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i giorni
TUTTI E CIASCUNO

Tu dici 'i poveri', tu dici 'le famiglie', tu dici 'i bambini', i migranti, gli islamici, i marocchini e via dicendo. Poi, improvvisamente sulle strisce pedonali ti trovi di fronte D. tutto curvo, che procede a passettini a sghimbescio e scambi due parole veloci; in un dialogo fortuito incroci quella famiglia tagliata a metà da un disaccordo tra fratelli; ti imbatti nella ragazza straniera malmenata dall'amico e dall'amica, e altri stranieri ti chiedono di conoscere il cristianesimo. E via di seguito. Non incontri ‘categorie’, non hai di fronte numeri, sigle, statistiche. C’è il tale e la tale, con quella faccia, quel carattere, quel nome. E improvvisamente tutto cambia. Non puoi passare dritto come il sacerdote e il levita della parabola, non puoi limitarti a ragionare per parametri che salgono e scendono come nelle riviste di sociologia, non puoi procedere per scadenze e programmi. Devi fermarti, scendere dalla tua posizione, come Gesù di fronte al grido del cieco e del lebbroso; come Gesù che ha guardato – tra la folla che premeva da ogni lato - la donna che perdeva sangue. Ti fermi mentre hai fretta, quando non hai voglia e non tocca a te. Imbarchi ondate di parole e di problemi che non sai come risolvere e, mentre ascolti, ti sorprende la memoria di quante opere di carità sono nate dall’incontro con una singola persona, dall’imbattersi in un bisogno particolare: don Bosco con il primo ragazzino, il Cottolengo con la donna morta di parto, don Gnocchi con ciascuno dei soldati e poi dei mutilatini, e mille altri. Si sono mossi prima di aver tempo di organizzare un programma, di contare le persone, di impiantare una struttura. Tutto si è svolto in una sorta di corpo a corpo, guardandosi in faccia, afferrando una spalla, aprendo la propria casa.
Tante volte ti càpita davanti la singola persona: il racconto di un dramma familiare si prolunga nel dialogo della confessione; la vita scende negli abissi della violenza e risale la china faticosa del perdono; la speranza torna a fiorire quando lo sguardo si posa sul crocifisso e si apre la strada della condivisione della Passione e della gioia della sua Risurrezione. Nell’esperienza dell’incontro, percorri i passi dell’Eucaristia celebrata: la parola che annuncia e consola, l’offertorio, il sacrificio, la comunione. “Per voi e per tutti”, come proclama Gesù nella preghiera eucaristica. E per ciascuno. Quando arriva il momento della comunione, davanti a ciascuna persona proclami: “Il Corpo di Cristo”. Ciascuno è unico, amato e creato, redento e salvato da Cristo. Ciascuno ridiventa se stesso davanti a Colui che lo salva chiamandolo per nome.

Domenica 28 ottobre 2018 - XXX del Tempo Ordinario, Ciclo B
(Anniversario della Dedicazione della propria Chiesa)

Introduzione del sacerdote
Riuniti insieme nella Chiesa consacrata, come il cieco Bartimeo incontriamo Gesù e da lui mendichiamo la luce della nostra vita.

Diciamo insieme: DONACI LA TUA LUCE, SIGNORE

1. Signore Gesù, ti ringraziamo di accoglierci in questa Chiesa a te consacrata. Ascolta il nostro grido e, come il cieco del Vangelo, donaci di incontrarti, riconoscerti e seguirti,
Noi ti preghiamo: DONACI LA TUA LUCE, SIGNORE

3. Signore Gesù, mentre si conclude il Sinodo dei giovani, ti affidiamo i giovani del mondo. La grazia dello Spirito Santo apra per tutti un buon cammino per rispondere al desiderio di vita, verità, fraternità,
Noi ti preghiamo: DONACI LA TUA LUCE, SIGNORE

4. Signore Gesù, ti preghiamo per la nostra nazione e per tutti i popoli. Dona apertura di cuore e capacità di intesa, nel rispetto della libertà di ciascuno e del bene comune,
Noi ti preghiamo: DONACI LA TUA LUCE, SIGNORE

5. Signore Gesù, ti presentiamo le famiglie della nostra comunità: ti domandiamo l’amore e la fedeltà tra coniugi, l’attenzione educativa verso i figli, la passione per le cose vere e belle della vita,
Noi ti preghiamo: DONACI LA TUA LUCE, SIGNORE

Conclusione del celebrante
Signore Gesù, che hai ascoltato il grido del cieco, accogli la preghiera del tuo popolo riunito insieme nella Chiesa .

Spunto per la festa
L’episodio del cieco è da ripercorre tutto intero: il grido-domanda del cieco; l’opposizione della folla, che impedisce al cieco di gridare il suo bisogno di fronte a Gesù; Gesù chiama il cieco e quello getta il mantello, sua unica ricchezza e protezione. Gesù gli chiede: Cosa vuoi che io ti faccia? La fede non solo lo guarisce, ma lo ‘salva’. Il cieco segue Gesù con gratitudine, in distanza… la fede diventa sequela.

UN CAMMINO GIOVANE

Spumeggia dai siti internet, ma non molte spruzzate arrivano nella stampa usuale e nel parlare comune. Il Sinodo dei Vescovi in corso a Roma continua tuttavia ad aprire ventagli di interesse sui ‘giovani’, nella società e nella chiesa, nelle famiglie e nei gruppi. Che cosa permette agli adulti, e in specie a genitori ed educatori, di intercettare la domanda dei giovani, prima che venga appiattita nella comune omologazione o si spenga nella rassegnazione?

Ad accendere il fuoco non basta più il richiamo a una tradizione ricca di valore e di valori e illuminata da presenze significative di santi, preti, suore, laici. Nemmeno la provocazione a buone decisioni, a ideali e prospettive di rinnovamento, o l’invenzione di nuovi progetti e programmi, di iniziative originali e coinvolgenti, arrivano a svegliare l’interesse e a muovere la partecipazione.

Che cosa è successo quando il cristianesimo è apparso la prima volta sulla soglia della storia? Un fenomeno nuovo, un fatto imprevedibile suscitato da una radicale iniziativa di Dio. Una ‘cosa impossibile all'uomo’ scuote una ragazza di nome Maria. Un invito discreto ma deciso mette Giovanni e Andrea sulle tracce dell’Uomo atteso e sconosciuto. Inizia una scoperta affascinante che risveglia la voglia di partecipare all’avventura del vivere.  Ha continuato ad accadere. Anche a noi. Una scossa, un turbamento, un cambiamento, una rivoluzione, un amore, un attaccamento, una scoperta di se stessi, corpo e anima, cuore e ragione, tempo ed eternità. Abbiamo ancora sotto gli occhi il fatto che ci ha risvegliato, la persona che abbiamo incontrato, l’avvenimento che ci ha preso dentro una compagnia di amici, conquistati da un’invincibile attrattiva.  Quale vento potrà risvegliare una brezza che raggiunga i giovani delle nostre strade, delle scuole, dei siti internet? Un luogo dove tornare a ‘dire io’ con verità, una spinta ad andare oltre.

Per una mattinata domenicale, la città viene invasa da una frotta di giovani: gioco, canti, pranzo, testimonianze. Un’esperienza di bellezza e di unità, un’amicizia che apre il cammino. E’ accaduto a Chioggia e in altre città. Continua ad accadere in vari modi, non con i fuochi di paglia della festa che subito finisce, ma con l’attrattiva di una strada che si apre. Un cammino dove tutto quello che succede aiuta a crescere nella consapevolezza di che cosa è importante. Imparare a giudicare, ad amare, a starci all’avventura della vita. Come la spia d’accensione dell’auto, come il primo fiotto d’acqua alla sorgente, come il desiderio del sole al mattino.                    L’accadere di questo avvenimento chiama in causa la grazia di Dio e provoca gli adulti – genitori ed educatori -  a non ripiegarsi a contare i passi del cammino, ma a lanciarsi – essi per primi - al sèguito del Maestro e Signore della vita.

 

NUOVA NAVIGAZIONE

Due fenomeni si rincorrono quando un sacerdote esce dalla parrocchia in cui ha prestato servizio ed entra in un'altra. L'uscita rappresenta uno stacco da persone, attività, programmi, luoghi. È un allontanamento dalla casa e dalla famiglia, da una impostazione di vita e di lavoro, di orari e di programmi. Il nuovo ingresso ha il timore dell'incertezza e l'attrattiva della novità, il richiamo della scoperta di persone e cose e lo slancio verso un futuro ignoto ma promettente. Qualcosa di simile accade anche nei parrocchiani più fedeli e partecipi. Anch'essi avvertono la scossa dell'uscita e la prospettiva del nuovo ingresso. Quando la fede è desta, il senso della Chiesa è vivo e il desiderio è ardente, può avvenire nelle persone un sommovimento positivo che sospinge a valorizzare quanto si è vissuto con il parroco ormai partito, e che si apre a un nuovo slancio. La fede è sempre una strada di scoperta, e compagni e guide nel cammino costituiscono sempre una novità.
Accade anche che il 'vecchio parroco' non venga lanciato in una nuova avventura pastorale, ma vada a planare ai margini di un campo dove rimane in panchina a godersi la partita giocata da altri protagonisti. Non gli spettano né le strategie né le dritte da lanciare ai giocatori, né i passaggi di palla, né i tiri in porta. Il 'vecchio parroco' è chiamato a svolgere pochissime mansioni di supporto - forse come il ragazzo raccattapalle o che porge la bottiglietta d'acqua. L'unica, infinita partita che gli resta da giocare è nel suo rapporto con il Responsabile ultimo della squadra, con il quale potrà indugiare in silenziosi colloqui, facendosi accompagnare dall'esperienza dei santi più contemplativi. Per il resto, rimane disposto agli scambi, fortuiti e occasionali, con chi gli accadrà di incrociare.
Nella nuova partita il silenzio conta più della parola, la testimonianza più dell'organizzazione, la santità più dell'abilità. Il campo d'azione è sgombro di ogni strategia, liberato da ogni strumentazione, per un gioco libero che assecondi il vento della grazia. Una condizione siffatta provoca un’uscita da se stessi, domanda povertà di spirito, fiducia nell'opera misteriosa del Signore e apertura ad ogni persona. Come non mai, nessuna delle nuove persone incontrate potrà venire qualificata a seconda delle doti e delle prestazioni, ma dovrà essere accolta nella sua realtà di giusto e peccatore, di giovane o vecchio, piacevole o importuno. Si naviga come una barchetta a rimorchio dei grandi barconi della flotta della Chiesa, raccattando qua e là un relitto o un naufrago, lanciando un salvagente o un pezzo di corda, godendosi l'avventura del viaggio e l’ebbrezza della libertà di spirito. Fino all'arrivo al porto finale dove, presto o tardi, tutte le piccole e le grandi imbarcazioni vengono a raccogliersi.

DIARIO DAL SINODO. «È IL CUORE ACCESO DI PASSIONE CHE PUÒ SPERARE»

L'omelia e il discorso d'apertura. I vicini di banco e l'applauso per i giovani ugandesi. E la possibilità di parlare a tu per tu con il Papa. Il direttore della Luigi Giussani High School di Kampala ci racconta i primi due giorni a RomaMatteo Severgnini

La prima notizia dal Sinodo è che c’è un Papa a piede libero. Nel senso che la mattina ci accoglie e ci saluta, finora ha seguito tutti i lavori in aula e, alla pausa, è lì a disposizione di chi voglia parlargli. Oggi, ad esempio, mi sono avvicinato e ho preso il caffè con lui. Sentivo vescovi e cardinali attorno che aspettavano il loro turno, ma ho fatto tempo a scambiare due battute. «Santità, avrei tante domande che vorrei farle», e lui sorridendo: «Quando vuoi, sono sempre qui». E ho aggiunto: «Vorrei farle avere 25 lettere che i miei studenti ugandesi hanno scritto per lei». E lui: «Certo! Nei prossimi giorni». Partendo da Kampala mai avrei pensato ad una familiarità e prossimità così con il Papa.

Per il resto, devo ammetterlo, sono un po’ intimorito. L’aula del Sinodo è una distesa di berrette porpora e viola di cardinali e vescovi. Il Papa, con i suoi 81 anni, dà l’impressione di essere il più giovane di tutti, ma non solo: è come se riuscisse a comunicare che lui ha bisognodei giovani. Lui è definito da un cuore giovane. Sempre alla ricerca. Lo vedo parlare, sorridere, discutere con un’attenzione e amore che mi rende grato per tutta la storia personale che mi ha incontrato.

Mercoledì, durante l’omelia della messa inaugurale in Piazza San Pietro, ha insistito sulla parola “speranza”: «All’inizio di questo momento di grazia per tutta la Chiesa chiediamo con insistenza al Paraclito che ci aiuti a fare memoria e a ravvivare le parole del Signore che facevano ardere il nostro cuore. Ardore e passione evangelica che generano l’ardore e la passione per Gesù.Memoria che possa risvegliare e rinnovare in noi la capacità di sognare e sperare».

Mi è tornata in mente l’immagine che Charles Péguy usa per descrivere la Speranza: è lei che prende per mano la Fede e la Carità. È il cuore acceso dalla passione per Cristo che muove la Fede, come conoscenza, e la Carità, come amore.

Poi, nel saluto introduttivo ai lavori del Sinodo, Francesco ha fatto un affondo sul tempo. Che cos’è il futuro? Si è domandato: «Il futuro non è una minaccia da temere, ma è il tempo che il Signore ci promette perché possiamo fare esperienza della comunione con Lui, con i fratelli e con tutta la creazione. Abbiamo bisogno di ritrovare le ragioni della nostra speranza e soprattutto di trasmetterle ai giovani, che di speranza sono assetati». Che liberazione! A volte penso che il tempo sia nemico, invece è immensamente amico. È abitato, e in Francesco questo è evidente.

Papa Francesco presiede il SinodoPapa Francesco presiede il Sinodo
Matteo Severgnini, intervistato da TV2000 (3:43)

Le mie “vicine di banco” sono Carina Iris Rossa, argentina, membro del consiglio direttivo della Fondazione pontificia Scholas Occurrentes, e Yadira Vieyra, dagli Stati Uniti, che si occupa di accompagnare le teenager che rimangono incinte, soprattutto nell’ambito delle famiglie immigrate. C’è stato poco tempo per conoscersi, ma staremo fianco a fianco per un mese intero.

C’è stato poco tempo non solo perché siamo qui da poche ore, ma anche perché i lavori del Sinodo sono molto impegnativi. Giovedì, il primo giorno, sono intervenuti 25 padri sinodali, parlando quattro minuti a testa. Il Papa ha chiesto che ogni cinque interventi ci siano tre minuti di silenzio, per stare di fronte a ciò che è stato detto, ma anche a Colui che sta accadendo attraverso quello che viene detto.

È una delle due caratteristiche che Francesco vuole che abbia questo incontro: la prima è che la Chiesa deve essere in ascolto, perché la conoscenza reale è l’ascolto dell’altro che emerge e, soprattutto, dell’altro che emerge in te. Questo permette non di parlar “sopra la realtà” ma di ascoltarla, di farsi umili, con il cuore aperto a quel che la realtà ha posto e pone di fronte ai propri occhi. Che diventa, in qualche modo, parte di te. La seconda è che la Chiesa deve essere in cammino. E lo si è capito dai primi interventi: tutti i padri hanno insistito sulla necessità che siano la Chiesa e i suoi pastori a muoversi e andare dove sono i giovani sono per quello che sono.

Mi ha colpito, poi, la commozione del Papa quando, durante la messa inaugurale, ha salutato i due Vescovi della Cina continentale che, per la prima volta nella storia, partecipano a un Sinodo. È stato il segno più eclatante di una cosa che qui è molto evidente: l’universalità della Chiesa. Al netto degli zucchetti, ce n’è davvero di tutti i colori.

L’ultima cosa: il segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, ha spiegato che per scrivere l’Instrumentum laboris è stato mandato alle comunità di tutto il mondo un questionario. Ha detto che il Paese che ha contribuito con il maggior numero di questionari completi, 16mila, è stata l’Uganda. Lì non ho resistito e, per orgoglio nazionale, ho fatto partire l’applauso. Potrebbe essere il mio primo e ultimo intervento al Sinodo. O forse no.
Nei prossimi giorni tornerò a cercare il Papa per consegnarli la corrispondenza dei miei studenti.

Sabato 29.09.2018

Il Santo Padre ha deciso di invitare tutti i fedeli, di tutto il mondo, a pregare il Santo Rosario ogni giorno, durante l’intero mese mariano di ottobre; e a unirsi così in comunione e in penitenza, come popolo di Dio, nel chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi.
Questo appello è per  tutti i fedeli, invitati a concludere la recita del Rosario con l’antica invocazione
“Sub Tuum Praesidium”, e con la preghiera a San Michele Arcangelo che ci protegge e aiuta nella lotta contro il male (cfr. Apocalisse12, 7-12).
La preghiera – ha affermato il Pontefice pochi giorni fa, l’11 settembre, in un’omelia a Santa Marta, citando il primo libro di Giobbe - è l’arma contro il Grande accusatore che “gira per il mondo cercando come accusare”.
Solo la preghiera lo può sconfiggere. I mistici russi e i grandi santi di tutte le tradizioni consigliavano, nei momenti di turbolenza spirituale, di proteggersi sotto il manto della Santa Madre di Dio pronunciando l’invocazione “Sub Tuum Praesidium”.
L’invocazione "Sub Tuum Praesidium" recita così:
“Sub tuum praesidium confugimus Sancta Dei Genitrix. Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus,
sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo Gloriosa et Benedicta”.
[Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine Gloriosa e Benedetta].
Con questa richiesta di intercessione il Santo Padre chiede ai fedeli di tutto il mondo di pregare perché la Santa Madre di Dio, ponga la Chiesa sotto il suo manto protettivo: per preservarla dagli attacchi del maligno, il grande accusatore, e renderla allo stesso tempo sempre più consapevole delle colpe, degli errori, degli abusi commessi nel presente e nel passato e impegnata a combattere senza nessuna esitazione perché il male non prevalga.
Il Santo Padre ha chiesto anche che la recita del Santo Rosario durante il mese di ottobre si concluda con la preghiera scritta da Leone XIII:
“Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.
Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen”.
[San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio.
Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini e Tu, Principe della Milizia Celeste, con il potere che ti viene da Dio,
incatena nell’inferno satana e gli spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per far perdere le anime. Amen].

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Caro Amico,

Cara Amica,

Domenica prossima 30 settembre 2018 nella Celebrazione eucaristica delle ore 10,15 saluterò la comunità della Cattedrale e accoglierò il nuovo parroco.

Da lunedì 1 ottobre comincerò a prestare servizio come ‘aiutante’ nell’Unità Pastorale costituita dalle parrocchie del Buon Pastore e dello Spirito Santo a Sottomarina.

Fra qualche settimana andrò ad abitare a Borgo S.Giovanni, in via B.Croce n.60, dove continuerà a stare con me mia sorella Augusta.

Per quanto possibile, vorrei continuare a tenere i contatti con te. Ti ringrazio per la tua amicizia e ti invito ad accompagnarmi con una preghiera in questo nuovo inizio. Continuiamo a camminare insieme nella grande famiglia della Chiesa, ringraziando con gioia Dio per tutti questi anni!

Un carissimo saluto.

Don Angelo Busetto