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Vangelo secondo Marco 12,35-37

In quel tempo, insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo:
“Disse il Signore al mio Signore:
Siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
sotto i tuoi piedi”.
Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?».
E la folla numerosa lo ascoltava volentieri.

GESU’, LA NOVITA’

Ancora a Gerusalemme, insegnando nel tempio, Gesù fa un passo per farsi identificare come Messia e Signore. Il Messia non è solo figlio, cioè discendente, di Davide. Cristo-Messia è ‘Signore’ e questo conduce a identificarlo con Dio. La folla lo ascolta ‘volentieri’ stupìta per la novità dell’insegnamento. Costui parla un linguaggio diverso, che fa supporre un’altra origine e svela un’altra sapienza. Ogni giorno anche noi, come la folla, siamo posti di fronte alla novità di Gesù.

Vangelo secondo Marco 12,28-34

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio».
E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

IL CUORE DELLA MORALE

A Gerusalemme, nei pressi del tempio, Gesù viene ripetutamente incalzato dai rappresentanti della cultura e della religione. Questa volta si apre un dialogo che giunge al cuore della morale: l’amore di Dio e del prossimo. Gesù avrà modo, nel suo insegnamento e nella sua vita, di mostrare che l’amore di Dio si realizza nel dono di se stessi, e l’amore del prossimo non si limita ai vicini. Così Gesù non abolisce i comandamenti, ma li porta a compimento.

Domenica 11 Giugno 2023

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

Corpus Domini, Anno A

Introduzione del Celebrante

Gesù è presente nel segno del pane e del vino per diventare il vero cibo di cui abbiamo bisogno per vivere. Domandiamo a Gesù la grazia di desiderarlo e di accoglierlo.

  1. Signore Gesù, ti ringraziamo per il dono del tuo corpo e del tuo sangue nell’Eucaristia. Donaci la grazia di desiderarti e di accoglierti ogni domenica nella Messa, come vero Pane per il nostro cammino,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, nel dono dell’Eucaristia ci riunisci nella comunione del tuo Corpo che è la Chiesa. Fa di tutti noi un corpo solo e un’anima sola. Edifica nella pace le famiglie, le comunità, e tutto il nostro mondo,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, Ti ringraziamo per il ministero dei sacerdoti che edificano il popolo cristiano nell’Eucaristia. Rendili santi e rinnova il dono della tua chiamata alla vita sacerdotale e religiosa,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, sostieni con il cibo dell’Eucaristia i nostri fratelli perseguitati. (Con l’intercessione dei Santi Felice e Fortunato) Ti affidiamo i cristiani che sono impediti di partecipare alla celebrazione eucaristica,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante

Ci stringiamo attorno a te, Signore Gesù, come gli apostoli nell’ultima Cena.  La celebrazione eucaristica, celebrata nelle nostre comunità, diventi il punto centrale della nostra vita cristiana. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

EUCARISTIA, VITA E UNITA’

L’Eucaristia è il vincolo che stringe in unità il popolo cristiano, le nostre comunità, le nostre famiglie. L’Eucaristia è il pane di vita che sostiene la fede cristiana, la carità che ci apre all’amore vero, la speranza che ridesta le energie, Di questo pane vivo abbiamo bisogno. Tutti i beni del mondo, i cibi, i luoghi, le bellezze, le vacanze, sono insufficienti al cuore dell’uomo e spesso ci dissipano e ci disperdono. Desideriamo ed accogliamo l’Eucaristia che ci fa diventare Corpo di Cristo insieme con i nostri fratelli.

 

 

 Vangelo secondo Marco 12,18-27

In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».

IL PARADISO E’ DI PIU’

Ancora a Gerusalemme. Gli oppositori di Gesù sembrano quasi mettersi in fila per andare a fare obiezioni a Gesù. Qui pensano gli tendono un tranello raccontando la favoletta della donna dei sette mariti. Gesù supera con un balzo l’asticella del loro trabocchetto e lancia lo sguardo sul Paradiso, nel quale esplode la pienezza della vita del Dio vivente, che accogli e supera anche la bellezza e l’intensità dei rapporti umani. Un ‘mistero’ che sperimenteremo alla fine.

“La prova più forte che siamo fatti ad immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione per amare e viviamo per essere amati. Usando un’analogia suggerita dalla biologia, diremmo che l’essere umano porta nel proprio “genoma” la traccia profonda della Trinità, di Dio-Amore”.

(Benedetto XVI, dall’Angelus del 7 Giugno 2009, solennità della Santissima Trinità)

Vangelo secondo Marco 12,13-17

In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.
Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono.
Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».
E rimasero ammirati di lui.

DIO E CESARE

Ancora a Gerusalemme, nei pressi del tempio. Vengono mandati in avanscoperta (da chi, se non dai responsabili del tempio?) farisei ed erodiani, questi ultimi certamente compromessi con il potere romano. Pagare il tributo a Cesare significa riconoscerlo come capo. Gesù è netto e preciso: le monete portano l’impronta di Cesare, quindi gli appartengono. A Dio, cosa appartiene? Tutto. Cesare va riconosciuto fin quando non si sostituisce a Dio. I cristiani dei primi secoli l’hanno proclamato fino al martirio.

Vangelo secondo Marco 12,1-12

In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]:
«Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero.
Ne aveva ancora uno, un figlio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna.
Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri. Non avete letto questa Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?».
E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

LA PIETRA SCARTATA

L’ultimo scorcio della vita di Gesù gira attorno al tempio di Gerusalemme, incrociando capi dei sacerdoti, scribi, anziani. E’ ponendosi in faccia a loro che Gesù parla e agisce. La parabola che racconta è la sintesi della storia di Israele fino a quel momento, fino al futuro che incombe: l’uccisione del Figlio, messaggero di Dio. Gesù va anche oltre. Gli uccisori del Figlio moriranno e la ‘pietra scartata’ diventerà testata d’angolo del nuovo edificio. Un ‘combattimento’ ancora aperto nei solchi della storia.

Che cosa c’entra l’arte con l’alluvione in Emilia-Romagna

Un quadro è inutile, rispetto a pale e idropulitrici, eppure è capace di rimettere a fuoco il senso dell’esserci e dell’avere una speranza per la ricostruzione. Storia di come è nata “La Madonna del fango”

Annalisa Teggi        da TEMPI     31/05/2023

L’arte è inutile, rispetto a un’idropulitrice. Eppure è un gesto artistico che può far intravedere il baluginio di una ricostruzione in Romagna. Non si tratta di connessioni stradali ripristinate, di servizi riattivati, edifici ripuliti e agibili. È una disponibilità alla ricostruzione più profonda, intima, quella senza cui nessun altro gesto utile, operativo, concreto potrebbe davvero tenere. L’arte è l’impronta digitale dell’uomo, lo isola come creatura unica nell’ambito della Creazione. Chesterton sostenne che le pitture rupestri sono l’evidenza che non c’è evoluzione lineare dalla scimmia all’uomo. Quando un essere comincia a disegnare, cioè a riflettere e riprodurre ciò che vede, si è di fronte a una coscienza, un salto portentoso di specie.

Franco Vignazia, La Madonna del Fango

Da quel tempo primitivo nulla è cambiato, per l’uomo delle caverne la lancia era qualcosa di estremamente utile per la sopravvivenza, e però l’arte era compagna indispensabile dentro le fatiche e le gioie dei giorni per risvegliare il bisogno di capire il senso degli avvenimenti. A Forlì le idropulitrici, le pale, i badili e i tira acqua sono strumenti benedetti in queste settimane di fatica dopo il disastro dell’alluvione. Li ha usati anche il pittore Franco Vignazia che però dal fango ha tirato fuori anche un quadro che ha preso il nome di Madonna del fango e che in pochissimo tempo il popolo ha riconosciuto come un segno a cui aggrapparsi per sostenere il peso del dolore e anche della speranza in una città sconvolta.MIl percorso dalla nascita di quest’opera alla sua diffusione è l’opposto dell’autoreferenzialità che domina il panorama attuale. Non c’è un artista talentuoso da applaudire sotto i riflettori, c’è un uomo che mette a disposizione delle anime il frutto della sua maestria e quello che la sua opera genera è una comunità umana che si risveglia. Attraverso il racconto di Franco Vignazia ripercorriamo quel che sta accadendo a Forlì. Tutto comincia dal fango, dall’impatto con la realtà.

Cosa hai visto in queste settimane? Tu e la tua famiglia state bene?

Più di metà della città è stata devastata e ci sono stati anche dei morti. Non essendo stati colpiti direttamente, io e mia moglie siamo andati a dare una mano agli amici. Anche la casa in campagna di mio suocero è stata colpita. È in via Argine Montone e il nome dice tutto. Lì l’acqua ha buttato giù reti, muretti, frutteti e dentro casa ha distrutto tutto quello che ha trovato. Per noi è un luogo caro, certo, ma è il posto dove andiamo d’estate con le famiglie. Tanti hanno visto spazzata via la sola e unica casa di proprietà. La scorsa notte mi è venuto da pensare al diluvio universale, Dio poteva fare di tutto. Poteva mandare il fuoco e invece l’acqua è la vera devastazione, perché copre davvero ogni cosa. E anche certe filastrocche testimoniano che tra gli elementi naturali l’acqua è potentissima. Nella canzone di Branduardi Alla fiera dell’Est l’acqua arriva verso la fine, sovrasta il resto: «E venne l’acqua, che spense il fuoco, che bruciò il bastone, che picchiò il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo che al mercato mio padre comprò».

Nell’Apocalisse si dice che quando verranno cieli e terra nuova non ci sarà più il mare. L’acqua è davvero un elemento devastante. E in mezzo a questo diluvio di fango tu ti sei messo a dipingere? Qualcuno direbbe che nel pieno dell’emergenza fare un quadro è una cosa inutile.

A proposito di cose inutili, una delle amiche carissime che abbiamo aiutato è una signora, vedova, a cui l’alluvione ha interamente allagato la casa. L’hanno evacuata in gommone e una delle sue grandi preoccupazioni era perdere tutti i ricordi della sua vita e di suo marito. Molti arredi e oggetti domestici sono irrecuperabili perché il fango è impregnato di tutte le sostanze che c’erano nel fiume, anche velenose. Il fiume si porta dentro di tutto. In mezzo alla roba infangata della nostra amica c’era un servizio di tazzine blu col bordo bianco regalatole per le nozze. Mia moglie Rosangela si è messa a pulire quelle tazzine, le ha deposte in una cassettina avvolgendole una a una nei fogli di carta assorbente. Da un certo punto di vista salvare delle tazzine in mezzo al disastro è proprio un niente, una roba inutile. E però questo gesto è bastato per sciogliere un po’ di dolore nel cuore della nostra amica.

L’opposto della furia impersonale è una coscienza che mette a fuoco e custodisce ciò che ama. Forse è lo stesso motivo per cui hai lasciato per un po’ la pala e hai preso i pennelli in mano?

Dopo due giorni di lavoro nel fango sono tornato a casa trattenendo alcune cose. La prima riguarda il colore, proprio il colore del fango. Si può davvero dire: cinquanta sfumature di fango. C’è questa polvere gialla e grigia nell’aria, un borotalco che appanna la vista. Per terra ci sono tinte tra il verde marcio e il beige e il grigio. Di per sé è un colore anche bello in alcuni punti. Sembrava che stesse vincendo lui, sotto. Ma sopra il fango c’era una marea di giovani e meno giovani, tutti armati di pale e tira acqua, ed è questo popolo che vince il fango. Non vince rispetto al lavoro, perché la fatica sembra non aver mai fine visto che il pantano risale dopo che l’hai tolto, vince rispetto all’amore. Sopra la coperta di paura del fango ci sono tantissimi gesti di dedizione e cura. L’altro aspetto che ho trattenuto sono i segni chiari attraverso cui la Madonna, come mamma, si è manifestata. Alcune edicole mariane sparse nella campagna romagnola hanno retto in mezzo alla distruzione più totale, ad esempio ci sono vigne rovesciate insieme ai pali di cemento che le reggevano. In un ufficio completamente sommerso e con ogni sorta di documenti cartacei impregnati di fango è stata trovata una scatola di cartone asciutta contenente tre immagini della Madonna del Fuoco, la protettrice di Forlì.
E non sono solo i fatti in sé a colpire, ma come le persone hanno letto questi segni. C’è una disponibilità ad accogliere la certezza che qualcosa di più grande di noi operi nel mondo. Dopo tutto questo sono arrivato a casa e ho cominciato a disegnare.

Cosa vediamo nel quadro della Madonna del fango?

Al centro c’è la Madonna in mezzo a un mare di fango, ci sono gli strumenti da lavoro e stringe a sé con un braccio una famiglia. Attorno altre persone si avvicinano alla famiglia. In questi giorni concitati mi sono reso conto che il lume della fede che ciascuno si porta dentro si trasmette per attrazione. Le altre figure si avvicinano alla famiglia stretta a Maria perché sono attratte dal bene che vedono presente in loro. E con l’altro braccio Maria apre il suo gesto di accoglienza anche a chi è fuori dal quadro, a noi che siamo lì attorno. I colori sono quelli che ho visto per le strade: il verdolino, il marrone e l’ocra. L’unico punto luminoso è attorno al capo di Maria, quella è la luce a cui rivolgiamo gli occhi. Una volta finito il quadro ne ho mandato una foto al mio amico Fabio Turchi e nel giro di due ore lui ha composto una poesia in dialetto sulla Madonna del fango. Poi quest’immagine si è diffusa da un contatto all’altro e nel giro di pochissimo sono cominciati ad arrivare messaggi e riscontri.

Questo è il punto in cui l’essenzialità dell’arte, e non tanto la sua utilità, si mostra. Il quadro rende evidente il bene e tutto attorno comincia a muoversi, pieno di una consapevolezza che fortifica e rinfranca. Tu, come artista, sei contento che un’opera ti sfugga di mano?

È sempre così, c’è un senso di perdita. Finita un’opera so che non m’appartiene più. In questo caso però sono davvero attonito rispetto a ciò che vedo accadere. Nella gente c’è una sete e un desiderio che si accendono subito quando un segno glielo permette. L’immagine della Madonna del fango ha cominciato a girare in maniera assurda e nel diffondersi porta a galla testimonianze di fede commoventi. L’ho mandata al nostro vescovo e lui l’ha voluta alla prima messa domenicale che si è riusciti a celebrare dopo l’alluvione nella parrocchia più disastrata di Forlì. È stata proiettata anche durante una celebrazione a Lugo di Romagna. Ma è arrivata anche molto lontano. Un padre missionario della comunità di Villaregia, che adesso è in Costa d’Avorio, ha scritto una preghiera ispirato dall’immagine. Una mia ex alunna, oggi infermiera, mi ha riferito che le è arrivato un messaggio perfino dall’Afghanistan da una sua collega lavora là con una Ong. Questa collega, atea dichiarata, ha ricevuto in qualche modo l’immagine della mia Madonna e ha commentato: «Guarda quanto l’arte può aiutarci». Può aiutarci perché è capace di rimettere a fuoco il senso dell’esserci e dell’avere una speranza per la ricostruzione di una comunità.

 

L’uomo, l’opera, la fede

A centocinquant’anni dalla morte di Alessandro Manzoni, si riaccende il cammino di scoperta dell’intera sua opera e della sua figura. Per molte persone Manzoni rimane ingabbiato nella trama delle letture scolastiche; vengono ricordati alcuni brani dei Promessi Sposi, splendidi di luce o carichi di dramma, e tuttavia ormai appannati dall’abitudine. In questo contesto, tra le iniziative di risonanza nazionale ci raggiunge la bella sorpresa del numero di maggio di Luoghi dell’infinito, un orizzonte aperto sulla figura di Manzoni. Con una finzione letteraria che sembra evocare l’incipit del grande romanzo, è Manzoni in prima persona a raccontare ‘il romanzo della sua vita’ con date e fatti. Nei successivi interventi della rivista, il percorso della vita e dell’opera di Manzoni viene rievocato con interessante evidenza: l’infanzia e la giovinezza, ‘abbandonato’ dalla madre che rivedrà poi a vent’anni; la conversione al cattolicesimo, dapprima nella sua forma giansenista e poi nella serenità gioiosa e aperta di una fede autentica; il matrimonio con Enrichetta Blondel, che morirà nel drammatico Natale del 1833, la morte di alcune figlie; l’intera sua produzione letteraria, anche nel contesto dell’Italia risorgimentale. Emerge con evidenza che l’opera di Manzoni è ‘informata’ dalla fede: le ‘Osservazioni sulla morale cattolica’ e la ‘rivoluzione’ degli Inni Sacri, le varie redazioni del grande romanzo, che documentano il maturarsi del cammino cristiano, i rapporti amichevoli, in particolare con Rosmini, la vita pubblica e ‘politica’ fino alla nomina a senatore del neonato ‘Regno d’Italia’. Notevole l’indagine - nel romanzo - sul rapporto di Manzoni con la storia e con la Bibbia, come pure la sottolineatura della ‘gloria’ del cristiano a partire dal basso, cioè dall’umile condizione di Renzo e Lucia, figure di quel cristianesimo vissuto che troviamo impersonato anche in Padre Cristoforo e nel Cardinal Federigo. ‘I Promessi Sposi’: un romanzo ‘popolare’ anche nel senso della partecipazione del popolo ai grandi avvenimenti della storia, come le incursioni degli eserciti e la peste; con una ricca serie di personaggi minori, citati per nome o senza nome, che arricchiscono la vasta tavolozza dell’umano. Manzoni viene presentato nel suo rapporto di riscoperta e di rilancio della lingua italiana e nel riflesso della sua opera l’arte, il cinema, gli studi letterari e scolastici. Un vasto panorama, una bella scoperta, utile anche a chi credeva già di sapere. Si rinnova la ‘tentazione’ di riprendere – per l’ennesima volta – la lettura del romanzo più famoso della storia letteraria italiana.

I PROMESSI SPOSI, storia di un popolo cristiano

Ed ecco, già pronta sul tavolo, una nuova edizione del grande romanzo. Questo volume de ‘I Promessi Sposi’ si distingue per vari aspetti. Subito evidenti le grandi illustrazioni, in un bianconero parlante, ad opera dei fratelli Gregori, riprese dalle edizioni di Famiglia Cristiana. Poi i commenti e le note a cura di Giuliano Vigini, noto critico letterario che si è occupato a più riprese di letteratura religiosa. Oltre a fornire le necessarie spiegazioni letterarie, storiche e geografiche, le note entrano nel cuore della vicenda, svelando l’anima del romanzo, cosicché il lettore viene amabilmente trattenuto all’interno della pagina, a indugiare con lo sguardo su un paesaggio, un personaggio, sul senso degli avvenimenti, gustando le parole precise e vive con le quali Manzoni ci rende partecipi di quel che accade: come lo scorrere quieto dell’acqua di un fiume ampio e solenne. Da questo fiume si dipartono tanti affluenti che descrivono le fogge dei vestiti, riferiscono dialoghi in presa diretta, svelando un teatro di personaggi in una narrazione con il sapore dell’epopea. All’interno del racconto dei fatti e delle descrizioni di persone e cose, si delinea una trama che tutti coinvolge, segnata dal guazzabuglio delle avversità, dei contrattempi, delle intenzioni e azioni maligne, attraverso cui la Provvidenza tesse il filo che coinvolge singole persone, raggruppamenti di popolo, l’intero mondo: “La c’è la Provvidenza”. I personaggi ‘presi dal popolo’ emergono come protagonisti di una storia grande; Lucia fra tutti, fino al punto che qualcuno ha dichiarato trattarsi del ‘romanzo di Lucia’. Un romanzo ‘cristiano’, non in senso devozionistico, ma come racconto di vite sante o peccatrici, in una vicenda che in finale va a planare nella descrizione di una famiglia serena e felice. Manzoni lo dichiara e lo racconta: Dio “non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e maggiore”.

Alessandro Manzoni, I PROMESSI SPOSI, Commento di Giuliano Vigini. Illustrazioni e disegni di Nino e Silvio Gregori, San Paolo, Milano 2023, pp 888 € 25,00

Angelo Busetto