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Lunedì 18 settembre 2023; San Giuseppe da Copertino, patrono degli studenti, Copertino (Lecce), 1603 – Osimo (Ancona), 18 settembre 1663

Vangelo secondo Luca 7,1-10

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

LA FEDE DEL CENTURIONE

Il centurione romano ci anticipa tutti, ebrei e cristiani, antichi e moderni. Lui, romano, ha costruito la sinagoga di Cafarnao, si muove per la guarigione di un servo, si dichiara sinceramente indegno di ricevere Gesù in casa sua, ed esprime una fede assoluta in Gesù fino a invitarlo a fare il miracolo in distanza. Gesù ce lo mette davanti come esempio da guardare. C’è sempre qualcuno da cui possiamo imparare l’audacia della fede e l’apertura del cuore.

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