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‘FARE I CRISTIANI’

La Chiesa la fanno i cristiani. O piuttosto la fa il Signore Dio nel sacramento del Battesimo che – a detta del catechismo – ‘ci fa cristiani’. Quando e dove ci sono i cristiani, lì c’è la Chiesa. Ogni singolo cristiano è una pietra dell’edificio della Chiesa, e tutti insieme i cristiani ne costituiscono le mura. Quando una pietra si sgretola o un muro si corrode, è la Chiesa che decade.  Un secolo fa, Romano Guardini vedeva la Chiesa risvegliarsi ‘nelle anime’. Continua ad accadere nella vita delle persone che nel tempo e nello spazio credono in Gesù via verità e vita, praticano la carità e camminano nella speranza.

La fede non è solo pensiero della mente e sentimento del cuore, né solo fatica o soddisfazione personale; la fede è esperienza di vita. La fede e la carità, e con esse la speranza, costruiscono opere di assistenza, educazione, presenza sociale, secondo la logica cristiana. Ma, prima ancora, la fede, la carità e la speranza della singola persona e di più persone insieme, si esprimono nella realtà quotidiana di casa, lavoro, rapporti sociali, ciascuno con la propria professione e mansione, nella varietà delle imprese che costituiscono l’intreccio e l’organizzazione della società.

A cavallo del primo secolo, un cristiano ignoto spiega a uno sconosciuto di nome Diogneto “perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al mondo ora e non prima”. Con un linguaggio che sembra preso dal giornale di stamattina, racconta che i cristiani “vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale… Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati…. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. …. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani.”

Il cristianesimo è iniziato da pochi uomini e anche oggi inizia da ciascuno di noi, nel lavoro o in famiglia, dalle piccole comunità di parrocchie o dalle fraternità dei movimenti, dai religiosi e dai missionari. Un padre al lavoro, una mamma con i figli, un prete o una suora: da ciascuno nasce e vive la Chiesa. Un viaggio in treno o in bus può dare occasione di essere testimoni anche solo con uno sguardo, un gesto, una lettura. La bambinetta, guardando il telegiornale che racconta della morte di una giovane, dice: "Mamma, preghiamo per lei”; la preghiera, prima di mille ricerche di un colpevole o di una giustizia umana. In Giappone i cristiani hanno vissuto e pregato per 250 anni di persecuzione senza la presenza di alcun prete. Cosa chiede Dio ai cristiani? Di avere fede ed essere felici e con questa felicità diventare testimoni. I cristiani non inventano innanzitutto dei programmi pastorali, ma vivono la realtà con un’anima e uno stile nuovi; ogni mattina spunta un germoglio che apre alla speranza nell’incontro con chi lavora, patisce, ama, vive. La Chiesa, mentre si edifica, dona respiro, nelle case e nei luoghi di lavoro, tra parentele e amicizie, nei drammi e nelle speranze che attraversano la giornata. La Chiesa la fanno i cristiani, con il dono dello Spirito che alita sul mondo.                                                                        Che cosa resta dunque da fare per rinnovare la Chiesa e la sua missione? Resta da ‘fare i cristiani’.

Angelo Busetto

Vangelo secondo Matteo 11,20-24

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite:
«Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».

LA FEDE; SALVEZZA O PERDIZIONE

Gesù non fa i miracoli solo per il bene di chi soffre. Lo scopo è un altro: che la gente si converta, cioè lo riconosca come Figlio di Dio e Salvatore. La salvezza totale della persona viene dalla fede in Lui. Per questo, le città e le persone che, avendolo incontrato e avendo goduto dei suoi prodigi, non lo riconoscono, vanno perdute. Il punto centrale della vita è sempre Cristo. Riconoscerlo è salvezza. Rinnegarlo è perdizione.

Vangelo secondo Matteo 10,34-11,1

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

NULLA ANTEPORRE A CRISTO

Questo ‘detto’ di San Cipriano, ripreso dalla regola di San Benedetto, ha informato la vita di tanti cristiani, sia nella semplicità del vivere quotidiano, sia nella radicalità della scelta della verginità e nell’affronto del martirio. L’amore grande a Cristo è inclusivo rispetto alle persone: permette di amarle nel rispetto della loro libertà; permette di patire il martirio senza soccombere, ma rimanendo fedeli al Signore. Il miracolo della Grazia attraversa i secoli.

 

Vangelo secondo Matteo 13,1-9 (forma breve)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

LA PAROLA CHE FA VIVERE

Come il sole che sorge ogni giorno, come la luna che segna il tempo, la parola del Signore è la semente buona che alimenta la nostra vita. La accogliamo nel Vangelo di ogni giorno e nell’annuncio della liturgia domenicale. Quale attenzione, quale posto nella nostra vita? Quale spazio, rispetto a tante parole, verità distorte, malizie che ci colpiscono e deformano ogni giorno? Accogliamo il mistero di Dio svelato da Gesù, per entrare con sapienza e coraggio nel mistero della vita e aprirci all’amore ai fratelli.

Vangelo secondo Matteo 10,24-33

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!
Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

L’ARTE DEL DISCEPOLO

Non temiamo di farci discepoli e di continuare ad esserlo. L’arte di imparare è la più utile, perché ci fa godere della sapienza e della capacità altrui. Quando la persona da guardare è Gesù, la sequela diventa un privilegio e un vantaggio, che vanno poi a trasmettersi ad altri discepoli. La storia offre molti esempi: San Francesco segue Gesù; Bonaventura segue Francesco, e via di seguito, in un passaggio di testimone che raggiunge anche noi. A nostra volta, discepoli e testimoni del Signore

Gianluca Attanasio, Una strada nella tempesta. Attualità

UNA SAPIENZA ANTICA ACCOMPAGNA IL TEMPO PRESENTE

La storia dell’umanità è un tappeto intessuto di molti fili. Alcuni di questi emergono per il vivido colore e per la robustezza che sostiene la tessitura. Si può dire che rappresentano i grandi uomini o le grandi donne che danno contenuto e vigore alla storia umana. Alcuni vengono segnalati con l’appellativo ‘magno’, per definirne la grandezza della personalità e dell’opera. Gregorio Magno, monaco e papa, è tra questi. Nato a Roma nel 540 e morto nel 604, la sua vita si intreccia con vicende drammatiche. Dopo la caduta dell’Impero romano, l’Occidente è attraversato dalle invasioni barbariche che arrivano ad occupare la penisola italica. Il tempo della vita di Gregorio coincide con l’invasione dei Longobardi. Già prefectus urbis a Roma, viene inviato a Costantinopoli da papa Pelagio. L’attrattiva della vita del monastero, condivisa con altri amici, è un punto fondamentale della sua esistenza, perché gli permette di ritrovare se stesso e di sperimentare la gioia dell’incontro con Dio. Tuttavia, egli non può rimanere nella quiete monastica. Alla morte di Pelagio, viene eletto papa, per sostenere l’urto dei Longobardi e tenere saldo il timone della chiesa. La sua esistenza si svolge tra vita attiva e vita contemplativa, l’una bisognosa dell’altra, disposte ad arricchirsi vicendevolmente. Ed è in questa fruttuosa tensione che emerge la personalità di Gregorio, autore della famosa ‘Regola pastorale’ consegnata ai pastori d’anime, e di vari commenti biblici.

Sulla filigrana del commento di Gregorio al libro di Giobbe, ma anche di altri suoi scritti, l’autore di questo prezioso libretto svolge il suo percorso, non attraverso un commento letterale, ma riflettendo sui testi di Gregorio il riverbero della sua propria esperienza spirituale e pastorale. La personalità di Gregorio che si confronta con il dramma del suo tempo incrocia il dramma del nostro tempo, nei percorsi della vita spirituale e comunitaria, e in particolare nell’esperienza tra i giovani. Si scopre che, pur nella diversità dei tempi e dei modi, il cuore dell’uomo subisce sostanzialmente le stesse tentazioni, reagisce con gli stessi slanci e si incammina per le stesse strade. Emergono i tratti di una sapienza antica e sempre nuova, nella ricerca di Dio, nell’ascolto della sua parola, nella vita comunitaria. Come una pianta che, a partire dal seme, diventa albero e porta tanti frutti. Percorrendo le pagine di commento, di riflessione, di vita vissuta, si potrà scegliere fior da fiore un argomento, una massima, una riflessione, un intero percorso di vita. Scrive Gregorio: “Se io non mi sforzo di accettare voi così come siete e voi non vi impegnate ad accettare me così come sono, non può sorgere l’edificio della carità tra noi, che pure siamo legati da amore reciproco e paziente”.

Gianluca Attanasio, Una strada nella tempesta. Attualità dell’esperienza di Gregorio Magno. Prefazione di Massimo Camisasca. Cantagalli, Siena 2021, pp 202 € 17,00

Angelo Busetto

Vangelo secondo Matteo 10,16-23

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».

LA VERA VITA

Non va tutto bene, per gli apostoli del Vangelo. I primi, eccetto Giovanni, muoiono tutti martiri. In seguito, una miriade di missionari martiri dovunque viene annunciato il Vangelo. Di più ancora, semplici battezzati vengono uccisi solo perché cristiani: una strage che si è accentuata negli ultimi decenni, soprattutto in certe nazioni dell’Africa e dell’Asia. E dunque?!? Il Vangelo di Gesù ha un fascino inarrestabile: chi lo incontra veramente, incontra la vera Vita, per la quale è disposto a dare la sua propria vita.

Vangelo secondo Matteo 10,7-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti.
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».

MISSIONE, SUBITO

Ed è subito ‘missione’. Strada facendo, cioè vivendo, incontrando, parlando, testimoniando per quello che si è, ridotti all’essenziale che coincide con la propria persona. La testimonianza è la propria vita, la propria esperienza. La missione coincide con l’annuncio che il regno dei cieli è vicino, e con l’azione di carità. Un inizio, anticipo e annuncio della salvezza totale. Occorre camminare tanto, per incontrare, annunciare, salvare. La missione realizzata da Gesù con l’intera sua vita, continua ora nei discepoli.

Vangelo secondo Matteo 10,1-7

In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».

LA CHIAMATA E LA MISSIONE

Gesù chiama i Dodici alla convivenza con lui, alla sua amicizia e sequela. Ben più che allievi con il Maestro; è una vita insieme, con gli sguardi, l’affetto, le occasioni, le difficoltà che questo comporta. I Dodici sono chiamati a entrare nel mistero della vita di Gesù, e a rendersene partecipi. Nella loro libertà vengono a Lui assimilati e resi partecipi della sua missione affinché ogni uomo, a partire dalle ‘pecore perdute della casa d’Israele’, possa incontrare la risposta della vita.