Autore: don Angelo Busetto
PREGHIERA DEI FEDELI
Domenica 14 Febbraio 2021, VI del Tempo Ordinario, Anno B (verde)
Introduzione del celebrante
I poveri, i bisognosi, i malati, i lebbrosi, si avvicinato a Gesù con fiducia. Ci uniamo al grido dell’umanità ferita e presentiamo al Signore le nostre invocazioni.
1. Signore Gesù, ci rivolgiamo a te come il lebbroso del Vangelo: “Se vuoi, puoi guarirci”. Guarisci le nostre ferite del corpo e dell’anima, Preghiamo: SALVACI O SIGNORE
2. Signore Gesù, ti affidiamo Papa Francesco, il nostro vescovo, i sacerdoti e tutti gli uomini e le donne che si dedicano a te nel servizio del popolo cristiano. Donaci vocazioni sacerdotali e religiose.
Preghiamo: SALVACI O SIGNORE
3. Signore Gesù, tutto il mondo ha bisogno di te e tu sei venuto per tutti. Converti i popoli e il cuore di ogni persona verso decisioni e azioni di pace e fraternità,
Preghiamo: SALVACI O SIGNORE
4. Signore Gesù, donaci di praticare l’invito dell’Apostolo Paolo: “Sia che mangiamo sia che beviamo, sia che facciamo qualsiasi altra cosa, tutto sia per la tua gloria, senza cercare il nostro utile ma quello di molti”,
Preghiamo: SALVACI O SIGNORE
Conclusione del celebrante:
O Signore, accogli e purifica la nostra preghiera. Donaci speranza di vita e vigore di fede. Tu che vivi e regni.
Spunto della domenica
LONTANI O VICINI?
In questo tempo in cui siamo invitati a tenere le distanze l’uno dall’altro, colpisce ancor più Gesù che tocca il lebbroso con la mano. Si pensava che la lebbra fosse contagiosa, e il lebbroso doveva restare lontani da tutti. Gesù apre la strada perché la distanza fisica non diventi distanza del cuore e indifferenza, e non ci chiuda nell’egoismo e nella solitudine. Il suo gesto è l’anticipo di ogni ‘bacio al lebbroso’ che la storia racconta, da San Francesco a Madre Teresa, Padre Damiano e tanti altri, fino a Padre Aldo del Paraguay. Con la grazia di Gesù impariamo a guardare e a trattare le persone come le guarda e le tratta Lui. Allora il mondo comincia a cambiare, da vicino e da lontano.
Martedì 9 febbraio 2021 Sant’Apollonia, vergine e martire Alessandria d’Egitto, m. 249 Beata Anna Caterina Emmerick, Germania 1774-1824
Vangelo secondo Marco 7,1-13
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
REGOLE CHE NON SALVANO
In questi mesi viviamo fasciati da mille prescrizioni che dovrebbero salvaguardare la salute nostra e quella altrui. Basteranno le regole a salvarci? Per il rispetto dell’igiene e della salute obbediamo alle regole. Ma il livello dell’umano cammina più alto. Solo l’amore di Dio, che si traduce in amore del prossimo a cominciare dal padre e dalla madre, salva la persona e raddrizza la società. Gesù rimette l’uomo al centro. Nel cuore dell’uomo Egli mette l’amore di Dio, principio della salvezza.
Lunedì 8 febbraio 2021 Santa Giuseppina Bakhita, Suora Canossiana, Darfur, Sudan 1868 – Schio, Vicenza, 1947
Vangelo secondo Marco 6,53-56
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
SULLE SPONDE DEL MONDO
Sulla sponda del mondo arriva Gesù. Si chiamino Gennèsaret, o mare Mediterraneo o tutti gli Oceani. Gesù Liberatore vuole arrivare lì dove vengono deposti gli schiavi della tratta antica o di quella moderna. Giuseppina Bakhita rappresenta in qualche modo un punto di congiunzione tra le antiche schiavitù e quelle attuali, di uomini e donne vittime orribilmente oppressi. Imperversano anche tante altre schiavitù: droga, denaro, sesso, potere. Come diceva Bakhita, la vera libertà si sperimenta trovando quel ‘paròn’ che è nostro Padre.
7 Febbraio 2021 V Domenica del tempo ordinario (anno B) San Riccardo, re degli Inglesi, m. 722
Vangelo secondo Marco 1,29-39
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
UNA VITA DA TEMPO PIENO
Gesù vive una vita da tempo pieno: preghiera nella sinagoga, incontro con gli amici, guarigione della suocera, malati, preghiera solitaria, persone che lo cercano e ‘tutti gli altri’. Una vita determinata dall’amore verso le persone che il Padre gli affida. Qual è il valore della vita? Per che cosa vale la pena vivere? “E che vale la vita se non per essere data?” (Claudel, Annuncio a Maria). Il tempo, il lavoro, lo studio, la famiglia, gli impegni ci sono donati per una missione nel mondo, che ci apre al prossimo e ci allieta la vita.
Vangelo di Marco 6,30-34
In quel tempo gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
MISSIONE CONTINUA
Come sono stati i primi tempi della missione di Gesù? Sempre circondato da gente che veniva da tutte le parti, Gesù è preso da compassione verso tutti. Gesù non ci lascia soli, dispersi come pecore senza pastore. Per questo, domanda agli apostoli che ha scelto di collaborare con lui. La presenza di Gesù e la sua azione continuano tra miracoli di conversione e barriere di opposizione, segnate oggi più che mai da persecuzione ed emarginazione dei cristiani.
Venerdì 5 febbraio 2021 Sant’Agata vergine e martire, Catania 235-251
Vangelo di Marco 6,14-29
In quel tempo il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elia». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea.Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
UN NOME FAMOSO
Erode non è mosso a conoscere ‘quel famoso’ Gesù da un desiderio vero, ma solo da curiosità e paura. Avendo fatto uccidere il Battista, viene preso dall’oscuro timore che questi sia risorto. Un animo perverso vive di paure e di sospetti, e immagina di potersi difendere eliminando la realtà di cose e persone. L’uccisione del Battista induce Gesù a procedere decisamente nella sua missione, mentre all’orizzonte vede innalzarsi la croce, attraverso la quale salirà alla gloria del Padre.
Oggi, San Rabano Mauro: CHI E’ COSTUI ?
Citato nel XII canto del Paradiso dantesco, san Rabano Mauro, fu un grande erudito ai tempi di Carlo Magno. A lui è attribuito il Veni Creator Spiritus, l’inno che accompagna la Chiesa nelle decisioni più importanti, nelle sue funzioni religiose più solenni. E in cui poesia e teologia si fondono in modo eccezionale.
"Rabano è qui, e lucemi da lato / il calavrese abate Giovacchino,
di spirito profetico dotato. / Ad inveggiar cotanto paladino mi mosse l’infiammata cortesia / di fra Tommaso e ‘l discreto latino;
e mosse meco questa compagnia."
È il sommo Poeta Dante a citare san Rabano Mauro nel XII canto del Paradiso, in compagnia di san Tommaso d’Aquino, san Domenico e Gioacchino da Fiore.
San Rabano, mente e cuore eccelsi di una Chiesa che parla ancora, che canta ancora le sue lodi al Signore. Un santo poco conosciuto, bisogna ammetterlo. Ma rappresenta per la cultura cattolica (quindi parliamo non solo di spiritualità) un monumento che vive in ogni verso dell’inno allo Spirito Santo: il famoso Veni Creator Spiritus, l’inno - a lui attribuito .
Lo Spirito Santo: non è, certamente, un “qualcosa” di facilmente intellegibile. In fondo, rimane e rimarrà - forse è meglio così, per la nostra imperitura ricerca di Dio - un mistero. È, infatti, il mistero a spingerci sempre più alla ricerca. E in ogni luogo. L’inno Veni Creator Spiritus, in una certa misura, ci aiuta proprio a entrare meglio nel mistero. A contemplarlo, così come si contempla un cielo stellato, un fiore al suo primo albore di primavera.
La vita di Rabano è stata sempre immersa nelle pagine della Scrittura, prima fonte - assieme alla preghiera - di ogni sua opera filosofica. La Scrittura e le parole scritte dal santo si intrecciano e si fondono. Sono un unicum di cultura e spiritualità. L’intelletto al servizio di Dio. I versi, le parole, i “concetti” espressi dalla sua mente sono stati “illuminati” dalla Sapienza di Dio.
Giovedì 4 febbraio 2021 San Rabano Mauro, abate di Fulda 780-856
Vangelo di Marco 6,7-13
In quel tempo Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
PRIMO ANNUNCIO
Ci aspetteremmo che Gesù mandi in missione i discepoli dopo una lunga convivenza con lui, dopo avere imparato bene, dopo aver fatto molte prove. Invece, un fatto che si è sperimentato, una persona che si è vista, si può annunciare fin da subito, come aveva fatto Andrea col fratello Pietro, dopo l’incontro con Gesù. L’essenziale dell’annuncio non va schiacciato con preoccupazioni eccessive sul come e sul quando. Gesù va testimoniato con l’annuncio e con la vita. Le spiegazioni vengono dopo.
San Riccardo Pampuri
POESIA E SANTITA’
Quando la poesia incontra la santità, la scena si illumina e il cuore si riscalda. La lettura diventa evocativa, entrando nel mistero dell’azione di Dio che incontra la libertà dell’uomo. Questa volta l’interlocutore è il santo medico lombardo Riccardo Pampuri. Nato a Trivolzio, in provincia di Pavia nel 1897, penultimo di 11 figli, rimane orfano di mamma a tre anni e orfano di padre a dieci. Viene affidato agli zii materni. Nell’ambulatorio di zio Carlo, il piccolo Erminio intuisce già la sua futura professione di medico. Frequenta il liceo e la facoltà di medicina a Pavia. Nel 1917, nel pieno della prima grande guerra, è chiamato al fronte come ausiliario medico. Nel 1923 diventa medico condotto a Morimondo, un paese vicino al suo, e nel 1927 entra nell’Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli, prendendo il nome di Riccardo. Con questa vita si paragona un autore addestrato a presentare personaggi biblici e santi attraverso quella ‘fantasia reale’ che si esprime nella forma del dialogo e dell’impianto teatrale. Questa composizione letteraria si svolge in quattro quadri, ampi i primi due, più veloci gli altri, come descrive il vescovo di Pavia Corrado Sanguineti nella nota introduttiva. Dapprima il bambino meravigliato di fronte alla vita, poi il soldato che nella disfatta di Caporetto raccoglie un carretto di medicine e una mucca, con la quale faticosamente sotto la pioggia arriva fino alla postazione medica di Latisana. Si giunge alla fine della vita, anzi alla fine senza fine, a trentatre anni, l’età di Gesù. Questa ‘azione drammatica’ – da cui è tratto uno spettacolo prodotto dal Teatro degli Scarrozzanti – si completa con un’appendice di grazie e miracoli: “Mentre Riccardo che ora è su nei cieli / ringrazia il Suo Signore e aggiunge solo - / Un buon dottore fa sempre il suo mestiere”.
Giampiero Pizzol, Grazie, dottor Pampuri, Illustrazioni di Franco Vignazia, Mimep-Docete, Milano 2020, pp 126 € 8,00
Angelo Busetto