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Vangelo secondo Marco 8,11-13

In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.
Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno».
Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

QUALE SEGNO?

Di quale segno abbiamo bisogno? Abbiamo il segno della nostra vita, e il segno della natura magnifica che ci circonda sul davanzale della finestra di casa, sulla laguna illuminata e sui monti innevati. Soprattutto abbiamo il segno della Sua presenza, in noi e nel mondo. Una ‘storia sacra’ ci ha condotto a diventare cristiani, mentre ci accompagna la testimonianza di tanti fratelli e la presenza quotidiana del Signore nella Chiesa e nei suoi sacramenti. Di quale altro segno abbiamo bisogno?

 

Una vita piccola piccola, ridotta negli spazi esteriori e rattrappita in quelli interiori. Una vita ridotta a schemi, appiattita ai livelli della pubblicità, impaurita dalla pandemia, atterrita dalla paura, arrabbiata con il mondo, seccata con gli amici, annoiata con i familiari, indurita con gli avversari. La intravvedi negli occhi sfuggenti sotto le mascherine, negli accostamenti gentilmente evitati, nei saluti rapidi e convenzionali, nelle code silenziose alle poste o al panificio o all’ospedale.
In tutto questo, come un vento che penetra tra le fessure, come la piantina che germoglia tra i sassi, una novità risorge. Spunta con la luce del giorno, forando il gelo che penetra dalle imposte spalancate.
Il Vangelo del mattino, uguale e sempre nuovo, riporta a galla l’anima, facendoci riconoscere amati dal Padre, accompagnati dal Figlio, sollevati dallo Spirito. Un amore più grande, incontrato nei dialoghi da remoto e nei radi approcci personali, attraversa l’arida pianura della giornata.
In rapida sequenza. La dottoressa da trent’anni in carrozzina ringrazia il Signore che opera in lei con la grazia dell’esistenza e la provvidenza degli amici. La coppia relegata in casa, con addosso tanti malanni, è riconoscente per il dono della Sua presenza. La giovane mamma, col marito lontano per lavoro, cammina in riva alla laguna col passeggino del piccolo.
Il dissidio in famiglia non sommerge, ma alla preghiera s’aggiunge la telefonata all’amico che aiuta i due coniugi. La passività della giornata è superata dalla condivisione di un rosario che apre alla speranza. La monotonia della vita dei nonni si riscuote con il sorriso, e anche i capricci, dei bambini. La fatica si riempie di consolazione nella compagnia degli anziani che ripetono racconti e richieste. Il cervello si ridesta e la fantasia saltella nella scoperta e nel confronto con i grandi del passato e del presente, con la letteratura e l’arte e la musica, con la bellezza e la verità che balzano da letture e da virtuosi programmi dei social. Un tratto di benevola carità ti scuote come una sorpresa. Il piccolo mondo si spalanca alle dimensioni del mondo creato da Dio, in cerca della vita.
“Dov'è la Vita che abbiamo perduto vivendo? Dov'è la saggezza che abbiamo perduto sapendo? Dov'è la sapienza che abbiamo perduto nell'informazione?". La domanda di Eliot, il poeta inglese de La rocca, sospinge a un passo di novità. Non ingabbiati nella serra dell’egoismo, ma incamminati sulla riva che apre l’orizzonte. Quanta vita? Quanto cervello, quanto corpo, quanta anima, quanto cuore. Quanto tempo, quanto spazio, quante dimensioni. Quanto sole, quanto mare, quanta pioggia, quanta neve, quanto prato, quanta strada. Quanto?

A me gli occhi

Se il sorriso svanisce sotto la mascherina, negli occhi continua a brillare. Gli occhi: ne vediamo non solo il colore, ma ne intuiamo la profondità. Ci viene dato l’occasione per ‘guardare negli occhi’ le persone vive e per considerare gli occhi dei dipinti, scoprendone la densità e bellezza. Con Luoghi dell’infinito, il mensile allegato al quotidiano Avvenire, nel mese di febbraio ci imbattiamo nell’occhio di Gesù deciso e compassionevole che incrocia l’occhio torvo di Giuda il traditore. Splendono gli occhi di nel ritratto di Antonello da Messina e nella trasfigurazione di Raffaello, e possiamo immaginare l’occhio di Gesù attraverso il velo della Veronica. Veniamo condotti a scrutare i potenti occhi degli dei, in una scorsa panoramica delle religioni. La storia della pittura è piena di occhi, da Giovanni Pisano a Tiziano, da Velasquez a Martini. Ci sono occhi che si proiettano dalle fotografia, nuova arte visiva; tra i protagonisti, l’obiettivo di Steve McCurry, che percorre America e India, Afghanistan e Torri Gemelle. Ci vediamo scrutati persino dagli occhi degli animali. In altre pagine vediamo il ‘crepuscolo rosa’ del Tiepolo in una mostra in corso a Milano, e indugiamo nella vallata dei Walser a Gressoney. Tutto il mondo brilla nei nostri occhi.

Vangelo secondo Marco 1,40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

LONTANI O VICINI?

In questo tempo in cui siamo invitati a tenere le distanze l’uno dall’altro, colpisce ancor più Gesù che tocca il lebbroso con la mano. Gesù apre la strada perché la distanza fisica non diventi distanza del cuore e indifferenza, e non ci chiuda nell’egoismo e nella solitudine. Il suo gesto è l’anticipo di ogni ‘bacio al lebbroso’ che la storia racconta, da San Francesco a Madre Teresa, Padre Damiano e tanti altri, fino a Padre Aldo del Paraguay. Con la grazia di Gesù impariamo a guardare e a trattare le persone come le guarda e le tratta Lui. Allora il mondo comincia a cambiare, da vicino e da lontano.

Vangelo secondo Marco 8,1-10

In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.

COMPASSIONE E AZIONE

Per la seconda volta – riferisce il Vangelo di Marco – Gesù moltiplica pani e pesci. La sua com-passione lo rende partecipe della condizione della folla che lo segue da tre giorni. Tre giorni: il terzo giorno diventa per questa folla il giorno della resurrezione. La compassione di Gesù non è appena un sentimento, ma diventa azione. Non è rimandare ad altri la soluzione, rinunciando alla propria iniziativa. Si comincia dal prossimo più vicino, perché l’onda raggiunga tutti i confini dell’umanità.

 

Vangelo secondo Marco 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

PER ASCOLTARE E PROCLAMARE

Alcuni dei miracoli compiuti da Gesù, oltre al valore storico, hanno anche un grande significato simbolico. La Chiesa rivive nel battesimo il miracolo della guarigione del sordomuto. Il celebrante che sul finale della celebrazione tocca le labbra a le orecchie del bambino, gli augura ‘di ascoltare presto la sua parola e professare la fede’. E’ quello gli accompagnatori del sordomuto fanno subito con entusiasmo, senza attendere che Gesù riveli tutto intero il suo cammino di croce e risurrezione.

Vangelo secondo Marco, 7,24-30

In quel tempo, Gesù andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato.

DA MARIA A GESU’

Sullo sfondo di questa donna che ai piedi di Gesù invoca con decisione la liberazione della figlia, intravvediamo Maria, la madre del Signore. Gesù dalla croce l’ha donata anche a Giovanni come Madre, può dunque venire considerata madre di tutti. Così la considerano i cristiani, che attraverso di lei continuano a presentare a Gesù i malati nel corpo e nell’anima. In questo tempo difficile, a Lourdes, nei santuari e nelle case, affidiamo a Maria piccoli e grandi, malati e sani.

Vangelo secondo Marco 7,14-23

In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

QUESTO NOSTRO CUORE

Gesù guarda il cuore scoprendo che l’origine del male non è fuori di noi, nelle cose e nella natura, ma dentro di noi. In questo modo Gesù ci riconcilia con le cose e gli avvenimenti, che non sono né talismani di benessere nè feticci di sventura. Il cuore umano, corrotto dal male, è da purificare perché il suo palpito si rivolga a ciò che è bello e giusto. Senza incolpare la realtà, chiediamo un cuore capace di desiderare e di compiere il bene.