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Vangelo secondo Marco 4,35-41

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

NON T’IMPORTA, SIGNORE?

La violenza delle onde che si rovesciano sulla vita ci fa gridare al Signore perché ce ne liberi. E Lui, come interviene? Può accadere il miracolo di un dramma che si risolve e di una situazione che si semplifica. Il vero miracolo tuttavia è un altro, quando ci lasciamo sorprendere dalla domanda finale degli apostoli: “Chi è costui?...”. L’esperienza della grazia di Gesù che è con noi anche nel mare in tempesta, questo è il vero miracolo.

'I cristiani sono l'anima del mondo'. La prima volta che udii questa espressione fu un lampo di luce. Insieme con altri giovani amici, sacerdoti e laici, eravamo presi dalla responsabilità per la missione della Chiesa nel mondo. Non ci corrispondeva l'immagine allora imperante di una Chiesa proiettata alla conquista e al dominio del mondo. Sul versante opposto, ci affascinava la proposta di immergerci nel mondo come lievito nella pasta; tuttavia vedevamo alcuni amici, che si erano lanciati in questo tentativo, spegnersi nell’insignificanza o catturati dall’ideologia.  Ci attraeva la possibilità di entrare nel mondo con la libertà della fede, con un volto e un cuore dominati dalla passione di Cristo. Un principio vitale, attivo ma non aggressivo, vivace ma non prepotente, attraente ma non propagandistico ci veniva presentato da un vivace sacerdote che, in un convegno missionario, proponeva la nuova immagine della missione non in termini di conquista o di colonizzazione, ma come presenza discreta ed efficace sulle orme di Cristo. Il nucleo ardente del suo discorso traeva origine da un manoscritto scoperto nel 1436 a Costantinopoli in una pescheria, usato come carta da imballaggio insieme con altri scritti già noti, denominato ‘A Diogneto’. L’autore ignoto di questo testo, il cui contenuto aveva cominciato a diffondersi dalla seconda metà dell’Ottocento, racconta la vita dei primi cristiani a un certo Diogneto, al quale ‘interessa molto conoscere la religione dei cristiani’; lo invita a ‘purificarsi da tutti i pregiudizi che gli invadono la mente’, a sbarazzarsi dalle ingannevoli consuetudini e a diventare un uomo nuovo, discepolo di una ‘dottrina nuova’. Così scrive:                                                                    A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo…           

E prosegue:            I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini…. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini, e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera.  Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.                                     Queste parole precise e intense continuano a segnare una direzione e diventano realtà nella vita di tanti cristiani. Nel mondo di tutti, i cristiani – singolarmente presi o in famiglie e gruppi, fraternità e comunità – vivono una novità che cambia il rapporto con le persone, le cose, gli avvenimenti, nella consapevolezza di essere scelti e amati per testimoniare il Signore nel mondo. E’ una strada aperta anche oggi per tutti i seguaci di Gesù, ciascuno nella fedeltà alla propria vocazione, qualunque essa sia e dovunque conduca, consapevoli di un bene che viene ricevuto per essere donato. Una prospettiva di vita attraente come il sole a mezzogiorno e vivace come le onde che vengono a lambire la spiaggia: così i cristiani sulla spiaggia del mondo.

Vangelo secondo Marco 4,26-34

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

LA FORZA DEL SEME

Queste parole di Gesù descrivono la potenza della semente gettata nel terreno. E’ la forza della Parola di Dio, la grazia che si comunica al cuore e alla mente della persona quando si aprono all’incontro con il Signore. Può avvenire anche attraverso una circostanza casuale, un episodio fuggevole, un fatto imprevisto. Occorrono due elementi: colui che getta il seme della parola e un cuore che si apre a riceverla. Il resto lo compie Dio. Come nella vita di don Bosco.

Vangelo secondo Marco 4,21-25

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».

LA LUCE DEGLI OCCHI

Un cristianesimo luminoso negli occhi che guardano e si lasciano guardare, e fanno trasparire un cuore che ospita la Sua presenza. E’ una luce che sgorga da un cuore abitato, e illumina i rapporti con le persone, le azioni della vita, le vicende facili o faticose. Un cristianesimo palese, non per ostentazione o per finzione, ma per un riflesso della luce di Dio. Un dono di grazia da chiedere e da conservare.

Come andare in aiuto a questo mondo che – si afferma da molte parti – gira a rovescio? C’è una depressione non solo economica e politica, ma del desiderio. Non si desidera e non si trova niente di buono al di fuori della minuteria quotidiana, come una buona merenda, una rapida soddisfazione, il breve sollievo per un intrigo finalmente risolto… Per il resto, il mondo vada come vada. D’altronde, che cosa posso fare io di fronte alle guerre che dilaniano popoli e uccidono bambini, di fronte a politici che litigano, a potentati che sfruttano??? Che posso fare con le stagioni scombinate, gli incendi rovinosi, i terremoti micidiali, i ghiacciai evanescenti?… Paura e indifferenza spengono nelle giovani famiglie la voglia di futuro e l’attrattiva di mettere al mondo un bel bambino.                                              E la religione? E la Chiesa? C’è chi la giudica più decaduta oggi che non all’epoca dei papi e antipapi, o dell’alleanza col potere imperiale o della corruzione del clero e via dicendo… In questo oscuro panorama, il tempo in cui viviamo, pur ricco di beni come non mai, viene considerato come il peggiore mai capitato. Peggio del diluvio universale, peggio delle invasioni barbariche e dei tempi della peste quando si moriva quattro su dieci ogni giorno.

C’è speranza? Invochiamo speranza in questo Giubileo, e pare un grido disperato come quello dell’uomo sbigottito sulla spalliera del ponte nel quadro di Munch. Da quale parte uscirne? Non ci è data la facoltà di scendere da questo mondo, né possiamo cambiare direzione alla carrozza per infilarci nella strada del cielo.            Di fronte a uno scenario che sa di apocalisse disperata, mi insorge in cuore, con la potenza di una sorgente finalmente libera, la considerazione che il poeta Charles Péguy faceva agli inizi del ‘900:

C’era la cattiveria dei tempi anche sotto i Romani. Ma Gesù venne. Egli non perse i suoi anni a gemere ed interpellare la cattiveria dei tempi. Egli taglia corto. In un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Egli non si mise a incriminare, ad accusare qualcuno. Egli salvò. Non incriminò il mondo. Egli salvò il mondo».

Dunque, di fronte alla cattiveria dei suoi tempi, Gesù fa il cristianesimo!! Offre se stesso, il suo modo di parlare e incontrare, di vivere e pregare, di guardare e perdonare. Cristo dona se stesso! E noi, che possiamo fare? Noi non siamo lui; anche donassimo noi stessi, sarebbe un niente nel mare del mondo.  Noi possiamo dare quel Gesù che ci viene donato. Possiamo metterci in fila dietro a Lui per ‘fare il cristianesimo’. Possiamo parlare di Lui, raccontare di chi l’ha incontrato, seguito, amato. Charles de Foucauld, quando intercetta il Dio vivo in Cristo, afferma: “Se Dio esiste ed è così, io non posso che vivere per lui”. Per imitare Gesù povero va a Nazaret e poi nel deserto. Possiamo dunque fare un pezzettino di cristianesimo, una pietruzza del mosaico. Possiamo vivere avendo in mente e in cuore Gesù, possiamo testimo niare una vita di amicizia con Lui, portando insieme con lui il sudore della giornata, la gioia e il dolore. Come quella donna malata di tumore, che avrebbe dovuto morire sei mesi fa: trovandosi ancora in vita, ringrazia commossa il Signore che le dona ogni giorno un giorno in più. Anche questo è fare il cristianesimo…

 

 

Vangelo secondo Marco 4,1-20

In quel tempo, Gesù cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva.
Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».

LA SEMENTE GETTATA

Il campo del mondo, come il campo del nostro cuore, ha bisogno della semente per fruttificare. Può accadere che il campo del mondo e del cuore rimane vuoto, refrattario alla semente del Vangelo, che non viene gettata o viene rifiutata e neppure riconosciuta. L’aridità del mondo e del cuore rispetto al Vangelo rende arido il mondo e improduttiva la vita. Occorre ridestare il desiderio della semente, l’attesa del sole e della pioggia, e riconoscere chi torna a seminare il Vangelo di Gesù.

Introduzione del celebrante
Gesù presentato al tempio da Maria e Giuseppe e riconosciuto con gioia da Simeone e Anna ci invita oggi ad accoglierlo e a invocarlo.

Preghiamo: SIGNORE GESU’, LUCE E SALVEZZA, ASCOLTACI

  1. Signore Gesù, che ti presenti a noi nella Parola e nell’Eucaristia, donaci di accoglierti come Salvatore nostro e di tutti. La luce del tuo Vangelo illumini le tenebre del mondo con la pace e la giustizia,

Preghiamo: SIGNORE GESU’, LUCE E SALVEZZA, ASCOLTACI

  1. Signore Gesù, illumina e sostieni i pastori della Chiesa. Rendili testimoni della tua gioia, insieme con tutti i consacrati e le consacrate nella vita religiosa,

Preghiamo: SIGNORE GESU’, LUCE E SALVEZZA, ASCOLTACI

  1. Signore Gesù, Ti affidiamo le persone anziane, le persone deboli e malate, insieme con i familiari e con quanti le accompagnano; dona speranza e fortezza a chi è incamminato al compimento della vita,

Preghiamo: SIGNORE GESU’, LUCE E SALVEZZA, ASCOLTACI

  1. Signore Gesù, grazie per il dono della vita nostra, dei figli e nipoti; sostieni la fiducia e l’amore di tutte le famiglie, nella gioia della fraternità e della condivisione,

Preghiamo: SIGNORE GESU’, LUCE E SALVEZZA, ASCOLTAC

Conclusione del celebrante
Invochiamo la benedizione di Dio su tutte le famiglie, per il dono della vita e della fede.

Per Cristo nostro Signore.

UNA FESTA CONDIVISA

Il Natale del Signore rimbalza fino a questa giornata: Gesù Bambino viene riconosciuto come salvatore di tutti. La sua presenza in mezzo a noi ridona il gusto della vita, per la nascita dei bambini, la presenza degli anziani, l’accoglienza dei deboli e malati. Un cuore aperto, una fede piena di speranza e di carità apre a una vita buona, per noi e per gli altri, e ci fa sperimentare il dono della fraternità vissuta nell’esperienza di ogni giorno, accompagnati da Maria e Giuseppe e tutti i santi del passato e del presente.

Vangelo secondo Marco 3,31-35

In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo.
Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano».
Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

PER EDIFICARE LA CHIESA

Quale immagine di Chiesa ha Gesù? Una famiglia di persone – madri e fratelli e sorelle - che, seguendo lui, fanno la volontà di Dio. Un rapporto vivo con Cristo, un’attenzione alle sue parole, una sequela alla sua vita, creano un vincolo di unità che si espande nel mondo, come presenza viva e attraente. Una nuova umanità, un nuovo popolo aperto a tutti. Tommaso d’Aquino, che raccoglie i contributi della filosofia del tempo in unità organica, offre grande contributo alla edificazione della Chiesa.

Vangelo secondo Marco 3,22-30

In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito.
Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.
In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna».
Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».

PECCATO CONTRO L’EVIDENZA

Su Gesù viene riversata l’accusa più impossibile, quella di essere lui stesso posseduto dal demonio. Con precisione e audacia, Gesù ne svela la contraddizione. Quando si va contro l’evidenza, è un peccato contro la verità, che non può essere perdonato perché colui che lo compie non ammette la sua devianza. Gesù ci vuole liberi e sinceri di fronte al reale, di fronte al bene e di fronte al male, senza imbrogliare noi stessi e senza farci imbrogliare da satana.