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DIARIO DAL SINODO. «È IL CUORE ACCESO DI PASSIONE CHE PUÒ SPERARE»

L'omelia e il discorso d'apertura. I vicini di banco e l'applauso per i giovani ugandesi. E la possibilità di parlare a tu per tu con il Papa. Il direttore della Luigi Giussani High School di Kampala ci racconta i primi due giorni a RomaMatteo Severgnini

La prima notizia dal Sinodo è che c’è un Papa a piede libero. Nel senso che la mattina ci accoglie e ci saluta, finora ha seguito tutti i lavori in aula e, alla pausa, è lì a disposizione di chi voglia parlargli. Oggi, ad esempio, mi sono avvicinato e ho preso il caffè con lui. Sentivo vescovi e cardinali attorno che aspettavano il loro turno, ma ho fatto tempo a scambiare due battute. «Santità, avrei tante domande che vorrei farle», e lui sorridendo: «Quando vuoi, sono sempre qui». E ho aggiunto: «Vorrei farle avere 25 lettere che i miei studenti ugandesi hanno scritto per lei». E lui: «Certo! Nei prossimi giorni». Partendo da Kampala mai avrei pensato ad una familiarità e prossimità così con il Papa.

Per il resto, devo ammetterlo, sono un po’ intimorito. L’aula del Sinodo è una distesa di berrette porpora e viola di cardinali e vescovi. Il Papa, con i suoi 81 anni, dà l’impressione di essere il più giovane di tutti, ma non solo: è come se riuscisse a comunicare che lui ha bisognodei giovani. Lui è definito da un cuore giovane. Sempre alla ricerca. Lo vedo parlare, sorridere, discutere con un’attenzione e amore che mi rende grato per tutta la storia personale che mi ha incontrato.

Mercoledì, durante l’omelia della messa inaugurale in Piazza San Pietro, ha insistito sulla parola “speranza”: «All’inizio di questo momento di grazia per tutta la Chiesa chiediamo con insistenza al Paraclito che ci aiuti a fare memoria e a ravvivare le parole del Signore che facevano ardere il nostro cuore. Ardore e passione evangelica che generano l’ardore e la passione per Gesù.Memoria che possa risvegliare e rinnovare in noi la capacità di sognare e sperare».

Mi è tornata in mente l’immagine che Charles Péguy usa per descrivere la Speranza: è lei che prende per mano la Fede e la Carità. È il cuore acceso dalla passione per Cristo che muove la Fede, come conoscenza, e la Carità, come amore.

Poi, nel saluto introduttivo ai lavori del Sinodo, Francesco ha fatto un affondo sul tempo. Che cos’è il futuro? Si è domandato: «Il futuro non è una minaccia da temere, ma è il tempo che il Signore ci promette perché possiamo fare esperienza della comunione con Lui, con i fratelli e con tutta la creazione. Abbiamo bisogno di ritrovare le ragioni della nostra speranza e soprattutto di trasmetterle ai giovani, che di speranza sono assetati». Che liberazione! A volte penso che il tempo sia nemico, invece è immensamente amico. È abitato, e in Francesco questo è evidente.

Papa Francesco presiede il SinodoPapa Francesco presiede il Sinodo
Matteo Severgnini, intervistato da TV2000 (3:43)

Le mie “vicine di banco” sono Carina Iris Rossa, argentina, membro del consiglio direttivo della Fondazione pontificia Scholas Occurrentes, e Yadira Vieyra, dagli Stati Uniti, che si occupa di accompagnare le teenager che rimangono incinte, soprattutto nell’ambito delle famiglie immigrate. C’è stato poco tempo per conoscersi, ma staremo fianco a fianco per un mese intero.

C’è stato poco tempo non solo perché siamo qui da poche ore, ma anche perché i lavori del Sinodo sono molto impegnativi. Giovedì, il primo giorno, sono intervenuti 25 padri sinodali, parlando quattro minuti a testa. Il Papa ha chiesto che ogni cinque interventi ci siano tre minuti di silenzio, per stare di fronte a ciò che è stato detto, ma anche a Colui che sta accadendo attraverso quello che viene detto.

È una delle due caratteristiche che Francesco vuole che abbia questo incontro: la prima è che la Chiesa deve essere in ascolto, perché la conoscenza reale è l’ascolto dell’altro che emerge e, soprattutto, dell’altro che emerge in te. Questo permette non di parlar “sopra la realtà” ma di ascoltarla, di farsi umili, con il cuore aperto a quel che la realtà ha posto e pone di fronte ai propri occhi. Che diventa, in qualche modo, parte di te. La seconda è che la Chiesa deve essere in cammino. E lo si è capito dai primi interventi: tutti i padri hanno insistito sulla necessità che siano la Chiesa e i suoi pastori a muoversi e andare dove sono i giovani sono per quello che sono.

Mi ha colpito, poi, la commozione del Papa quando, durante la messa inaugurale, ha salutato i due Vescovi della Cina continentale che, per la prima volta nella storia, partecipano a un Sinodo. È stato il segno più eclatante di una cosa che qui è molto evidente: l’universalità della Chiesa. Al netto degli zucchetti, ce n’è davvero di tutti i colori.

L’ultima cosa: il segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, ha spiegato che per scrivere l’Instrumentum laboris è stato mandato alle comunità di tutto il mondo un questionario. Ha detto che il Paese che ha contribuito con il maggior numero di questionari completi, 16mila, è stata l’Uganda. Lì non ho resistito e, per orgoglio nazionale, ho fatto partire l’applauso. Potrebbe essere il mio primo e ultimo intervento al Sinodo. O forse no.
Nei prossimi giorni tornerò a cercare il Papa per consegnarli la corrispondenza dei miei studenti.

Vangelo secondo Luca 10,13-16

In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».

GRATITUDINE

Guardando la nostra vita, ci accade di rimanere impressionati nel constatare quanto è stata ampia e intensa la visita di Gesù in casa nostra. Senza perdere tempo a rammaricarci per il fatto che non ce ne siamo accorti subito, dobbiamo invece lasciare libero corso alla gratitudine a Dio e alla condivisione con i fratelli. La visita del Signore Gesù e i doni che ci ha fatto sono per tutti, e possiamo comunicarli già con la gioia che si disegna sul nostro volto.

Vangelo secondo Matteo 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

LA LIBERTA’ DEL VANGELO

Le parole di Gesù descrivono la fisionomia del Santo di Assisi. Francesco cerca l’unica sapienza del vangelo letto e praticato ‘sine glossa’, cioè alla lettera: diventa la regola di vita di Francesco e dei suoi seguaci. L’unico possedimento, l’unica ricchezza è Cristo. Questo rende liberi non solo rispetto alle cose, ma anche nell’audacia delle scelte di vita, come la totale povertà e la decisione di andare nella terra di Gesù e di incontrare il sultano. Francesco tiene aperta la strada.

L’uomo si gira e rigira sulla sedia. I dubbi diventano tormento, le domande non si esauriscono. Scandalizzato per il male nel mondo, che nessuno riesce a fermare, chiama in causa Dio. Dichiara che Dio è solitario nell’eternità, e non aveva alcun bisogno di creare uomini che ne combinano di tutti i colori. Dio solitario entra in rapporto con il Figlio solo quando questi appare a Betlemme, diventando uomo per tentare di rimediare il peccato dell’uomo…
In questa ondata di catechèsi bislacca e di teologia sbagliata, nessuna traccia del Dio Trinità, fatto di intelligenza e amore, liberamente traboccante di vita per creare un mondo ‘buono’ e la creatura umana – uomo e donna – ‘molto buona’.
E’ dunque così cattivo il mondo, sono così perversi gli uomini, da non meritare di esistere? Ha sbagliato Dio a creare tutto ciò che esiste? Questa persona turbata si rialza con un supremo atto di fede cieca, abbandonandosi a un Dio incomprensibile e sperando nel giorno in cui vedremo tutto e tutto sarà chiaro.
Tuttavia, come rassegnarsi a questa riduzione di Dio e all’immiserimento dello sguardo sull’uomo? “Io sono contento di esserci; – dico appassionatamente – sono contento che tu ci sia”. Che ci siano le colonne del tempio e il tempio, il sole sulle vetrate e la gente che entra a visitare e pregare.
Di che cosa dunque viviamo? Che cosa fa rivivere e respirare, fa rialzare il capo e dona energia? Che cosa vince il ‘deserto e vuoto’ privo del ristoro di un’oasi e dell’ombra di una pianta? Che cosa rinnova la lucidità dello sguardo e il calore della speranza? Che cosa ripristina il gocciolio della fontana della fede, e riaccende lo sguardo sulla luce del mondo?
“Guardate gli uccelli del cielo e i gigli del campo…” “Vedete il Dio che fa sorgere il sole sui giusti e sui peccatori”. Hanno sentito Cristo parlare e l’hanno visto camminare per le strade del mondo. Come Natalanaele al suo primo incontro con Gesù: in un istante passa dalla diffidenza di chi non si aspetta nulla - men che meno da Nazaret - alla viva percezione di avere incontrato il Salvatore atteso. Come Pietro, che non si ritrova nelle risposte della gente, e vede in lui il Figlio di Dio. Cristo cambia lo sguardo sul peccatore, che si converte; sulla donna perduta, che si ravvede; sul traditore, che viene condannato; sul mondo, condotto a generare cieli nuovi e terra nuova.
Guardiamo la realtà con gli occhi della samaritana che grida di aver incontrato il messia, della donna che gli bagna i piedi di profumo. Con un amore personale, un riconoscimento del cuore, uno sguardo nuovo come quando si sperimenta di essere amati.

Sabato 29.09.2018

Il Santo Padre ha deciso di invitare tutti i fedeli, di tutto il mondo, a pregare il Santo Rosario ogni giorno, durante l’intero mese mariano di ottobre; e a unirsi così in comunione e in penitenza, come popolo di Dio, nel chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi.
Questo appello è per  tutti i fedeli, invitati a concludere la recita del Rosario con l’antica invocazione
“Sub Tuum Praesidium”, e con la preghiera a San Michele Arcangelo che ci protegge e aiuta nella lotta contro il male (cfr. Apocalisse12, 7-12).
La preghiera – ha affermato il Pontefice pochi giorni fa, l’11 settembre, in un’omelia a Santa Marta, citando il primo libro di Giobbe - è l’arma contro il Grande accusatore che “gira per il mondo cercando come accusare”.
Solo la preghiera lo può sconfiggere. I mistici russi e i grandi santi di tutte le tradizioni consigliavano, nei momenti di turbolenza spirituale, di proteggersi sotto il manto della Santa Madre di Dio pronunciando l’invocazione “Sub Tuum Praesidium”.
L’invocazione "Sub Tuum Praesidium" recita così:
“Sub tuum praesidium confugimus Sancta Dei Genitrix. Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus,
sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo Gloriosa et Benedicta”.
[Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine Gloriosa e Benedetta].
Con questa richiesta di intercessione il Santo Padre chiede ai fedeli di tutto il mondo di pregare perché la Santa Madre di Dio, ponga la Chiesa sotto il suo manto protettivo: per preservarla dagli attacchi del maligno, il grande accusatore, e renderla allo stesso tempo sempre più consapevole delle colpe, degli errori, degli abusi commessi nel presente e nel passato e impegnata a combattere senza nessuna esitazione perché il male non prevalga.
Il Santo Padre ha chiesto anche che la recita del Santo Rosario durante il mese di ottobre si concluda con la preghiera scritta da Leone XIII:
“Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.
Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tuque, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen”.
[San Michele Arcangelo, difendici nella lotta: sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio.
Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini e Tu, Principe della Milizia Celeste, con il potere che ti viene da Dio,
incatena nell’inferno satana e gli spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per far perdere le anime. Amen].

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Vangelo secondo Luca  9,57-62

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

COME SEGUIRE

Lo slancio di chi decide di seguire Gesù è cosa bellissima, ma deve rapportarsi alla misura della sua persona. Gesù è sempre accogliente verso chi lo guarda e lo riconosce, ma lancia il suo interlocutore sempre oltre, abolendo ogni parzialità e ogni condizionamento. Egli sa bene che non solo una catena ma anche un sottile filo di nylon può impedire all’uccello di spiccare il volo. Alla vigilia  della festa di San Francesco ricordiamo il suo spogliamento totale, per seguire Gesù.

 

 

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Vangelo secondo Matteo 18,1-5.10

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?».
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.
Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».

LA CUSTODIA DEGLI ANGELI

Il Signore Dio accompagna i suoi figli con la solidarietà degli Angeli. Gli Angeli guardano la faccia del Padre che è nei cieli, e il volto e il cuore di ogni uomo che desidera essere felice e percorre le strade del mondo per giungere a vedere Dio. La solidarietà fra gli esseri creati ci sospinge ad affidarci al nostro Angelo Custode e ad affidare ogni fratello al suo Angelo. A nostra volta, siamo sollecitati a proseguire l’opera dell’Angelo guardando e custodendo i nostri fratelli.

Vangelo secondo Luca 9,46-50

In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».

LA VIA DELL’AMORE

Leggiamo questo Vangelo, già conosciuto nelle ultime domeniche nel testo di Marco, sullo sfondo della santa di oggi. Teresa di Gesù Bambino si considerava come bambina di fronte a Gesù, cercando la via semplice dell’amore e dell’obbedienza. Scrive: “E incredibile come mi appare grande il mio cuore quando considero i tesori della terra, poiché tutti insieme non potrebbero contentarlo. Invece, come mi pare piccolo quando considero Gesù! Vorrei amarlo tanto!” In questo trasporto di amore ha tracciato una strada possibile per ogni cristiano.

 

Oggi alla Messa della Comunità ho lasciato la Parrocchia della Cattedrale e ho partecipato all'ingresso del nuovo Parroco.

Ecco il testo e il parlato dell'Omelia e qualche foto.

 

Domenica 26.a - 30 settembre 2018 – Omelia in occasione del congedo dalla Comunità della Cattedrale+ È straordinario e commovente il modo in cui il Signore ci accompagna mentre viviamo. Oggi egli ci raduna nella compagnia dei discepoli che lo seguono in questa comunità parrocchiale. E vedono spuntare all'orizzonte un altro annunciatore e forse vorrebbero rivendicare solo a se stessi il compito e la missione. Gesù allarga il nostro cuore. La missione è più grande, si allarga a nuove dimensioni, cammina nel tempo e oggi nella comunità della Cattedrale di Chioggia acquista il volto del nuovo parroco. Un nuovo dono nella trafila dei pastori di questa Chiesa.

 

+ Ma lo sguardo è più ampio. Lo spirito concesso a Mosè non è una sua esclusiva ma viene effuso sui 70. Nella Pentecoste accade di più: lo Spirito scende sui 120 e viene annunciato che i nostri figli e le nostre figlie diventeranno profeti. Stiamo partecipando all'azione di Dio che rinnova la vita ed edifica la sua presenza nel mondo. Il popolo di Dio e i suoi profeti, il popolo di Dio e la sua guida. Siamo qui amati, scelti, pronti a proseguire e a ricominciare.

Ma che cosa fa di noi il suo popolo, che cosa fa di noi la Chiesa di Dio nel mondo?      Che cosa ci costituisce discepoli del Signore?

+ Forse la fedeltà a una tradizione che ci viene tramandata, ricca di valore e di valori, illuminata da presenze significative di preti, suore, laici? Questa tradizione ha ancora la forza di muoverci, di farci vivere? La fedeltà a quello che abbiamo ricevuto da altri e che magari noi stessi abbiamo vissuto in passato, regge di fronte al logoramento del mondo e all’urto delle circostanze della vita?

+ Forse basta una decisione di bontà, di buona volontà, basta un insieme di valori, di buoni pensieri e buoni propositi, ideali, prospettive di rinnovamento, un nuovo progetto e nuovi programmi pastorali, iniziative originali e coinvolgenti, atti di bontà e carità, tutto questo potrà giungere a muovere il cuore, a convincerci ad essere cristiani e a compiere la missione cristiana? Basta tutto questo a provocarci a convincerci, a cambiare una vita?                                                                                            Quello che accade con il cristianesimo è un fenomeno assolutamente nuovo, è un fatto imprevedibile che appartiene a una nuova e radicale iniziativa di Dio.

+ Era buona, docile, fedele alle regole del suo popolo la ragazza di Nazaret di nome Maria. Ma l'annuncio dell'Angelo fa accadere in lei e per lei una cosa imprevista, impossibile all'uomo. Offre una vicinanza, una presenza inaudita di Dio, che prende le sue viscere di giovane donna, la sua carne e il suo sangue. Esalta la vita fino alla glorificazione della persona nell’Assunzione al Paradiso.

+ Cosa accade nei due che pendono dalle labbra di Giovanni Battista e si muovono seguendo il suo annuncio "Ecco l'Agnello"? Giovanni e Andrea seguono l’uomo nuovo Gesù e gli chiedono dove abita e stanno con lui tutto quel giorno e tutti i giorni della loro vita.

Quello che accade alla Samaritana al pozzo, a Zaccheo sull'albero, alla donna che arriva ai suoi piedi a spargere il profumo. Una scossa, un turbamento, un cambiamento, una rivoluzione nella vita, un amore, un attaccamento, uno slancio che prende tutta la persona, corpo e anima, cuore e ragione, tempo ed eternità.

Così è accaduto a noi. Una cosa imprevedibile, un avvenimento non preventivato, un fatto che ci ha presi dentro un rapporto, dentro un amore, dentro una compagnia di amici che lo seguono, arrabattandosi con i propri limiti, ma da lui conquistati. Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna, tu solo sei il contenuto, lo scopo, l'origine, l'amore della vita.

Per questo – per te, con te o Signore Gesù - possiamo perdere una mano o un piede, un occhio o un mucchio di denaro, possiamo perdere il tempo della vita, gli onori e il successo, per guadagnare te. Guadagnando te ritroviamo la nostra anima, conquistiamo la nostra felicità, acquistiamo la vita.

È quello che ci è accaduto, che mi è accaduto e continua ad accadere, in questi 78 anni di vita, in questi 54 anni di vita sacerdotale, 51 di vita in parrocchia. Questi ultimi 8 anni hanno costituito una ricchezza, come l'oro purificato nel fuoco e ricondotto al suo pieno valore. Attraverso la corrispondenza e la non corrispondenza, attraverso le occasioni grandiose e quelle quotidiane che questa immensa e splendida cattedrale ha offerto, attraverso la compagnia e la solitudine, la parola e il silenzio, le case e le calli e il Corso, i parrocchiani e i cittadini, i collaboratori e i turisti, i vicini e i lontani, gli amici e gli estranei, i bambini ricchi di semplicità e di affetto, gli anziani fedeli, gli adulti e le famiglie, attraverso la compagnia e il servizio di persone esperte e semplici, attraverso la solidarietà di altri sacerdoti e il sostegno del Vescovo, attraverso le Suore che hanno manifestato l'amore a Cristo accogliendo i semplici e i poveri e servendo la liturgia della Chiesa, attraverso le occasioni clamorose e quelle semplici, Cristo si è imposto nella mia vita, mi ha attratto come il discepolo che Egli amava, mi ha stretto al suo petto.

A me, a noi, è accaduto, sta accadendo come  allo staretz Giovanni nel racconto dell'Anticristo del grande scrittore e filosofo russo Soloviev. Un giovane uomo di trentatré anni diventa il grande benefattore dell'umanità, il suo pacificatore, sostituendo finalmente il maestro crocifisso di Nazaret. Ora egli vuole riunire intorno a sè tutte le religioni e vuole unificare i cristiani divisi. In un grande concilio a Gerusalemme promette ai cattolici che restituirà loro il potere temporale e tutti i privilegi, ai protestanti promette l'università della parola e del libro della Bibbia, agli ortodossi un grande museo che raccolga tutte le loro tradizioni. Molti acclamano e si concedono al nuovo potere universale, al nuovo ordine mondiale. Allora simile a un cero candido si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità".

Gesù e tutto quello che deriva da lui, la vita e la chiesa: questo è l’amore e il compito del cristiano, di me, di don Danilo, di noi, di tutti.

GRAZIE A CHI OGGI MI ACCOMPAGNA CON UN PREGHIERA.....

Vangelo secondo Marco 9,38-43.45.47-48

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

UN VANGELO TAGLIENTE

Un Vangelo tagliente. E’ il caso di dirlo: un Vangelo che induce a tagliare la mano che ti scandalizza, il piede, l’occhio. Mano, piede, occhio sono i nostri ‘strumenti’ di relazione e di contatto con la realtà di cose e persone. Ed è nei rapporti con persone e cose che la nostra personalità si apre o si chiude, cresce o si mortifica. Nel profondo di ogni azione e di ogni sentimento, c’è un cuore, il nostro cuore aperto o chiuso, disponibile o angoloso. Un cuore capace di accogliere e riconoscere, valorizzare e sostenere anche chi è diverso da noi e realizza il bene in maniera diversa. O forse non realizza il bene, ma è semplicemente un povero, una persona bisognosa, un bambino che ha sete, e che noi possiamo aiutare sporgendolo alla fontana o donandogli un bicchiere d’acqua. Alla fin fine, il Vangelo va a concretizzarsi nei gesti semplici e quotidiani. Il nostro stesso bene, il nostro destino, si gioca nella ‘banalità del bene’ che ogni giorno il Vangelo ci spinge a compiere.