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Via Crucis 2016 -17Occorre venire trascinati dentro, come il Cireneo. Si viene dai propri lavori, dai contrasti e contraddizioni, e si è buttati dentro un'altra cosa, più grande, più vera, più consistente. Trascinati in un'altra strada, presi da un altro legame.

Come chi, mosso da circostanze esteriori, si ritrova attratto da un amore: così deve essere stato per Maria, per Veronica, per le donne, per Giovanni. Non avrebbero potuto essere altrove, con il corpo e con il cuore. Lì interamente, a guardare. Non ho guardato volti e nemmeno la croce. Sentivo. Le parole del Vangelo, consuete e nuove, e poi le parole trafiggenti di Giussani, lette una partecipazione che ne diceva la verità. Sentivo le parole della vocazione, del volto. Che cosa sono io senza quel volto, senza questa storia che è nata da Lui e per fare incontrare Lui? Senza questa verità che mi raccoglie dalla distrazione, dalle tensioni, dalle divisioni. ...continua a leggere "Quella VIA CRUCIS – lunedì 21 marzo – in solitaria e in comunione"

Vangelo secondo Giovanni 12,1-11

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.
Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

GESU’, L’AMICO

Mancano sei giorni a Pasqua, come oggi. Casa di Betania, ospitale per Gesù, a breve distanza da Gerusalemme, a un corto intervallo dalla sua passione e morte. E dalla risurrezione. Restiamo commossi o scandalizzati dal gesto della donna? Gesù aveva bisogno di quell’accoglienza, di quella carezza, di quel profumo, di quell’amicizia. Egli non è un soldato che va coraggiosamente in guerra, non è un automa che affronta imperterrito il pericolo. Gesù è un uomo che ama, ed è amato: disposto a dare tutto se stesso, ma quanto consolato dal gesto dell’amicizia!

Foto Dom Palme 2016Vangelo secondo Luca 19,28-40

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

INGRESSO nella GRANDE SETTIMANA

Questa gente che accoglie in festa il Signore, siamo noi. Noi, contenti di essere cristiani e di riconoscere Gesù che entra in città, in casa, nella vita. Un momento dopo possiamo girargli le spalle. Di solito non con cattiveria, ma per superficialità: subito qualcosa ci distrae, subito c’è un’altra cosa da fare. Nella settimana santa che si apre oggi, Gesù ci invita a guardarlo, pensarlo, seguirlo. Come si guarda, si pensa e si ama un familiare, un amico: il Dio Figlio, nostro fratello che ci ama fino a dare interamente - e dolorosamente - se stesso.

Gli avvenimenti della giornata si rincorrono come le serpentine di un sentiero di montagna.

Vedi ieri la Via Crucis dalla Madonna del Sagraeto fino ai quattordici quadri della Cattedrale.

Vedi ieri sera quello strano incontro del Vangelo che ha messo una ventina di persone sorprese, di fronte a una domanda: Gesù presente ora, dove lo cerchi? Come la nostra storia ce l'ha fatto incontrare, ce lo fa seguire? Quale concretezza attraverso una comunità, delle persone, dei testimoni? Chi seguiamo, chi guardiamo.  Domande urgenti, sospese, che creano un fremito e aprono una strada.

Vedi stamattina, con quella ventina di ragazzini che hanno fatto il percorso del Giubileo in preparazione alla Prima Confessione che faranno stasera. E poi hanno visto il filmato di Nennolina, attenti. Mi sembravano molto diversi dalla solita distrazione o forzatura o forse dalla noia del catechismo del pomeriggio.

Hai l'impressione di qualcosa che stia accadendo ora. Un cristianesimo che accade, magari a barlumi, a piccoli lampi. Come l'sms di ieri sera, di una famiglia che ringraziava per lo 'strano' incontro di Vangelo, o stamattina dei due coniugi che scrivono. "E' da quando ci siamo alzati che io e mia moglie stiamo riflettendo sulle parole di ieri sera. Quanto prima condivideremo le nostre riflessioni".

Chi sei tu, Signore, che vieni a muovere e turbare la nostra vita, che imperversi ancora dentro la nostra quiete??

Vangelo secondo Matteo 1,16.18-21.24

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
GIUSEPPE, UN UOMO
La festa di san Giuseppe è un respiro. Incontriamo un uomo concreto, innamorato, sposo, padre. Giuseppe viene preso dentro avvenimenti che si svolgono nella massima discrezione, e che pure segnano una storia nuova. Egli può fidarsi di Dio che gli parla in sogno, poiché nello stesso tempo non riesce a dubitare di Maria, l’amata. La sua piccola vita si mette tutta a disposizione di Dio, che viene a stare con noi per morire e risorgere. Dio non fa mai tutto da solo e il sì umano gli permette di fare cose grandi.

 

La Settimana Santa arriva veloce con il vento della primavera. Con una certa fretta ne prepariamo i riti, scuotendoci da distrazione e lontananza, sorpresi dal fiorire dei peschi a lato del parcheggio; la magia della primavera è apparsa all’improvviso. Il Giubileo che continua a riempire la Cattedrale rinnova la percezione che la liturgia non è un calendario di scadenze abitudinarie e di riti impacchettati in formato standard, ma un fatto che accade. La Quaresima ci scuote con la misericordia, la parola del Vangelo e gli avvenimenti che premono. Al venerdì la preghiera della misericordia e il cammino della Via Crucis innalzano lo sguardo al Crocifisso. Il figlio prodigo torna a casa e viene abbracciato dal padre, e la donna sorpresa in adulterio è salvata in extremis da Gesù: la porta della Misericordia si spalanca per tutti. Lo sarà anche per i profughi che premono alle frontiere degli stati? La nostra ‘civiltà mediterranea e moderna’ allestisce pigramente nuovi lager fatti di vento, pioggia, fango, filo spinato, respingimenti. L’Europa si confonde sul senso della vita, della nascita e della morte, dell’amore e della famiglia. Si può vivere così?
Entriamo nella Settimana santa da un'arcata di gioia e trionfo, con Gesù a dorso d’asino, acclamato da grandi e piccini. E’ un breve lampo. Subito il Vangelo mostra l’Uomo condannato e ucciso. La sua vicenda si ripercuote nei nostri entusiasmi e clamori, nei nostri egoismi e tradimenti. La memoria di Gesù che patisce e risorge ci conduce a ritrovare noi stessi, ripercorrendo le fibre del nostro passato e riaprendo la promessa del futuro. La liturgia non è una finzione di teatro; si intreccia con gli avvenimenti e diventa un paragone e una grazia, una sorgente e un albero di vita. Ai tempi delle persecuzioni, nelle prigioni, nei lager e nei campi di sterminio il furtivo gesto liturgico divenne radice di libertà e di caritá. Nel rigore e grigiore dei tempi di Stalin, e nel tacito collaborazionismo delle istituzioni religiose compromesse con la dittatura, la pratica liturgica divenne speranza di salvezza.
Oggi, nell'inverno religioso che ci disperde nelle nostre solitudini e rende i giovani inabili alla fede, la scadenza liturgica sorprende il popolo cristiano. I catechisti si affrettano a presentare la Settimana santa ai ragazzi, altre persone tagliano i rami di olivo, i cori preparano i canti, la carità rinverdisce le giornate e si industria a preparare ‘pacchi’ più sostanziosi; qua e là riemergono le adorazioni delle Quarantore, mentre la preghiera silenziosa o acclamata dei monaci nei conventi e dei cristiani nelle chiese celebra un Amore presente. “Che cosa hai a che fare ancora con noi, o Cristo?”
Nei giorni della Settimana Santa camminiamo nella passione e nella gloria di Cristo, nel sentiero dell'amore interamente donato. Domandiamo di immedesimarci con il cuore di Cristo, mentre partecipiamo alle celebrazioni e mentre studiamo e lavoriamo, mangiamo e riposiamo: perché rinasca l'amore alla vita, risorga la compassione verso l'uomo e il mondo riconosca il giorno della risurrezione.

Vangelo secondo Giovanni 10,31-42

In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

IL FASCINO DELL’IDENTITA’

Andiamo verso la partita finale: i Giudei tentano di lapidare Gesù. Gesù li spiazza con una dialettica incalzante: si dichiara figlio di Dio in quanto consacrato e mandato dal Padre, e rimanda alle opere che gli danno testimonianza. Ma quando il cuore rimane duro, la parola non basta e non passa. Gesù prende respiro e va al fiume Giordano, lì dove era stato proclamato Figlio di Dio. A sorpresa molti lo raggiungono e cedono alla sua testimonianza di parole e di opere. A vincere è il fascino della sua identità proclamata e vissuta.

Una Settimana con Lui

La domenica delle Palme è il portale di ingresso nella Settimana della Passione, Morte, Risurrezione del Signore Gesù. Giriamo in vetta e ci troviamo sotto la Croce. Ci attende la risurrezione. Il percorso dal Mercoledì delle Ceneri al giorno di Pasqua è un modo geniale e semplice di farci gustare la contemporaneità di Cristo. Un cammino per ritrovare noi stessi e renderci partecipi del dramma di ogni uomo, che Cristo attrae a salvezza.
‘Ripercorrere i riti’, è scritto sulla prima pagina del settimanale diocesano. I riti conducono il popolo di Dio dentro il ‘mistero’ del Signore. Gesù viene da Betania, dove ha trovato ospitalità in casa di Marta e Maria e del fratello Lazzaro ridonato alla vita. Casa di amici, luogo di dialogo, di fiducia e conforto. Come se Gesù avesse voluto prepararsi al combattimento prossimo con un ultimo profondo respiro prima di tuffarsi nel mare della passione. Per affrontare una grande prova, bisogna essere presi da un grande amore, da un’immensa attrattiva che diventa formidabile spinta all’azione. Quando l’amore è più grande del dolore, allora è possibile portare il dolore, prendere la decisione di andarvi incontro e dare ‘volentieri’ la propria vita. Nei brevi frammenti di amicizia vissuti a Betania abita un amore che sale dai fondali dell’eternità: l’amore assoluto del Padre verso Gesù e di Gesù verso il Padre. Dopo, la grande avventura può incominciare.
Entriamo anche noi con Gesù a Gerusalemme. E’ facile cantagli la nostra festa, agitando i rami al vento e al sole della mattinata. La festa è troppo breve. Entrando in chiesa, subito il clima cambia; le grandi letture bibliche, combinate con il rosso dei leggii e dei paramenti dei sacerdoti, ci introducono nel dramma della Passione.

dal libro  "La Traversata" Sulle onde dell'anno liturgico, di Angelo Busetto, pp 49-50