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Sabato 4 aprile 2020 Sant’Isidoro di Siviglia, vescovo e dottore della Chiesa, 560-636

Vangelo secondo Giovanni 11,45-56

In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

I PASSI DEL DRAMMA

Si stringe il cerchio attorno a Gesù. La risurrezione di Lazzaro, che suscita la fede di molti Giudei, provoca in altri una decisione di morte. Non c’è limite alla cattiveria del pregiudizio e del potere. “Meglio che uno solo muoia per tutti”: le parole di Caifa vengono lette dall’evangelista Giovanni come una profezia. Gesù è morto per tutti, per te, per me, per chi vive e chi muore, per chi dona la vita e chi la trattiene per sé. Volgiamo lo sguardo a Gesù.