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Vangelo secondo Luca 4,31-37

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

PRESENZA E PAROLA

 

Lì dove arriva, Gesù non suscita solo sorpresa e accoglienza, ma anche contrasto e opposizione. Egli è una presenza diversa. Se ne accorge in modo particolare satana, il grande nemico e oppositore. E’ iniziata una grande lotta, alla quale ogni uomo è invitato a partecipare. Non possiamo vincere il male con la forza nostra, ma con la potenza di Cristo, che si impone con la sua presenza e la sua parola. Ecco il punto da cui ricominciare.

Vangelo secondo Luca 4,16-30

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

NUOVO INIZIO

Un momento importante nella vita di Gesù. Quasi un nuovo inizio per lui, che nella sinagoga del paese definisce la sua missione, riconoscendosi nella profezia di Isaia circa il messia. Un annuncio troppo grande per i suoi concittadini che paragonano le sue parole con il garzone figlio di Giuseppe che essi conoscevano.

Quando incrociamo Gesù, i nostri schemi e le nostre conoscenze non bastano mai: occorre sempre aprire nuovamente la mente e il cuore al mistero della sua persona.

Vangelo secondo Matteo 16,21-27

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

LA LUNGA VIA

L’apostolo Pietro ha appena proclamato Gesù come Messia e Figlio di Dio, ricevendone solenne conferma, e subito Gesù gli taglia la strada: annuncia la sofferenza, la morte, la risurrezione. Pietro si ribella, Gesù lo bolla come satana e gli impone di ‘andare dietro a lui’. E’ un passaggio arduo nella vita di Pietro e di ogni seguace di Gesù. Gesù ci propone quello che Lui stesso ha fatto: il dono della vita, per amore di Dio e dei fratelli. Non è il cammino dei disperati e perdenti, ma di chi salva se stesso e il mondo.

Vangelo secondo Marco 6,17-29

In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

SALVACI GESU’!

Ci sorprende sul finire dell’estate la memoria del martirio di Giovanni Battista, provocato da un capriccio odioso. Questo episodio dice che la missione del Battista coincide con la sua vita, e nello stesso tempo lo rende ‘Precursore’ di Gesù anche nella morte. E’ la lunga fila degli innocenti massacrati: bambini abortiti, innocenti violati, donne uccise, poveri abbandonati, naufraghi dispersi…. Chi ci salverà da un cuore chiuso, un cervello ristretto, un animo falsato? Con l’intercessione del Battista, salvaci Signore Gesù.

Venerdì 28 agosto 2020 Sant’Agostino 354-430

Vangelo secondo Matteo 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

L’ATTESA DELLO SPOSO

 

La vita è un’attesa, non proiettata sul vuoto, ma desiderosa di una venuta che compia il nostro desiderio. Desiderio di luce, di amore, di felicità. Cerchiamo per tante strade, intraprendiamo imprese e tentativi come se la risposta sbocciasse della nostra ricerca e fiorisse dalle nostre mani. Infine è Lui a sorprenderci, provenendo da una strada imprevista. E’ la vicenda di Sant’Agostino, che la grazia ha sorpreso mentre lui cercava la gloria, a Milano con il vescovo Ambrogio e altri amici.

Vangelo secondo Matteo 24,42-51

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».

VITA E’ RESPONSABILITA’

 

Siamo stati scelti a vigilare la casa, a sostenerla, incrementarla: la casa dove abitiamo, il luogo dove siamo, il mondo nel quale viviamo; la nostra vita, il nostro lavoro, le persone con le quali viviamo e quelle che incontriamo. Cosa dobbiamo fare? Vivere sapendo di essere chiamati, incaricati, inviati: la vita come vocazione; la vita come missione. Non rimaniamo in balia di noi stessi, ma rispondiamo a Colui che ci chiama. Viviamo con ‘responsabilità’.

Domenica 30 agosto 2020 - XXII del Tempo Ordinario, Ciclo A

Introduzione del celebrante
Come mendicanti bisognosi e pieni di fiducia, ci avviciniamo al Signore affidandogli la nostra preghiera.

1. Signore Gesù, donaci la grazia e la gioia di seguirti portando la nostra croce con fortezza e fiducia, in compagnia con i nostri fratelli,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, sostieni tutti coloro che si lasciano sedurre dal tuo amore, come il profeta Geremia. Ti affidiamo coloro che tu chiami al sacerdozio e alla vita consacrata,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

3. Signore Gesù, ti affidiamo i cristiani che vivono isolati e perseguitati in tante parti del mondo: rendi concreta la solidarietà attraverso la preghiera e l’azione di carità,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

4. Signore Gesù, ti ringraziamo per la bellezza e la varietà del mondo nel quale viviamo. Donaci di custodire il creato con vigilanza e rispetto,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
Presentiamo a Dio Padre la nostra preghiera per la Chiesa e per tutti gli uomini. Per Cristo nostro Signore.

Spunto della domenica
Siamo cristiani, ma come Pietro vorremmo tirare Gesù dalla nostra parte piuttosto che seguire noi la sua strada. La sua strada si presenta attraverso la croce, ma giunge alla vita nuova della risurrezione e diventa testimonianza per tutti. Guardiamo l’esempio di tanti cristiani del passato e del presente, particolarmente di quanti subiscono martirio.

IL VANGELO DI SAN BENEDETTO

Il Vangelo è un campo nel quale puoi continuamente scavare in cerca del tesoro. Un tesoro inesauribile che si rivela man mano che procedi, spesso in buona compagnia con altri cristiani. Quante volte abbiamo fatto, come il pastore, il percorso alla ricerca della centesima pecora che si era perduta? Gesù non parla per concetti, ma attraverso immagini da guardare. Lui stesso è immagine del Padre che si comunica a noi sfaccettandosi in mille riflessi. Egli non racconta fatterelli, ma ci coinvolge in un giudizio sulla vita; ci guarda in faccia e dice. “Chi di voi..?”. Ci fa identificare personalmente con quella centesima pecora che si era perduta e con le novantanove lasciate al sicuro, e ci rende partecipi della gioia del ritrovamento.

C’è poi l’uomo ferito, lasciato sulla strada mezzo vivo (o mezzo morto, che è lo stesso): una vita a metà, nella quale possiamo trovare un’immagine di noi stessi. C’è la carità del buon samaritano, che tuttavia non si muove da solo, ma cerca la collaborazione dell’albergatore e lascia presso di lui l’uomo ferito. Il comandamento ci invita ad amare l’altro come se stesso. E Dio, ama noi come ama se stesso? In Lui l’amore a se stesso è lo Spirito Santo, che viene donato a noi per generare vita, come in Maria.

Ed ecco “l’offerta disturbata” di colui che si reca all’altare e lì si accorge del fratello che gli è avverso. La riconciliazione entra a far parte dell’offerta, nella quale è inclusa tutta la vita, accolta e ristorata da Cristo.

Infine, non una parabola, ma il cammino sull’acqua, con Gesù che invita noi, uomini fluttuanti, a seguirlo rinnovando la nostra fede in Lui. Dove ritrovare dunque il Signore se non in un luogo umano, fatto di persone, relazioni, spazi e tempi? San Benedetto lo mostra precisamente con la sua regola costituendo nel monastero la comunità ‘regolata’ dei suoi discepoli.

Sulla filigrana della regola di San Benedetto, l’abate generale dell’ordine dei Cistercensi rilegge parabole e fatti del Vangelo, scovando nuovi tesori nel campo.

Mauro Giuseppe Lepori, Pecore pesanti e fratelli fluttuanti,

La via di san Benedetto alla cura dell’altro

San Paolo, Milano 2018 pp 126 € 10,00

 

 

LA MERAVIGLIA DELLA VITA

Non si cammina solo con i piedi. Si cammina con gli occhi, guardando; si cammina con gli orecchi, ascoltando; con il naso, respirando e odorando. Il corpo e l'anima si sciolgono a contatto con l'aria del mare e la frescura della montagna. Ci lasciamo invadere dai colori dell'acqua sempre in movimento sulla superficie del mare e dalle piante sui monti con tutte le tonalità del verde, e aspiriamo i profumi che si spandono dalla salsedine della laguna e dagli umori della terra. Ci apriamo ad ospitare il mondo tutt'intorno, scorgendo l'ultimo profilo dell'orizzonte.

Lo sguardo sul mondo ti rivela a te stesso, nella fragilità e nella complessità dell’umana esistenza; ti percepisci come un'infinitesima parte del tutto, e insieme come coscienza viva e strumento di un’orchestra che suona la musica dell'universo. Che cosa sarebbe l'infinito cielo stellato senza chi si muove a guardarlo e scoprirlo, scrutando i sentieri del cielo e forando il buio della notte?

Mentre la volta dell’universo si dilata, si allargano le dimensioni dell’animo umano. La musica che ascolti non è più solo un insieme di note che sobbalzano planando verso il silenzio, ma descrive il rapporto con l’infinito, come nel concerto per violino e orchestra di Mozart, dove il dialogo di un solo violino si alterna con gli altri strumenti in una serie di inseguimenti per arrivare all’abbraccio dell’ultima danza.

La realtà delle cose, degli avvenimenti, delle persone non si frantuma nella dispersione di mille frammenti, ma viene attratta a un punto di unità. Nulla di quel che siamo finisce nel vuoto e nell’insignificanza. Gli amici raccontano della bellezza e della pace nello stare con Cristo persino nella malattia, nell’immobilità e nella solitudine. Il volto di Colui che fa tutte le cose, e che ti vuole bene da sempre e per sempre, raggiunge il malato di Covid attraverso il brillio degli occhi di un’anonima infermiera che domanda: “Come ti senti?”. E la donna che da 30 anni si muove in carrozzella, ringrazia della vita che le allieta il cuore attraverso la compagnia degli amici fedeli nel tempo; se ne accorge anche la badante, che si commuove dicendo di non aver mai visto un’amicizia così intensamente bella.

Camminiamo nel sole della vita o sotto l’improvviso temporale che interrompe l’escursione. Ci lasciamo sorprendere dal sole che spunta improvviso dalla forcella tra i monti o si presenta con un’unghia sottile a livello dell’orizzonte sul mare. Lo sguardo si illumina mentre riconosci la stessa tua sorpresa nel volto dei compagni di strada. Pieni di meraviglia, ci apriamo al sublime.

Vangelo secondo Matteo 23, 27-32

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

UN BENE INTERO

L’ipocrisia difende se stessa, nascondendo sotto una bella apparenza il marciume del cuore.
Accusa il passato e non si impegna a riconoscere e a realizzare il bene che è possibile compiere nel presente. E’ un modo per rimanere fuori della realtà, pur camminandovi sopra. Gesù ci spalanca a guardare e a vivere tutto il reale, senza finzioni e senza falsità: viviamo il presente, percorrendo la via del bene con tutto noi stessi, corpo e anima. Domandiamo che la sua grazia ci sostenga.