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RICERCA DI SENSO, DOMANDA DI FELICITA’

La nuova edizione de Il senso religioso di Giussani, con prefazione del cardinal Bergoglio

Percorrere le pagine di questo libro è come sfogliare la mappa del continente umano: di pagina in pagina l’orizzonte si amplia e si approfondisce. Ho tra mano la ventunesima edizione – marzo 2023 - de Il senso religioso di Giussani, BUR saggi, con la prefazione del cardinale Bergoglio che, nella presentazione dell’edizione spagnola del 1998 a Buenos Aires, esprime “un doveroso atto di gratitudine verso monsignor Giussani” e dichiara che questo libro “è per tutti gli uomini che prendono sul serio la propria umanità”. Uscito per la prima volta nel 1986, le sue radici si trovano in un libretto pubblicato nel 1957 a cura della Giac (Gioventù italiana di Azione Cattolica) della diocesi di Milano. Quello attuale è il testo di Giussani più diffuso nel mondo, tradotto in più di venti lingue: oltre a quelle europee, anche arabo, albanese, cinese, giapponese; con l’aggiunta di traduzioni nelle lingue locali degli 80 paesi del mondo dove è presente Comunione e Liberazione. Il testo riproduce sostanzialmente il contenuto degli incontri e delle lezioni di don Giussani con gli studenti del liceo Berchet di Milano dove insegnava religione, e poi dell’Università Cattolica. In parallelo, nei podcast reperibili sul sito di CL è possibile ascoltare dalla viva voce di Giussani le lezioni che affollavano l’aula dell’Università Cattolica.

Dove sta il motivo di un interesse così vasto? Giussani parla all’uomo reale, incrocia le esigenze – e le evidenze - fondamentali di ogni persona, e arriva a scovarle nel profondo del cuore: il desiderio di verità, giustizia, felicità che ci fa vivere e ci mette in moto. Che cosa risponde, che cosa ci basta? Chi è l’uomo, chi sono io? La sorpresa è scoprire se stessi e la realtà come un ‘dato’: l’essere mi viene donato. Giussani evoca un paragone suggestivo: ”Supponete di nascere, di uscire dal ventre di vostra madre all'età che avete in questo momento, nel senso di sviluppo e di coscienza cosi come vi è possibile averli adesso. Quale sarebbe il primo sentimento, cioè il primo fattore della reazione di fronte al reale?” Risponde: “Il contraccolpo stupefatto di una presenza, delle cose, dell’essere, che non faccio io, ma mi si impone”.  Impegnandomi con la vita, ‘vivendo intensamente il reale’, scopro il mio bisogno di infinito, e giungo alle soglie di una risposta che potrebbe venirmi incontro. La posizione più ragionevole è non eliminare la domanda, non tagliare la ricerca, non eludere la possibilità di una risposta ‘altra’.

L’autore procede in un dialogo appassionato con giovani e adulti, e nel paragone con i grandi del passato e del presente; rilegge Leopardi che guarda l’infinito, la donna e le stelle, ed evoca Platone, secondo il quale la traversata del Pèlago della vita risulterebbe più agevole «con l’aiuto della rivelata parola di un dio. Il libro è stato presentato martedì 2 maggio nel Teatro Dal Verme di Milano, in collegamento con centinaia di sale in Italia e nel mondo, in un dialogo tra il teologo spagnolo Javier Prades e la giornalista Irene Elisei. Il senso religioso costituisce la prima tappa del PerCorso di Scuola di Comunità, aperto a tutti, che si svolge a gruppetti con scadenza settimanale o quindicinale; per la diocesi di Chioggia, segnaliamo un primo appuntamento per mercoledì 17 maggio ore 21 al pianterreno della Chiesa di Borgo San Giovanni, con ingresso libero. Info: ass.giannaballarin@gmail.com

Luigi Giussani, Il senso religioso, Volume primo del PerCorso, Prefazione di Jorge Mario Bergoglio, BUR saggi, 2023, pp 220 € 10,00

Angelo Busetto

UNA STORIA E TRE PROTAGONISTI: GESU’, PILATO, IL ROMANZIERE

Càpita di trovarsi in mano questo libro, e di mollarlo appena dopo poche pagine, sconcertati e forse scandalizzati dalla sua impostazione. Gesù viene presentato come un uomo smarrito, in cerca della sua identità; il racconto si svolge audacemente in prima persona, a partire dalla sera della condanna, e rievoca l’infanzia, i sogni e i fatti, anche quelli mai raccontati dal Vangelo e nemmeno registrati dagli apocrifi. La voglia di chiudere il libro prevale.

Chi è l’autore di queste pagine? Il suo nome spunta da qualche rivista e giornale. Eric-Emmanuel Schmitt è nato nel 1960 in Francia. Il suo primo amore non è stato la letteratura, ma la musica e la filosofia. Verso i trent’anni, un fatto gli cambia la vita. Di famiglia anticlericale e di formazione atea e poi agnostica, in un viaggio nel deserto del Sahara, ‘quella notte sotto le stelle’ lo rivolta. Comincia a credere in Dio, e in un’altra notte legge di seguito i quattro Vangeli, trovandoli veri anche in forza delle loro dissomiglianze. Si appassiona a Gesù, ma il suo sguardo non si rassegna alle frasi religiose ripetute e alle immagini oleografiche abituali. Ecco allora questo ‘romanzo’ in cui Gesù è immaginato ‘diverso’, come un ragazzo e un uomo che non sa di essere il Messia e si trova coinvolto in una vicenda che lo supera, ed egli vi si immerge, arrivando all’ultima frase registrata sulla croce: “Padre mio, perché mi hai abbandonato?”.

Fin qui il primo spezzone del libro. Segue un racconto con il doppio di pagine, dove il protagonista, che parla ancora in prima persona, è Pilato, il quale scrive una serie incalzante di lettere “all’amico Tito”. La sorpresa prosegue. Il primo contatto di Pilato con Gesù avviene attraverso la moglie che, dopo un pomeriggio trascorso con Gesù, si ritrova guarita dal flusso di sangue che la tormentava.

Il linguaggio di Pilato nelle lettere è raffinato, elaborato, pronto a registrare i fatti esteriori e i moti dell’anima. Entriamo nel vivo della condanna di Gesù, sulla falsariga del racconto evangelico. La parte più sorprendente ed emozionante corrisponde ai giorni che seguono la morte e sepoltura di Gesù, fino e oltre la scoperta del sepolcro vuoto. Qui Pilato agisce come un detective privato, indagando a tutto spiano su una scaletta di ipotesi successive. Prima l’indagine in casa di Giuseppe d’Arimatea, che potrebbe avere nascosto il cadavere di Gesù, poi in casa di Caifa, poi da Erode, e via esaurendo tutte le vie della ricerca, in un una tensione progressiva. Lasciamo al lettore l’emozione di percorrere i vari livelli della inutile investigazione di Pilato, fino alla conclusione.

Il libro tuttavia non finisce con le lettere di Pilato. C’è ancora una terza parte, che è un ‘racconto del racconto’, Diario di un romanzo rubato. Il nostro autore narra di avere subìto un furto atroce. Gli sono stati rubati i due computer e i dischetti della prima stesura dell’intero romanzo. E intanto l’editore preme. Si butta allora in una affannosa riscrittura, quella che poi viene data alle stampe e che mi ritrovo tra le mani. Ci viene riservato ancora un estremo colpo di coda, che sbuca improvviso nell’ultima pagina e che lasciamo lettore come sorpresa finale.

La perfetta coincidenza della lettura di questo romanzo con l’ultimo scorcio della Quaresima e con la Settimana Santa fino al giorno di Pasqua, ha reso il libro ancora più appassionante e realistico, nonostante alcuni risvolti improbabili e favolistici.

Eric-Emmanuel Schmitt, Il Vangelo secondo Pilato, ed San Paolo, Milano 2013, prima edizione buc pp 348 € 9,00

IL TEOLOGO E LO PSICANALISTA

Si torna a parlare di fede. Non solo dei contenuti della fede, che vengono ricercati e meditati per ritrovare ciò che muove la vita e la sostiene. Ci si domanda che cosa vuol dire credere, perché e come e con chi si crede. Particolarmente interessante è quando, a dialogare su questo terreno, si incontrano un credente cristiano e una persona che si dichiara non credente. Sarebbe stato particolarmente interessante vedere dal vivo, l’uno accanto all’altro, don Juliàn Carron, già presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione e professore di Teologia all’Università Cattolica, e Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista. Avremmo avuto quasi l’impressione di due treni che corrono l’uno accanto all’altro, con i passeggeri che tentano di parlarsi dal finestrino, e a volte – per poterci chiarire – si scambiano messaggi con il cellulare. Questo per dire che tra i due esiste una zona di condivisione, ed è la domanda, la ricerca onesta e diuturna di una risposta su quanto riguarda il senso della vita; si percorrono a volo d’uccello i continenti della storia e della scienza e del vivere odierno attraversato da immense possibilità e da drammi. C’è pure l’esperienza personale, di una vita colpita da avvenimenti problematici e drammatici nel caso di Galimberti, e segnata da un incontro di grazia per Carron. Dove si colloca la differenza che attraversa tutto il dialogo? A Galimberti sembra bastare un impegno di vita per il presente, una giustizia e una verità che raggiunga per quanto possibile l’orizzonte dell’umanesimo greco e contemporaneo, teso al bene proprio e di tutti. Carron attraversa il mare e apre alla dimensione dell’eterno e dell’infinito, planando verso una risposta piena e definitiva. E’ la differenza che deriva dal dono della fede e dell’esperienza cristiana. E tuttavia i due si guardano, si stimano, osservano l’uno il percorso dell’altro. Percorrendo queste pagine ‘valorose’, al lettore non rimane che affidarsi al Mistero che ci supera tutti e che – in questo ‘frattempo’ della nostra storia umana – ha messo lungo la nostra strada, dei segnali che lo fanno riconoscere come compagno di cammino.

Juliàn Carron in dialogo con Umberto Galimberti, Credere, Piemme 2022, pp 112 € 16,90

Angelo Busetto

IL PACIFICATORE UNIVERSALE

IL RACCONTO DELL’ANTICRISTO

Scritto alle soglie del ‘900 il racconto di Soloviev intravvede il dramma del nostro tempo

Collocare una persona nel contesto del suo tempo e della sua cultura, può risultare laborioso, soprattutto se si tratta di un grande pensatore e scrittore. Vladimir Soloviev è scrittore russo nato nel 1853, morto nel 1900, è noto in Occidente almeno per il famoso ‘racconto dell’Anticristo’, spesso ricordato nel suo nucleo essenziale. Trovarsi alle prese con I tre dialoghi che lo precedono e in qualche modo lo introducono, fra scontrare con la complessità del procedimento dialogico tra vari interlocutori e con l’impaccio di molti riferimenti estranei alla storia e alla cultura. Le argomentazioni dei tre dialoghi trattano in primo luogo del tema del male che rischia di prevalere sul bene, e della guerra, variamente interpretata dal punto di vista etico e culturale. Si impone infatti il discorso sulla ‘educazione’, nel quale primeggia la cultura europea o comunque occidentale e russa, alla quale tutti i popoli della terra dovranno piegarsi, essendo considerata come il top della civiltà. Su questo sfondo, l’unificazione dell’Europa è un tema che campeggia, insieme con l’ideale teocratico, che dà prevalenza alla Chiesa, in specie cattolica.

Il complesso svolgimento dei tre dialoghi, nei quali gli interlocutori propongono tesi discordanti, conduce a uno sbocco sorprendente. Uno dei personaggi, il Signor Z, va a prendere un manoscritto e si mette a leggerlo nella piccola compagnia.
Il racconto sembra muoversi alla lontana, con l’invasione del ‘panmongolismo’ che dal Giappone alla Cina si estende a dominare il mondo, subendo alla fine un improvviso rovescio. A un certo punto della storia, spunta ‘un uomo ragguardevole’ che man mano raccoglie su di sè tutte le virtù e le doti  della condizione umana più pregevole e si impone al cospetto del mondo come punto di sintesi e di unità tra le varie nazioni. Assume in sé la condizione del Messia, sostituendosi a Cristo nella missione di benefattore e salvatore dell’umanità. In un crescendo grandioso, avvince tutto il mondo con un’opera da lui scritta, La via aperta verso la pace e la prosperità universale, che lo conduce ad essere acclamato come uomo del futuro e imperatore del mondo. L’ultima sua impresa è la convocazione a Gerusalemme di un Concilio Universale, con i rappresentanti e con il popolo di tutte le religioni, in particolare il Cattolicesimo, il Protestantesimo, l’Ortodossia, che egli gratificherà di particolari privilegi corrispondenti alle caratteristiche di ciascuno, e condurrà a unità e pace. A un’unica condizione: essere riconosciuto come ‘vostro vero capo’. Incalzano le sequenze del dramma. Uno dopo l’altro, Papa Pietro, lo staretz Giovanni e il dottor Pauli, tre rappresentanti rappresentanti delle tre confessioni cristiane prendono le distanze dall’imperatore.                                                                                 Ed ecco la vetta del racconto: (p 271-2)

Con accento di tristezza, l'imperatore si rivolse a loro dicendo:«Che cosa posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che volete da me? Io non lo so. Ditemelo dunque voi stessi, o cristiani abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; che cosa avete di più caro nel cristianesimo?». Allora simile a un cero candido si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui Stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, noi siamo pronti a ricevere ogni bene, ma soltanto se nella tua mano generosa noi possiamo riconoscere la santa mano di Cristo. E alla tua domanda che puoi tu fare per noi, eccoti la nostra precisa risposta: confessa, qui ora davanti a noi, Gesù Cristo Figlio di Dio che si è incarnato, che è resuscitato e che verrà di nuovo; confessalo e noi ti accoglieremo con amore, come il vero precursore del suo secondo glorioso avvento». Egli tacque e piantò lo sguardo nel volto dell'imperatore. In costui avveniva qualche cosa di tremendo. Nel suo intimo si stava scatenando una tempesta infernale, simile a quella che aveva provato nella notte fatale. Aveva perduto interamente il suo equilibrio interiore e tutti i suoi pensieri si concentravano nel tentativo di non perdere la padronanza di se stesso anche nelle apparenze esteriori e di non svelare se stesso prima del tempo. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull'uomo che gli aveva parlato e sbranarlo coi denti. A un tratto sentì la voce ultraterrena a lui ben nota che gli diceva: "Taci e non temere nulla". Egli rimase in silenzio. Pero il suo volto, rabbuiato e col pallore della morte, era divenuto convulso, mentre i suoi occhi sprizzavano scintille. Frattanto durante il discorso dello starets Giovanni il gran mago che stava seduto tutto ravvolto nel suo ampio mantello tricolore che ne nascondeva la porpora cardinalizia, sembrava occupato a compiere sotto di esso arcane manipolazioni, i suoi occhi dallo sguardo concentrato scintillavano e le sue labbra si movevano. Dalle finestre aperte del tempio si scorgeva avvicinarsi un'enorme nuvola nera. Lo starets Giovanni che non staccava i suoi occhi sbigottiti e spaventati dal volto dell'imperatore rimasto ammutolito a un tratto diede un sussulto per lo spavento e voltandosi indietro gridò con voce strozzata: «Figlioli, è l'Anticristo!»….

Il racconto procede fino alla venuta del Messia Cristo dalle nubi del cielo.

Vladimir Soloviev, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo,                                            Prefazione di Luigi Maria Epicoco, EDB Bologna 2021

IL GERMOGLIO DEL PERDONO

Fino a che punto si può raccontare se stessi, il cuore travolto da una sofferenza che di per sé è indicibile? Occorre che il buio si diradi, il vuoto torni ad essere abitato, la strada nuovamente si apra. Un marito viene violentemente strappato alla moglie venticinquenne che è in attesa del terzo figlio: la pianta folgorata dal fulmine. La vicenda di Gemma, vedova del commissario Calabresi ucciso dalle Brigate rosse esattamente nel 1972, cinquant’anni fa, era andata svelandosi in questi ultimi mesi attraverso testimonianze e articoli apparsi in riviste e social, dopo che nel 2017 era stata sinteticamente raccontata, accanto ad altre storie analoghe, dal figlio Mario. Ora è lei a raccontarsi in prima persona. Scrive nelle prime pagine del libro: “Ho 75 anni, non so quanto ancora durerà questo mio viaggio qui. Scrivo questo libro per lasciare una testimonianza di fede e di fiducia. Per raccontare l’esperienza più significativa che mi sia capitata nella vita, quella che le ha dato un senso vero e profondo: perdonare”.                                                                                                                  Il drammatico cammino che conduce al perdono e al riscatto della sua stessa vita, Gemma lo inizia già a poche ore dall’assassinio del marito, quando sua madre le suggerisce la frase di Gesù in croce, da mettere nell’annuncio funebre: ”Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Un lungo travaglio, con i giornalisti alle costole, il tormentone dei processi avendo davanti i volti immobili degli imputati. Suo padre la sollecita a riprendere il lavoro: insegnerà religione. E’ un passaggio provvidenziale. Proprio nell’ambito della scuola incontra colui che diventerà il secondo marito e che la accompagnerà nella memoria feconda del suo dramma. Nasce il quarto figlio e la crepa del cuore si allarga maggiormente a far trasparire la luce.                                                                                                                            Il trascorrere degli anni, gli incontri con gli attori del delitto e qualcuna delle loro madri, il nuovo dramma per la morte anche del secondo marito, tutto diventa strada di verità, domanda di vita, esperienza di perdono. Siamo fatti per il bene. Il bene dell’accoglienza e della misericordia, che prima di alleggerire il peso sulla coscienza dei colpevoli, è esperienza di liberazione per la protagonista. I tempi bui che hanno attraversato l’Italia vengono schiariti da una luce che apre alla vita. E’ un lampo di riconciliazione capace di risanare altri cuori feriti dai drammi della vita. “E’ stato, ed è, un viaggio di amore e di libertà. Ho fatto tutte le salite: ho le gambe forti e il cuore pieno. Ho dato tanto, ho ricevuto tanto. Grazie”.

Gemma Calabresi Milite, La crepa e la luce, Sulla strada del perdono. La mia storia, Mondadori 2022, pp 136, € 17,50

Angelo Busetto

Otto storie d’amore nel comunismo

Quanta storia in queste otto ‘storie d’amore nel comunismo’. Storie di persone che si incontrano, si innamorano, si sposano, generano e crescono i figli, nel crudo panorama della Russia sovietica, si intersecano con la persecuzione tagliente, tormentosa, progressiva di un regime cieco e perverso. La recrudescenza dei tempi di Stalin allunga i tempi delle detenzioni, uccide le persone e demolisce la personalità.   Che cosa sorprende in questi racconti? Il fatto della memoria, cioè della custodia nel cuore: lo sposo assente per detenzione in un luogo lontano porta nella mente e nel cuore la sposa, e viceversa. Si svelano l’intensità e la verità dell’amore, che resiste anche nel vuoto della distanza.

«Che cosa chiedere, se non di “entrare insieme nell’alba radiosa della Pasqua”? Ho fatto Pasqua da solo, ma sapendo con certezza che tu saresti andata alla liturgia ci sono stato anch’io, e ho provato una grande pace, un grande benessere. Vuol dire che eravamo insieme». Così Sergej Fudel’ scrive alla moglie Vera; i due vivono separati da grande distanza: lei manda avanti la vita familiare, con numerose bocche da sfamare; lui in una località sperduta della Russia del nord.

Le testimonianze registrano una fitta documentazione di solidarietà tra parenti e amici o anche tra persone che prima non si conoscevano. Sorprende la partecipazione dei figli, spesso ancora molto piccoli, che non dimenticano la figura del padre. Sullo sfondo del regime bolscevico che nasce dalla rivoluzione russa del 1917 e si protrae fino alla morte di Stalin nel 1951 e addirittura fino alla caduta del regime comunista nel 1991, davanti al lettore sfilano personaggi divenuti celebri anche in Occidente, come Nadežda e Osip Mandel’štam, uno dei più grandi poeti del XX secolo, oppure Kamila e Václav Benda, uno dei filosofi che hanno preparato la «rivoluzione di velluto» in Cecoslovacchhia. C’è anche la storia di un prete teologo che in vario modo accompagna varie copie nella resistenza e nella novità cristiana attraverso l’insegnamento dei contenuti della fede. Ci sono testimoni e fautori di una resistenza e di una rinascita umana e cristiana, operatori di scelte coraggiose che si scontrano con difficoltà e restrizioni assurde, fino alla reclusione o alla fucilazione e al martirio. “Queste famiglie - nota Carlotta Dorigo - sono dei veri rivoli di acqua nuova; attirano parenti, amici, esuli, membri della Chiesa clandestina, monache rimaste senza dimora, gente che compariva e scompariva nell’arco di una notte, e di cui era meglio non conoscere l’identità per evitare di lasciarsi sfuggire informazioni nel caso di un interrogatorio. Nel contesto odierno, tra pandemia e guerre, queste storie assumono una particolare attualità perché testimoniano una speranza possibile in ogni condizione e circostanza, nella concretezza di scelte che affermano la tenerezza dell’amore coniugale, l’attaccamento all’unità familiare, un amore carico di abnegazione per i figli, la passione educativa, l’esperienza del perdono e della solidarietà”.

Angelo Bonaguro, Marta Dell’Asta, Giovanna Parravicini, Insieme. Storie d’amore nel comunismo, pp. 240 + 8 pp. di foto € 12,00, La Casa di Matriona – Itaca 2022

Angelo Busetto

 

Teologia come vita: il dogma dentro l’esistenza

Quando il cristianesimo viene annunciato e vissuto nella sua verità, suscita sempre un fascino. Lo si riscontra nei testi dei Padri della Chiesa, e in tante altre opere successive dell’Occidente e dell’Oriente.  Da qualche tempo gli scritti di un autore di lingua greca, nato a Tessalonica verso il 1320 in un periodo definito come ‘rinascimento bizantino’ e attraversato da una profonda crisi economica e politica, vengono riscoperti al di là della stretta cerchia degli specialisti. Nicola Cabasilas rimase sempre nello stato laicale e in vario modo partecipò alla vita pubblica, in contatto con i personaggi dell’impero bizantino. I suoi scritti sono stati presi in considerazione dal Concilio di Trento fin dalle prime sessioni sull’eucaristia, e in seguito da personaggi come Bossuet. In lingua italiana sono reperibili La vita in Cristo, il capolavoro e una delle maggiori opere della letteratura cristiana; il Commento alla Divina liturgia, che descrive il fondamento sacramentario e in specie eucaristico della vita cristiana; La Madre di Dio, con tre omelie mariane. Vengono presentati in una accurata sintesi in questo prezioso libro di Yannis Spiteris, arcivescovo di Corfù, Zante, Cefalonia, Tessalonica.

Il fondamento della teologia di Cabasilas è la vita di Cristo, che rivela e comunica la vita trinitaria. Cabasilas la vede svolgersi nel cosmo, nella chiesa, nei sacramenti, nella vita umana: una impostazione poderosa che ha al centro Cristo. Nell’incarnazione troviamo la vita di Dio e così Cristo assimila il dinamismo della vita umana al dinamismo della vita divina.  Conseguentemente, Maria madre del Signore rappresenta il punto che rende possibile questa comunicazione di vita e nello stesso tempo il punto massimo di collaborazione alla iniziativa divina. Le creature umane, create fin da principio per giungere a questa pienezza, trovano l’ostacolo del peccato, cioè della propria resistenza e opposizione, vinte dalla partecipazione e immedesimazione al mistero di Cristo. Il Battesimo ci colloca all’interno della vita divina, e l’Eucaristia ci rende partecipi del dinamismo salvifico dell’offerta sacrificale del Signore.

Interessante, anche se piuttosto impervia nell’analisi dettagliata, la dottrina della redenzione, che veleggia tra l’impostazione di Sant’Anselmo liberata dall’eccesso di giuridicismo, e la prospettiva orientale della immedesimazione divina nella potenza di amore che ci salva. I sacramenti, e in particolare l’Eucaristia, sono la concretizzazione esistenziale della salvezza, descritta in tutti i suoi passaggi che sottolineano anche la collaborazione umana.

Nel pensiero teologico di Cabasilas, vengono ‘tradotti’ in maniera esistenziale i due dogmi centrali della fede cristiana, la trinità e l’incarnazione. Ogni moralismo che tende a concentrare l’uomo su se stesso e sul proprio sforzo, viene svuotato, mentre si accentua la dimensione umana del desiderio e della immedesimazione. Le opere di Cabasilas, lette con l’accompagnamento della sintesi del suo pensiero, rappresentano un setaccio che libera la vita cristiana da scorie, la riempie di contenuto, e la lancia verso la pienezza. Si può annoverare Cabasilas tra i grandi teologi perenni della storia della Chiesa, punto di confronto e pozzi di approfondimento per ogni cristiano che voglia rendersi conto del gran dono di vita che gli è stato comunicato.

Yanni Spiteris, Cabasilas, teologo e mistico bizantino, Lipa, Roma 2020.2  pp 176 € 18,00

Angelo Busetto

LA RAGAZZA CHE SAPEVA IL TEDESCO
Una vicenda che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina.
Una testimonianza di coraggio, audacia, carità.
Il volto giovane della fede e della misericordia.

Aprire le pagine di questo libro significa venire attratti nel flusso di un racconto che non ti molla fino alla fine. Non solo per la modalità di una scrittura rapida, descrittiva, dialogica, ma per il fascino di una vicenda reale, narrata in prima persona; e per la vivacità e l’intensità della testimonianza di una vita ricca di fede e audace di carità che il lettore vede scorrere sotto i tuoi occhi.
Di che cosa si tratta? E’ annunciato subito dalle prime righe:
“Sono a Parigi, vorrei incontrarla”: la protagonista riceve la telefonata del medico tedesco che quarant’anni prima, durante la seconda guerra mondiale, l’aveva tenuta imprigionata per diversi mesi, tormentandola con trattamenti che l’avevano quasi uccisa e ancora la condizionavano pesantemente.
La vicenda si snoda a partire da quest’ultimo incontro e riandando a tutti i passaggi precedenti. Lei, di nazionalità svizzera e di lingua tedesca, vive una bella infanzia in una famiglia nella quale il padre si converte al cattolicesimo in cui riconosce la possibilità di una relazione personale con Cristo; muore quando la bambina ha solo quattro anni, e la madre, insieme con la figlia, ritorna a vivere con la vasta famiglia dei genitori. Il nonno è professore di musica e compositore e la bimba si immerge nell’atmosfera musicale diventando ben presto una suonatrice di pianoforte acclamata in vari concerti. Nel 1939 la famiglia precipita nel gorgo della guerra: la casa dove abita in campagna nel sud della Francia dove s’è trasferita per le vacanze estive, viene a trovarsi sulla linea di confine tra la zona occupata dai tedeschi e il territorio ancora libero. Qui esplode la missione della diciottenne Maiti che – cittadina svizzera di lingua francese – viene in contatto con le truppe di occupazione. Svolge dapprima vari servizi alle persone della zona occupata, ottenendo il permesso di andare a provvedere alcuni beni necessari oltre la linea di demarcazione. A poco a poco la sua bicicletta si presta a un astuto e pericoloso passaggio di lettere e documenti, e lei fa transitare oltre confine – con audaci stratagemmi – vari gruppetti di persone in fuga o appartenenti alla Resistenza. Il lettore rimane stupito nel constatare la determinazione e la furbizia, e insieme l’audacia di fede della protagonista, in un’altalena di vicende che fanno trattenere il fiato.
Ed ecco la brutta sorpresa. Maiti si trova a Parigi per i soliti ‘motivi di studio’. La sua bicicletta viene bloccata da una pattuglia tedesca. Inizia l’incubo lungo tre mesi, raccontato con precisione eppure con sobrietà. Finalmente la liberazione, in un’incursione di ‘partigiani’.
La sua anima rimane limpida e salda, ma il suo corpo non è più quello di prima, e le cure dolorose non arrivano a ripristinare per lei l’uso del pianoforte. Farà dell’altro, con fede e tenacia, scoprendo nella sua debolezza una nuova vocazione. Fino al giorno in cui riceve la telefonata del suo aguzzino, per il quale aveva pregato ogni giorno, attingendo alla sorgente della misericordia.
Maiti Girtanne con Guillaume Tabard: Maiti. Resistenza e Perdono, Prefazione di Erik Varden, Itaca, Castel Bolognese 2022, pp 144 € 14,00
Angelo Busetto

 

 

Rivista: Credere oggi

Cosa significa ‘teologia dell’infanzia’? Esiste un ‘Dio dei bambini’? Certamente esiste un ‘Dio bambino’ e questo sarebbe un ottimo punto di partenza per la teologia dell’infanzia, già intrapreso da von Balthasar. Questo numero di Credere oggi, il quarto dell’annata in corso, parte dalle domande dei piccoli, che introducono tutto il mistero dell’essere, come un ricco portale di umanità e di fede. Il bambino che entra nella vita è pieno di meraviglia e vuole conoscere il mistero che avvolge cose e persone e l’intero essere. Sono i bambini a prenderci per mano sulla via di Dio e da essi dobbiamo lasciarci condurre per non chiudere l’orizzonte della vita e della fede. Dopo gli articoli di scoperta di questa ricca identità del bambino, alcuni originali e vivi, altri espressi nell’intrigo di teorie psicologiche, si apre anche la problematica dell’accompagnamento dei bambini nel territorio della fede cristiana. Come è possibile che l’età 0-6 anni risulti pressoché vuota di interventi pastorali? Eppure è l’età più fertile e più duratura. Ne nasce una nuova considerazione, ricca di promesse e di possibilità, per i bambini, i genitori, e l’intera comunità, nella quale è Gesù stesso a provocarci: “Se non diventerete come bambini, non entrerete mai”. Non tanto per l’ingenuità infantile, ma per l’apertura della vita e l’affidamento per un buon cammino, atteso e desiderato da ogni bambino.

a.b.

UN POPOLO LIBERATO

Trascorrere la Quaresima lasciandosi accompagnare dalla lettura di questo ‘romanzo di Mosè’ provoca un paragone tra le vicende narrate e quelle che tuttora stiamo vivendo. Casualmente ma non troppo, la lettura comincia il mercoledì delle Ceneri e termina il Sabato Santo, qualche ora prima dell’inizio della Veglia Pasquale. La memoria del passato si innesta nel presente e lo fermenta con una promessa di compimento. La schiavitù e la voglia di liberazione, l’entusiasmo per l’uscita dall’Egitto e il lungo travaglio del popolo ebreo, entrano in sintonia con l’altalena delle prescrizioni, delle limitazioni, delle piccole schiavitù a cui tutta l’umanità si trova sottoposta in questi ultimi mesi. La via che finalmente si apre all’ingresso nella terra promessa, segna la strada a tutti i cammini percorsi dall’umanità. Mosè è il protagonista, addestrato alle grandi prospettive dalla sua partecipazione alle vicende delle dinastie dell’antico Egitto. Ma il protagonista è soprattutto Dio. Si presenta in modo misterioso a Mosè e lo sospinge a interpellare il faraone insieme con il fratello Aronne, buon parlatore, per lasciare libero il suo popolo, destinato alla terra promessa. Laboriosamente e dolorosamente, il faraone insieme con il suo popolo si arrende e lascia partire gli ebrei. Inizia l’avventura del deserto, attraversata da delusioni, tradimenti, rivendicazioni, vendette. Il viaggio verso la terra promessa non finisce mai, incrocia nemici esterni e oppositori in mezzo al popolo. L’autore del romanzo dà vita a uomini e donne, a imprese piccole e grandi di smarrimento e di ripresa. Vengono descritte proteste e delusioni, guerre e guerriglie, fame e sete che conducono alla totale sparizione della generazione uscita dall’ Egitto. Sarà migliore la generazione che segue? Sarà migliore la nostra generazione? O la prossima? La storia di Dio misericordioso che si china sugli uomini e li protegge, continua. Lo sperimentiamo pure noi, già introdotti da Gesù risorto nel territorio della liberazione

Jan Dobraczynski, Deserto, il romanzo di Mosè, Morcelliana 2009.3 pp 398 € 24.00