda "Signore dove sei?  Ascolta le mie preghiere." E il Signore si è fatto vedere, ha avuto pietà e l'ha voluto con sé dove ogni dolore e ogni sofferenza svaniscono ed è solo gioia eterna.

“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” 2 Tim 4,6-7) Fino all’ultimo gesto che Sauro ci propone: chi vorrà condividere la sua carità potrà dare un aiuto alla Fraternità Missionaria dei sacerdoti e delle suore di San Carlo; lo potrà fare all’uscita di Chiesa dopo Messa.  Questa vita, questa grazia, è accaduta anche a noi. Abbiamo visto e udito un uomo, un amico. Abbiamo incontrato un cristiano. E ne siamo certi: con un amico così, non si va solo per mari e monti, o per mille lavoretti.

Con un amico così si va in Paradiso.

 

Giovedì Santo 14 aprile 2022
Messa vespertina nella «Cena del Signore»

Introduzione del celebrante
Oggi, Giovedì Santo, Vigilia della Passione noi, discepoli e amici, siamo invitati da Gesù alla sua Ultima Cena. Apriamo il cuore alla domanda fiduciosa.

1. Signore Gesù, in quest’Ultima tua Cena consegni a noi il tuo corpo e il tuo sangue nell’Eucaristia; donaci la grazia di accoglierti con fede, rinnovandoci con il miracolo della carità,
Preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

2. Signore Gesù, ti ringraziamo per i tuoi ministri che continuano a celebrare l’Eucaristia per il popolo cristiano; sostienili con la forza dello Spirito Santo e dona a tutti cristiani di accogliere con gioia e fedeltà la grazia dei sacramenti della Chiesa,
Preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

3. Signore Gesù, libera i nostri cuori da ogni inimicizia; conduci le nazioni terra sulla via della pace; salva il mondo ferito da ingiustizie e tradimenti; libera i perseguitati e gli oppressi; rendici testimoni di speranza e fraternità,
Preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

4. Signore Gesù, guarda le nostre comunità; rinnovaci nell’esperienza della fede, rendici attenti gli uni agli altri, sostieni i ragazzi, le famiglie, i malati, i poveri, e quanti sono deboli nel corpo e nello spirito,
Preghiamo: GESU’, PANE DI VITA, ASCOLTACI

Conclusione del celebrante
Padre Santo, in questa sera in cui il tuo Figlio Gesù ci offre nell’Eucaristia il segno permanente della sua presenza e della sua grazia, donaci un amore profondo a te e ai fratelli. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Uno sguardo
Oggi è il giorno della ‘grande memoria’: ‘Fate questo in memoria di me’. Un avvenimento del passato diventa presente per tutti e per sempre: Gesù che offre in sacrificio la sua vita e risorge, si ripresenta nell’Eucaristia.
Oggi è il giorno del sacerdozio. Gesù permane tra noi attraverso il servizio dei sacerdoti. Oggi preghiamo perché attraverso il ministero della Chiesa permanga la presenza di Gesù nel mondo.

Sabato 17 aprile 2022 - Veglia Pasquale

Introduzione del celebrante
La Veglia Pasquale conduce il popolo cristiano a ripercorrere la lunga storia di Dio con gli uomini, dalla creazione all’alleanza, alla nuova Pasqua. Ci affidiamo al Dio che ci libera dal male.

1. Signore Dio nostro Padre, creatore del cielo e della terra, che hai risuscitato dai morti il Figlio Gesù, ti affidiamo la nostra umanità ferita e ti ringraziamo di renderci partecipi della tua storia di salvezza,
Preghiamo: SIGNORE NOSTRA PASQUA ASCOLTACI

2. Signore Gesù, risorto e vivo nel volto e nel cuore della Chiesa, nata dalla tua morte e risurrezione; sostieni il Papa, il vescovo e tutti nostri pastori nel servizio e nella testimonianza al popolo cristiano,
Noi ti preghiamo: SIGNORE NOSTRA PASQUA ASCOLTACI

3. Spirito Santo che sei Signore e dài la vita, rinnova il mondo nella pace e nella fraternità. Sostieni il cammino di chi cerca patria e casa, pace e libertà,
Noi ti preghiamo: SIGNORE NOSTRA PASQUA ASCOLTACI

4.Signore Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, donaci una vita di risorti, piena di speranza, energia e carità, per essere tuoi testimoni nel mondo,
Noi ti preghiamo: SIGNORE NOSTRA PASQUA ASCOLTACI

Conclusione del celebrante
Signore Dio nostro Padre, ti ringraziamo per la vita, la gioia, l’unità e la pace che vengono da Gesù risorto, che vive e regna nei secoli dei secoli.

Uno sguardo
Un fatto nuovo dentro il nostro vecchio mondo: un uomo ha vinto la morte e vive per sempre. Egli è vivo tra noi; la grazia della sua presenza vince ogni estraneità, ogni odio e ogni opposizione, ogni disperazione e insignificanza.
Partiamo da questo fatto, riconoscendo il Signore presente all’inizio di ogni giornata, nello scorrere degli avvenimenti e nei rapporti con le persone. Riconosciamolo nelle nostre comunità, riedificate dalla Sua presenza e rilanciate nella fede e nella carità.

Domenica 21 aprile 2019 - PASQUA, «RISURREZIONE DEL SIGNORE», Ciclo C

Messa del giorno

Introduzione del celebrante
La certezza della fede in Cristo risorto ci rende lieti della Sua presenza in mezzo a noi. A Lui volgiamo il nostro sguardo e la nostra domanda.

1. Signore Gesù, risorto e vivo, donaci di riconoscerti e accoglierti con il desiderio e il cuore delle donne e dei discepoli nel mattino di Pasqua,
Noi ti preghiamo: SIGNORE RISORTO ASCOLTACI

2. Signore Gesù, dalla tua croce e dalla tua risurrezione nasce la Chiesa; sostieni la vita e la missione del Papa, del nostro vescovo, dei sacerdoti, dei missionari e di tutti cristiani,
Noi ti preghiamo: SIGNORE RISORTO ASCOLTACI

3. Signore Gesù, Figlio di Dio, che hai condiviso il percorso della nostra vita umana aprendolo alla risurrezione, donaci la gioia di seguirti nella vita della Chiesa e di testimoniarti nel mondo,
Noi ti preghiamo: SIGNORE RISORTO ASCOLTACI

4. Signore Gesù, Dio della vita e della pace, ti affidiamo le persone costrette a lasciare casa e patria a causa di guerre e persecuzioni. Apri i nostri cuori alla fraternità e alla misericordia,
Noi ti preghiamo: SIGNORE RISORTO ASCOLTACI

Conclusione del celebrante
A te Padre Santo, rivolgiamo la nostra preghiera nella speranza e gioia pasquale del Signore Gesù risorto che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Uno sguardo
Un fatto nuovo dentro il nostro vecchio mondo: un uomo ha vinto la morte e vive per sempre. Egli è vivo tra noi. La grazia della sua presenza vince ogni estraneità, odio e opposizione, ogni disperazione e insignificanza.
Gesù è presente all’aprirsi di ogni giornata, nello sguardo sugli avvenimenti e nell’attenzione verso le persone; nelle nostre comunità, riedificate dalla Sua presenza e rilanciate nella fede e nella carità.