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Vangelo secondo Luca 19,45-48

In quel tempo Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

UNA CHIESA DI PREGHIERA

Come desideriamo ritrovare la casa di preghiera. Nel tempio, nella chiesa che abitualmente frequentiamo e in quella che andiamo a cercare per incontrare nel silenzio la presenza di Gesù. Chiesa, luogo di preghiera personale e nella comunità riunita. Chiesa luogo di ascolto, nella parola proclamata nella celebrazione; ne attendiamo una presentazione sobria da parte del celebrante per coglierne il valore nella nostra vita. Non si può vivere senza preghiera e senza parola. Non si può vivere senza Chiesa.

Vangelo di Luca 19,41-44

In quel tempo Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

GESÙ PIANGE SULLA CITTÀ

Gerusalemme riceve la visita del Figlio di Dio, e non la accoglie. Anzi, violentemente la respinge. Gesù piange su questo rifiuto perché la città si trova indifesa rispetto agli attacchi del male, che saranno impersonati qualche decennio dopo dall’assalto dell’esercito dell’impero romano. In un tempo di sofferenza e di desolazione, Gesù guarda ancora le nostre città, che sono tutte insieme la ‘sua’ città, e condivide il pianto di tanti. Il suo pianto ci consola, perché la Sua è la croce che conduce a salvezza.

Vangelo secondo Luca 19,11-28

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d'oro, dicendo: "Fatele fruttare fino al mio ritorno". Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: "Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi". Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate dieci". Gli disse: "Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città".
Poi si presentò il secondo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate cinque". Anche a questo disse: "Tu pure sarai a capo di cinque città".
Venne poi anche un altro e disse: "Signore, ecco la tua moneta d'oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato".
Gli rispose: "Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi".
Disse poi ai presenti: "Toglietegli la moneta d'oro e datela a colui che ne ha dieci". Gli risposero: "Signore, ne ha già dieci!". "Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me"».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

RISPOSTA AL COMPITO

Questa parabola è il rimbalzo della parabola dei talenti raccontata da Matteo domenica scorsa. Qui sembra accentuarsi il dramma di un uomo senza coraggio e senza decisione. Ignavia e pigrizia, come chi si lascia vivere e non reagisce con responsabilità e spirito di iniziativa. Quest’uomo solo annega nella paura e nella solitudine. Il riscatto può avvenire dal mettersi di fronte con verità a colui che ci dona la vita, il nuovo giorno, il compito da svolgere per il bene nostro e di tutti.

Vangelo secondo Luca 19,11-28
In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d'oro, dicendo: "Fatele fruttare fino al mio ritorno". Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: "Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi". Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate dieci". Gli disse: "Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città".
Poi si presentò il secondo e disse: "Signore, la tua moneta d'oro ne ha fruttate cinque". Anche a questo disse: "Tu pure sarai a capo di cinque città".
Venne poi anche un altro e disse: "Signore, ecco la tua moneta d'oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato".
Gli rispose: "Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi".
Disse poi ai presenti: "Toglietegli la moneta d'oro e datela a colui che ne ha dieci". Gli risposero: "Signore, ne ha già dieci!". "Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me"».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

RISPOSTA AL COMPITO

Questa parabola è il rimbalzo della parabola dei talenti raccontata da Matteo domenica scorsa. Qui sembra accentuarsi il dramma di un uomo senza coraggio e senza decisione. Ignavia e pigrizia, come chi si lascia vivere e non reagisce con responsabilità e spirito di iniziativa. Quest’uomo solo annega nella paura e nella solitudine. Il riscatto può avvenire dal mettersi di fronte con verità a colui che ci dona la vita, il nuovo giorno, il compito da svolgere per il bene nostro e di tutti.

Domenica 22 novembre 2020
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO, Ciclo A
SOLENNITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO

Noi ti preghiamo: SALVA IL TUO POPOLO, SIGNORE

Introduzione del celebrante
Riuniti nel popolo di Dio davanti al Signore Gesù nostro Re, presentiamo la nostra comune preghiera.

1. Signore Gesù, mentre ti celebriamo come re e pastore, ti domandiamo di riconoscerti e servirti nei fratelli, per presentarci davanti al Padre con il tuo giudizio di misericordia,
Noi ti preghiamo: SALVA IL TUO POPOLO, SIGNORE

2. Signore Gesù, dona il tuo cuore di pastore al Papa, ai vescovi, ai sacerdoti, padri e fratelli nella fede; il popolo cristiano li sostenga con affetto e carità. Illumina con la tua grazia la vita e la missione dei monaci e delle monache,
Noi ti preghiamo: SALVA IL TUO POPOLO, SIGNORE

3. Signore Gesù, ti affidiamo coloro che svolgono un compito educativo in famiglia, nella comunità cristiana, nella scuola, nelle attività sociali e sportive; rendili saggi e autorevoli,
Noi ti preghiamo: SALVA IL TUO POPOLO, SIGNORE

4. Signore Gesù, ti affidiamo i malati negli ospedali e nelle case, e tutte le persone ferite nel corpo e nell’anima. Sostieni il lavoro di quanti ci accompagnano a vivere e a superare questa difficile situazione,
Noi ti preghiamo: SALVA IL TUO POPOLO, SIGNORE

Conclusione del celebrante
Signore Dio, nostro re e pastore guida la nostra vita con la tua sapienza; salvaci con la tua misericordia. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen

Spunto della domenica
Riconoscere Gesù nostro re ci libera dal ricatto dei poteri che tendono a dominare su di noi. L’esperienza della storia – e quella di questi mesi in particolare – dimostra l’incapacità di ogni potere politico o economico a salvare l’uomo e condurlo alla pienezza della vita. Gesù è il vero bene che ci salva. Proprio per questo Gesù rilancia la nostra iniziativa personale, ci apre e ci sollecita al rapporto di carità verso il prossimo, per attuare con lui il primo passo verso la salvezza che è la carità. “Ogni volta che avrete fatto questo…. L’avete fatto a me”. Aiutiamoci a essere discepoli di Cristo re! Fra le tanti proposte, la Colletta Alimentare che quest’anno si svolge in un modo speciale.

 

STENDI LA MANO

Stendi la tua mano, stendete la mano, tante mani. Si prolunga l’invito fatto da Papa in occasione della giornata dei poveri. La mano che domanda e attende. La mano che porge e aiuta. Oggi che le mani non si aprono neppure per l’abbraccio di pace della Messa, è necessario porgere la mano attraverso vie virtuali. Certo, non si mangia e non si beve ‘virtualmente’ e occorre il prodigio della carità per trasformare il gesto virtuale in pane e companatico. E’ il cibo che corre per le vie dell’Emporio di carità, passando attraverso un cartellino. Quest’anno accadrà anche con la Colletta alimentare ai supermercati. Niente cartoni riempiti di alimenti di tutte le specie, ma una card per una spesa virtuale che ritornerà al Banco alimentare trasformata in cibo. E’ come il miracolo della moltiplicazione dei pani. Lì è bastata una parola, e quale parola, e i cinque pani sono diventati mille e mille. Qui saranno centinaia e migliaia di tagli da due euro, cinque, dieci. Come un esercito di Napoleone. Che c’entra Napoleone, il quale depredava le campagne, piuttosto che sfamare la gente? A un convegno pure ‘virtuale’, dove partecipa il cardinal Zuppi con altri illustri personaggi, sento dire: “Non aspettare di essere Napoleone…” Non aspettare di essere un grande personaggio, non aspettare di essere un potente, non aspettare di fare la grande impresa. Fai la piccola impresa di oggi, quella di porgere la tua mano. Quando tante mani si porgono a donare, diventa un esercito come quello di Napoleone, non per depredare, ma per raccogliere e distribuire. E’ il grande cuore della chiesa che si muove. La chiesa di popolo va oltre le sue mura. Vive nelle case, percorre le strade, entra negli androni delle stazioni. Quanta gente sta vicino a chi è debole, quanti sanno perdonare e donano un tempo della giornata, un sorriso e un atto di pazienza. La chiesa della carità si è mossa nei secoli, e ha costruito Cattedrali e lazzaretti. Offrendo spiccioli e monete, e anche la pelliccia, come ha fatto la ricca signora decaduta che non aveva nient’altro da offrire per contribuire alla cattedrale in costruzione. Bisogna costruire e ricostruire la cattedrale della vita, della società, della comunità, porgendo la mano e guardandosi in faccia. Lo sguardo giunge fino al cuore delle persone, come quando si dona l’Eucaristia. Anche allora si stende la mano: si dona Cristo e si dona a Cristo. La carità non ha confini e barriere, e tocca le dimensioni della terra e del cielo.

Vangelo di Luca 19,1-10

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

LA SALVEZZA IN CASA

Doveva avere un grande desiderio e un grande bisogno, Zaccheo, per essere così audace nella ricerca di Gesù. Doveva sperimentare il grande vuoto di tutta la sua ricchezza e dei suoi imbrogli, per cedere con tanta immediatezza di fronte a Gesù. Nello stesso tempo, dovevano essere veramente straordinari il fascino e la parola del Signore, per prendere così il cuore e l’anima di Zaccheo. Domandiamo di potere desiderare in questo modo anche per noi - e per gli altri - questo incontro di salvezza.

Dal Vangelo secondo Luca 18,35-43

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

Il GRIDO DEL CIECO

Il grido del cieco rimbalza fino ai nostri orecchi e diventa il grido dell’umanità bisognosa di Cristo. La nostra scienza e tutto lo sviluppo delle conoscenze e delle tecniche più raffinate non bastano a salvarci. Qualora anche – in un mondo impossibile – si arrivasse a risolvere tutti i problemi sanitari e quelli economici, ancora ci sfuggirebbe il raggiungimento della felicità personale e della pace sociale. Il nostro bisogno ci mette sulla strada di Gesù, fino a sperimentare la sua presenza di salvezza.

Vangelo secondo Matteo 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

I TALENTI

A fine anno liturgico, ci viene riproposta questa parabola semplice che i ragazzi delle scuole elementari sentivano raccontare alla Messa di inizio dell’anno. Uno stimolo perfetto per decidersi a impiegar bene i propri doni. Non solo per la scuola. Dio non ci vuole passivi, né rassegnati. Abbiamo abbastanza intelligenza ed energia per affrontare ogni situazione, con cura e dedizione. E’ quel che accade ancora nelle case, nelle scuole, negli ospedali, nei laboratori di ricerca, nelle comunità cristiane. Alla fine, il più gran talento è la carità e con essa una misericordia senza confini.

Vangelo di Luca 18,1-8

In quel tempo Gesù diceva ai suoi discepoli: “Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: «Fammi giustizia contro il mio avversario». Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: «Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi»». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

LA PREGHIERA DEL FIGLIO

Cosa sostiene la nostra vita? Cosa dà valore ai giorni e alle attività che compiamo? Non viviamo da soli e non sprofondiamo nella voragine delle difficoltà e nel baratro della disperazione. Non ci salviamo da soli. Gesù ci indica il Padre che vigila sulla nostra vita e risponde al nostro bisogno. La fede di un figlio lo riconosce. Guardiamo con fiducia, invochiamo con insistenza, affidiamoci con umiltà. Nella compagnia dei fratelli, nella comunione della chiesa.