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QUANDO MUORE UN PRETE

Sarà perché ho partecipato più volte al rosario del dopocena che per due mesi riuniva via social migliaia di persone a pregare per Anas, don Antonio Anastasio, in lotta strenua con il virus. Forse per questo, pur non conoscendolo personalmente, rimango così colpito dalla sua morte. Gli amici fanno girare una delle sue canzoni, con la sua voce che canta: “…penso a tutti quelli che ho lasciato. A quanto è lunga la strada fino al mare… La festa sta per cominciare, corri e non fermarti amico mio. E’ la festa della fine del male sulle rive del mare di Dio…”. Guidando la preghiera ogni sera, l’amico don Jacques concludeva ripetendo che la ‘situazione rimane gravissima’. Don Anas aveva 59 anni, componeva e cantava canzoni, scriveva libri – qualcuno l’ho letto e passato in giro - insegnava filosofia, seguiva gli studenti, incontrava la gente. Viene ricordato come una personalità intensa e attenta, profonda nella vocazione e desiderosa della missione, rilanciata nell’incontro col carisma di don Giussani. La gratitudine verso di lui rimbalza nelle parole dell’arcivescovo di Milano Delpini e del cardinale Scola, di don Julian Carron e di don Paolo Sottopietra responsabile della Fraternità San Carlo, e nella nota commossa di Marina Corradi nella prima pagina di Avvenire. Quanto potrà mancare alla Chiesa, alla Fraternità San Carlo, agli amici e a tanta gente, la sua persona, la sua opera, la sua presenza? Paragono i miei anni con i suoi, e dico: “Quanto avrebbe potuto ancora vivere…”. E tuttavia sono sorpreso dell’impatto che la sua morte – dopo una fertile vita e l’invasiva malattia – sta provocando. ‘Il miracolo delle persone riunite e pregare per lui’, nota il vescovo Camisasca al funerale. Nell’ultimo Rosario scorrono sullo schermo del computer tanti messaggi. Di botto mi trovo a scrivere: “In profonda condivisione e comunione, la mia e nostra preghiera perché la vita di don Anas accolta in Paradiso porti nuovi frutti di vocazione e missione”. La morte di preti giovani e attivi provoca una lacerazione nel cuore della Chiesa, nel cuore delle persone. Un anno fa, ancora più giovane, don Pierangelo ci lasciava con il suo sapiente e accogliente sorriso. Che ne sarà della nostra Chiesa? Ci sentiamo fremere nel sussulto del dolore, sospinti a condividere il sacrificio della loro vita attraverso la consegna di noi, del tempo che viviamo e delle azioni che compiamo. Ci consegniamo al cuore di Dio, alla sua presenza nel tempo, al Padre che ci ama, al Figlio che entra nelle nostre vite con la sua croce e risurrezione, allo Spirito che consola e accende. Come diceva don Anas: “Conta ciò che amiamo, ciò che ci ama e ci fa vivere per sempre”.

don Angelo Busetto

Vangelo di Marco 12,28-34

In quel tempo si avvicinò a Gesù uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signoreamerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di luiamarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

VICINI AL REGNO

“Non sei lontano dal Regno di Dio”: così Gesù dice allo scriba che lo interroga e che condivide la risposta del Maestro. Come dunque si potrà colmare la breve distanza dal Regno di Dio? Quando parla dei comandamenti, Gesù trasforma la figura del prossimo da amare, invitando a farci noi stessi prossimi verso gli altri. Inoltre, Gesù sospinge ad mettere in pratica i comandamenti. Ci si avvicina al Regno di Dio quando l’amore di Dio ci rende vivi e attivi nell’amore verso il prossimo.

Vangelo di Luca 11,14-23

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde.

LOTTA CONTINUA

Il conflitto tra Gesù e satana non termina con le tentazioni nel deserto. Gesù incontra satana per strada, impersonato negli indemoniati, e svolge opera di sanificazione, liberando quei poveretti. L’azione di satana non è soltanto palese e clamorosa, come in certi episodi del Vangelo; è anche sottile e invasiva. Pervade il cuore di Erode e quello di Giuda, si insinua nelle pieghe di tante nostre buone intenzioni. Occorre stare uniti a Gesù, che scaccia satana con ‘il dito di Dio’, lo Spirito Santo.

Vangelo secondo Matteo 5,17-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

UNA STRADA BELLA

Gesù non disfa la morale che sgorga dal profondo del cuore e che viene specificata nei comandamenti. Non viene ad abolire il tempio e le regole del buon vivere. Ma raccoglie nel tempio persone vive e le manda nel mondo come testimoni della speranza che vince ogni ostacolo, e della carità che non domanda il contraccambio. Dobbiamo avere pazienza con noi stessi, per camminare ogni giorno nella strada che Gesù ci apre, e che percorriamo accompagnati da tanti fratelli e sorelle.

Domenica 14 Marzo 2021, IV di Quaresima, Anno B - Domenica ‘Laetare’ – ‘Rallegrati’

Introduzione del celebrante
Anche noi come Nicodemo veniamo a incontrare Gesù. Lo ascoltiamo nel Vangelo, rivolgiamo a Lui le nostre attese e speranze.

1. Signore Dio nostro Padre, tu ami tanto il mondo da dare il tuo Figlio Unigenito: donaci di ascoltarlo nella Parola del Vangelo, di riconoscerlo nei sacramenti e di accoglierlo nel prossimo,
Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, che sei venuto tra noi uomini come salvatore, accogli i deboli e i peccatori; donaci la gioia della tua misericordia,
Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

3. Spirito Santo, tante persone cercano Gesù di giorno e di notte come Nicodemo; possano incontrare persone e comunità che li accolgono e accompagnano con rispetto e amore,
Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

4. Trinità santa, Padre e Figlio e Spirito Santo, dona ai giovani e ai ragazzi la grazia di incontrare educatori e maestri aperti alla vita e gioiosi nella fede,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
Signore Dio nostro, ti consegniamo la nostra preghiera perché trovi in te il suo compimento. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Spunto della domenica
UNA QUARESIMA DI GIOIA (Bellissima Quaresima!....)

Nel mezzo della Quaresima, la domenica della gioia: Laetare-Rallegrati. Il nostro è un cammino verso la vita e verso la gioia. Gesù ci accoglie, di notte e di giorno, come Nicodemo in ricerca, e ci rilancia. Egli è ‘il serpente innalzato che salva il mondo’. Dietro a Gesù possiamo compiere opere di bene alla luce del sole. In questo tempo di fatica e difficoltà Egli ci libera dall’esilio delle illusioni e delle speranze false e ci conduce a vivere una fede certa, una speranza attiva, una carità attenta. Camminiamo con gli altri seguaci del Signore, in un terra abitata dal sole della sua presenza: vita e gioia.

Vangelo secondo Matteo 18,21-35

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

LA CASCATA DEL PERDONO

Il Signore perdona settanta volte sette, cioè sempre. E noi, quante volte siamo disposti a perdonare? L’esperienza del perdono ricevuto scende a cascata, da noi verso il prossimo. Quanti problemi il perdono risolve, e quanti pasticci crea la durezza di cuore? Anche l’insistenza della pretesa di giustizia, tante volte diventa rovinosa. Non solo per colui dal quale abbiamo ricevuto (o pensiamo di avere ricevuto) un torto, ma per noi stessi. Domandiamo un frammento del cuore di Dio.

 

Vangelo secondo Luca 4,24-30

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

CAMMINA CON NOI

Rischiamo di avere una sottile pretesa nei riguardi di Dio. Vorremmo che compisse le azioni che noi decidiamo, passasse per le strade che noi indichiamo, facesse i doni che noi domandiamo. Dio percorre le sue strade e ci manda in continuazione segnali e suggerimenti che sostengono la nostra fiducia e sospingono la nostra energia. Intanto, ci resta da riconoscerlo all’opera nelle circostanze che viviamo e nelle persone che incontriamo, certi che Gesù cammina con noi.

Vangelo secondo Giovanni 2,13-25

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

SIAMO SUO TEMPIO E SUO CORPO

Il Signore ci raduna nel suo tempio: le nostre belle chiese, antiche o moderne. In questi mesi difficili riscopriamo la grazia di essere chiamati e di radunarci insieme nella nostra chiesa, dove accogliamo la sua parola, celebriamo i sacramenti, ritroviamo i fratelli e le sorelle nella fede. Gesù ci unisce a sé, e noi partecipiamo al suo sacrificio e alla sua vita di risorto. Gesù rimane visibile nel mondo non solo attraverso le Chiese delle città e dei paesi, ma attraverso le persone e le comunità che formano il Suo Corpo.

A quante persone dobbiamo gratitudine per il dono della fede? Certo – dice Gesù a Pietro - la fede non viene da carne e sangue ma la dona il Padre che è nei cieli. Tuttavia Pietro ha compiuto un cammino umano, ha ascoltato le parole e ha visto le azioni di Gesù. Noi pure abbiamo ascoltato le parole e visto le azioni di persone che hanno creduto prima di noi e vicino a noi. Ancor prima di capire ci siamo trovati in un ambiente nel quale la gente pregava – e anche bestemmiava; celebrava le feste – e anche le dissipava; aveva come regola i comandamenti – e anche li tradiva. Dio, la sua legge, la sua provvidenza costituivano l’orizzonte della vita, consapevolmente riconosciuto o polemicamente contraddetto. Nel passaggio dalla giovinezza alla maturità, il panorama si apre, facendo sobbalzare il cuore: un prete ci fa riconoscere Gesù amico, un giovane ci insegna a pregare, incontriamo una compagnia lieta senza essere sbracata. Nell’ambiente di paese e poi di seminario, il cristianesimo è un’esperienza vivace, ciascuno rispondendo alla sua vocazione e al suo compito: studi, lavoro, famiglia, figli. Ragazzi, giovani, uomini e donne, veniamo introdotti a considerare la vita come dono e missione. Alcune amiche o ragazze più grandi entrano in convento, alcuni amici in seminario, altri sono fidanzati.
La mia giovinezza sboccia nel sacerdozio e nella vita pastorale, inserendosi in un torrente di vitalità. Tutt’attorno nell’ambiente delle parrocchie e dei gruppi è un risveglio e un gorgo di iniziative, fra contrasti e fatiche. Ed ecco, nel magma di proposte e di occasioni, spunta un filo d’erba sorprendente di freschezza. Un nuovo incontro fa balenare ‘Colui che è tra noi’. Nel turbinio degli avvenimenti, fiorisce lo sguardo semplice della fede, destando in cuore il punto infiammato di un’attrattiva. Il dono del carisma che rende la vita unita senza disperderne la vitalità, porta il nome di un sacerdote. Don Luigi Giussani – ricordato in questi giorni nel 16.° anniversario della morte - apre a una compagnia di volti, persone, testimonianze semplici e straordinarie; introduce uno sguardo nuovo sulla santità e la cultura, sulla missione e la carità, su Cristo e la Chiesa. Il ridestarsi di tante persone alla fede, e la loro chiara appartenenza alla Chiesa, segnano la bella avventura che ancora continua. Così il Signore Gesù viene a farti compagnia per la vita, fino al presente. Ti chiama per nome e ti ridesta anche nel deserto della pandemia, rinnovando una gioia e una speranza non effimera. Sei preso da profonda gratitudine per il Signore Gesù che vive nella Chiesa e per quanti camminano con te e ti precedono nel fiume della vita.
don Angelo