Guarda questo video su YouTube:
Inno alla Madonna di Fatima
la vita non è una traversata solitaria…
Leggi nel sito di don Fabio Bartoli "la fontana del villaggio"
NON HORRUISTI VIRGINIS UTERUM
“Con Maria, oggi a Fatima, pellegrino nella speranza e nella pace. Guardiamo a lei: tutto è dono di Dio, nostra forza.” Questo il messaggio di papa Francesco sul suo account Twitter. Lo accompagniamo con la preghiera del Rosario di Maggio
DOVE SONO IO
Gesù vuole che i discepoli siano dove è lui. Li ha chiamati personalmente e ha voluto che lo seguissero nei viaggi tra lago, villaggi, città. Con loro ha incontrato il piccolo mondo di quel tempo, spalancandolo all’orizzonte dell’infinito. Ora i discepoli avvertono che Gesù se ne sta andando. Dove, da chi? L’ultima mèta è il Padre, cioè il compimento del cammino e del destino umano. Possiamo raggiungerlo continuando a stare con Gesù, percorrendo la strada che attraverso la croce conduce al Padre. ...continua a leggere "Venerdì 12 maggio 2017 Santi Nereo e Achilleo, San Pancrazio, martiri 304-305"
La NUOVA BEATITUDINE
Eccoci improvvisamente nella sala del Cenacolo, dopo che Gesù ha lavato i piedi ai discepoli. Si è chinato davanti ad essi, e ora li guarda in faccia, annunciando una nuova beatitudine: mettere in pratica quello che lui ha fatto. Gesù ha fiducia che la sua opera di amore, servizio, carità, proseguirà nei discepoli. Nello stesso tempo, un’ombra gli attraversa il cuore: “Non parlo di tutti voi”. E’ l’ombra di Giuda, il primo traditore. Occorre sempre rinnovare la decisione di seguire Gesù. ...continua a leggere "Giovedì 11 maggio 2017 Sant’Antimo e compagni martiri, inizio sec IV"
Il PADRE E IL FIGLIO
Gesù ripete in modo martellante di essere inviato dal Padre: dice le parole che il Padre gli dice e compie le azioni che il Padre gli concede. La sua vita umana è il confine che dobbiamo attraversare per credere nel Padre che l’ha mandato e avere noi pure la vita, la vita eterna. Il nostro destino, per il tempo e per l’eternità, si decide davanti a Cristo, perché Cristo è la strada umana per arrivare al divino.
Vangelo secondo Giovanni 12,44-50
In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».
AL PORTICO DI SALOMONE
Il portico di Salomone è il luogo dove Pietro, dopo la guarigione dello storpio, annuncerà al popolo la risurrezione di Gesù. Qui i primi cristiani saranno soliti ritrovarsi, riconosciuti da tutti. Gesù – nello stesso portico – avrebbe potuto essere riconosciuto dai Giudei come il Cristo, cioè il Messia, attraverso la testimonianza delle sue opere. Ma essi non hanno la docilità delle pecore che ascoltano e seguono la sua voce. La distanza del cuore impedisce l’accoglienza del dono della fede. ...continua a leggere "Martedì 9 maggio 2017, San Pacomio abate, Alto Egitto 287 – 347"
ALTRE PECORE
Un gregge di pecore conosciute per nome, e nello stesso tempo un gregge che si allarga ad accoglierne altre: il cuore di Cristo si dilata verso tutte le persone che il Padre gli dona da custodire e da guidare. Gesù ha in mente anche le pecore tradite dai mercenari, o lasciate incustodite e quindi che sono state rapite e disperse. Per noi Cristo dona la sua vita fino a perderla. E’ il modo per riguadagnarla, per sé e per tutti. ...continua a leggere "Lunedì 8 maggio 2017, Sa Vittore martire, sec IV-V; Madonna di Pompei"
ABBIAMO BISOGNO DEL PASTORE?
In quale mondo ci conduce il Vangelo? Non appena dentro una suggestiva ambientazione agreste, quale appariva agli occhi di Gesù nella Palestina del tempo. Gesù ha di fronte un mondo sociale e religioso fatto di soprusi e ruberie, estorsioni e delitti. Egli sa di essere il pastore che ama e protegge, chiama per nome e conduce al pascolo.
Ma noi, che ne facciamo del pastore? Sembra che oggi non ci teniamo affatto ad avere un pastore, anche se poi andiamo a intrupparci in un drappello qualsiasi. Eppure l’immagine del pastore commuove. Il pastore è uno di cui conosciamo la voce e di cui possiamo fidarci. Il pastore ci precede, ci fa uscire dall'ovile in campo aperto, con fiducia, certi di un amore, di una compagnia e di un destino buono; non pecore sparse, ma guidate e accompagnate: una Chiesa in uscita fino alle periferie, fino ai confini del mondo. Gesù dice di essere anche la porta dell’ovile: attraverso di lui troviamo protezione entrando, e pascolo abbondante uscendo. Sappiamo di averne bisogno: “Signore, sei tu il mio pastore!”
Vangelo secondo Giovanni, 10, 1-10
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.