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SULLE TRACCE DEL MISTERO DELLA CHIESA

Si è concluso lo scorso 6 maggio il cammino di quest’anno della Rete teologica “Santi Angeli” dedicato al ‘Mistero’. Dopo aver indagato e dopo essersi confrontati sulla nozione di mistero nella religione e nella cultura, il lavoro si è sviluppato attorno al Mistero di Gesù, per arrivare, alla fine del percorso, al Mistero della Chiesa. Questo ci ha fatto subito riandare alla Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II Lumen gentium, che apre a una nuova prospettiva nella considerazione della Chiesa, in forza di una rinnovata autocoscienza della Chiesa, frutto della “riscoperta” dei Padri della Chiesa e della fioritura teologica del Novecento. Lo si intravvede già dall’indice degli otto capitoli: Il mistero della Chiesa, Il popolo di Dio, La costituzione gerarchica della Chiesa e in particolare dell’episcopato, I laici, Universale vocazione alla santità nella Chiesa, I religiosi, Indole escatologica della Chiesa peregrinante e sua unione con la Chiesa celeste, La beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa.

La profondità ‘misterica’ della Chiesa rappresenta l’ultima tappa della rivelazione del Mistero in cui l’iniziativa del Dio invisibile, reso visibile ed efficace in Gesù, si realizza nella storia, in una palese analogia Cristo-Chiesa. Il documento conciliare ripropone l’immagine della Chiesa nella totalità della sua essenza e delle sue componenti: risultato di un cammino che ha attraversato varie tappe di comprensione e di realizzazione nella storia della Chiesa. Illuminanti alcuni passaggi. In pieno Medioevo la nozione di Corpus Mysticum, dapprima applicata all’Eucaristia, giunge a identificare la Chiesa nel suo complesso. Nella crisi provocata dalla riforma protestantica, il Concilio di Trento rielabora la visione della Chiesa rilanciando la sua funzionalità attraverso le parrocchie, i seminari, il catechismo ‘ad parochos’. Il Concilio Vaticano I afferma la infallibilità del Papa, ma non procede oltre, a causa degli avvenimenti storici che lo interrompono. Il filo viene ripreso dal Concilio Vaticano II, dove viene superata l’impostazione piramidale che concentrava la Chiesa nella gerarchia e si apre lo sguardo sull’orizzonte dell’intero popolo di Dio.

Come d’uso nel lavoro della Rete teologica, per approfondire alcuni degli aspetti emersi si è fatto ricorso anche ad altri testi. Due scrittori dei primi secoli, Clemente di Alessandria e Sant’Ambrogio, - ripresi dalla raccolta di scritti di Padri della Chiesa curata da Hugo Rahner “Mater Ecclesia” - cantano la maternità della Chiesa e celebrano il popolo di Dio: la “novità” della Lumen gentium si ritrova già confermata dai Padri! Il dialogo ha svolto poi alcuni approfondimenti. La nozione di Mistero implica una progressività, come conoscenza sempre più chiarita e come realizzazione più adeguata, fino all’eternità di Dio. Maria, Madre del Signore, si rivela come immagine pienamente compiuta della Chiesa. Inoltre, nel Concilio Vaticano II avviene il passaggio da una concezione individualista e rituale della fede ad una concezione comunitaria, per cui la fede di ciascuno si intreccia con la fede di tutti gli altri. Il Battesimo definisce l’identità e la missione del cristiano: per i laici e in particolare per le donne si aprono nuove prospettive. Tante problematiche e tanti sviluppi di grande respiro, che ciascuno potrà riprendere personalmente nei mesi a venire.

Gli incontri della Rete teologica riprenderanno nel prossimo ottobre, sempre nella forma del dialogo e del coinvolgimento di chi vi partecipa. Ci si va orientando di mettere a tema la scoperta di un singolo autore, che potrebbe essere il teologo italo-tedesco Romano Guardini, a partire dal ‘piccolo’ libro L’essenza del Cristianesimo e da altre sue opere ‘brevi’ su Gesù, la Chiesa, Maria, la preghiera, la liturgia e altri aspetti della vita cristiana.

Gianni Colombo

Vangelo secondo Marco 10,46-52

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

IL GRIDO DEL CIECO

Domandiamo la grazia di fare nostro il grido del cieco, che non smette di invocare Gesù nonostante i rimproveri della gente. Per non perderci nel frastuono delle chiacchere vuote che ci premono addosso da ogni parte, per non tenere chiusi gli occhi di fronte alla verità della ragione e della fede, ci restano il grido, la domanda, l’affidamento. Così siamo ricondotti all’origine delle cose, della verità e della vita. Le nostre orecchie odono e i nostri occhi vedono.

Vangelo secondo Marco 10,32-45

In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».
Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

LE DUE VIE

E’ il gioco che domina la storia e anche la vita di ciascuno. Da una parte la dedizione totale, la consegna al Mistero di Dio. Dall’altra, l’orgoglio, la pretesa, le sgomitate per farsi avanti e prendere il primo posto: nelle grandi imprese della vita e nelle schermaglia di ogni giorno.
Possiamo chiedere la grazia di seguire Gesù, dedicandoci a Lui con il cuore, la mente, le decisioni, il tempo, l’intera nostra persona, perché la Sua vittoria sia sempre viva e attiva.

Vangelo secondo Marco 10,28-31

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

IL CENTUPLO QUAGGIU’

Pietro si mette in paragone con l’uomo che non ha seguito Gesù a causa dell’attaccamento ai suoi beni, e dice a Gesù: “Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Gesù gli risponde con la promessa più grande, che non riguarda solo il futuro, ma il presente: il centuplo quaggiù. Perché questa promessa si realizzi occorre che l’abbandono dei beni e la sequela di Gesù sia reale, nel cuore e nella vita, in qualunque forma si realizzi.

Vangelo secondo Marco10,17-27

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: ‘Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre’».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

QUALE LIBERTA’

Quel tale gli corre incontro, gli si getta ai piedi e gli butta addosso una domanda capitale. E’ già un brav’uomo, un bravo giovane, osserva i comandamenti e vuole garantirsi il futuro. Gesù lo schioda da lui stesso e lo lancia alla sequela. Quell’uomo si fa scuro in volto e se ne va triste. Che cosa gli impedisce di fare il passo decisivo dietro a Gesù? Quale chiusura, quale possesso, quale pretesa di sapere già la via? Gli assomigliamo?

Vangelo secondo Matteo 28,16-20

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

SEGNATI DALLA TRINITA’

Dopo il percorso da Natale a Pasqua e Pentecoste, apriamo lo sguardo a riconoscere Dio Uno e Trino che realizza l’opera di salvezza. La Trinità ci svela Dio Padre Creatore, il Figlio Gesù Redentore, lo Spirito Santo Santificatore, un solo Dio in Tre Persone, Potenza, Sapienza e Amore.
Guardiamo Gesù che ci manifesta il Padre e ci dona il suo Spirito. La nostra storia con il Dio Trinità si realizza nella Chiesa che vive nel mondo perché tutti si riconoscano immagine del Dio uno e trino: figli e fratelli e sorelle.

SCRITTURA, PAROLA, AVVENIMENTO nella vita del cristiano
Interessante e ricchissima di riferimenti biblici la lezione di mons. Antonio Pitta sul tema dell’Agape, nell’ambito del Festival Biblico, Venerdì 17 maggio. L’attenzione del pubblico è stata avvinta dalla presentazione di quattro ‘fraintendimenti’, il primo dei quali è la presunta opposizione del Dio dell’Antico Testamento rispetto al Dio del Nuovo Testamento. Semplici cristiani, religiosi, predicatori – sottolinea il relatore - hanno equivocato e continuano ad equivocare parole e concetti presenti nella Bibbia. Non bastasse, ci sono anche vocaboli malamente tradotti dall’ebraico o dal greco e a volte scambiati nel significato; in particolare le tre parole riferite all’amore: eros, filia, agàpe.
Al che, è inevitabile che sorga una domanda: ma un cristiano a che cosa crede, chi crede? Resta a barcamenarsi tra le interpretazioni e le traduzioni, e ondeggia tra una parola e l’altra, tra un autore preferito e uno trascurato?
Il relatore distingue la parola dalla scrittura. La scrittura, dice, è il contenitore di una parola che viene annunciata e ricevuta, e che per la potenza dello Spirito vibra nella vita dei cristiani.
E’ un risposta interessante. E tuttavia non viene superato lo scoglio delle interpretazioni e degli equivoci.
“Fides – dice san Tommaso – non terminatur ad enuntiabile, sed ad rem”: la fede non termina ad un enunciato, ma a una realtà. Detto in altro modo: La fede non poggia sulle parole, ma sui fatti. Non aderiamo a parole scritte o dette, ma a fatti accaduti e a realtà presenti. Non si tratta di abolire la parola o le parole, ma di seguire il percorso delle parole in quanto conducono ai fatti.
Nella pratica della vita cristiana, constatiamo che la fede non pervade solo il linguaggio e la mente, ma vive come esperienza di adesione a un fatto, come partecipazione a una realtà nella quale il mistero di Dio si rende presente. Per i primi che hanno incontrato il Signore, attraverso e oltre le sue parole, avveniva l’adesione e la sequela a Lui. Anche per noi la fede è adesione a Cristo, in tutti gli aspetti in cui Egli si rende attuale e sperimentabile: la realtà della Chiesa come comunità, parola, sacramento, autorità, vita… L’esperienza di fede permane anche nel fluttuare delle parole che la raccontano e la definiscono: le parole continueranno a chiarirsi e ad approfondirsi attraverso lo studio, la contemplazione e la preghiera.
Il mistero di Dio, compiuto in Gesù Risorto e reso permanente dallo Spirito Santo nel tempo della Chiesa, comunicato nella parola e celebrato nella liturgia, diventa vita per ogni cristiano e via di salvezza per ogni uomo.

don Angelo Busetto

angelobusetto24@gmail.com

 

 

Vangelo secondo Marco 10,13-16

In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro.

COME BAMBINI

E’ una provvidenziale coincidenza trovare questo Vangelo, mentre a Roma e nelle diocesi si celebra la prima Giornata Mondiale dei Bambini. Nel Vangelo Gesù mette i bambini in prima fila e li presenta come modello a tutti coloro che cercano il Regno di Dio. Così dobbiamo essere di fronte a Dio: come i bambini che Gesù toccava, benediceva, prendeva in braccio: lieti di essere amati, fiduciosi di venire accompagnati nell’avventura della vita.

L’ISOLA RINASCE DALLA FEDE

Il cammino di Cristo nella missione della Chiesa

L’isola di San Giulio appare come un gioiello nella cornice del lago d’Orta; vi domina la torre campanaria circondata da un saliscendi di edifici piccoli e grandi. Qui, oltre le rive percorse dai turisti tra lussureggianti bancherelle più o meno consuete, si distendono i caseggiati di un grande monastero. Non era così, cinquant’anni fa. Nello scoglio selvatico che nel IV secolo era stato reso abitabile da San Giulio primo evangelizzatore di tutto il circondario, dopo varie vicende storiche, a metà del 1800 venne costruito un seminario che fu abitato fino al 1947, sottoposto poi a una decadenza inesorabile. La ripresa iniziò nel 1973, quando il vescovo di Novara Aldo Dal Monte ebbe l’idea di richiedere all’abbazia di Viboldone che un gruppetto di monache andassero ad abitare nell’isola. Tra esse, Anna Maria Cànopi. I primi tempi furono segnati dalla più stretta povertà, ma a poco a poco la costanza delle monache e la vivacità della Provvidenza favorirono sotto ogni aspetto la ripresa del monastero, che oggi è abitato da una settantina di monache, con sempre nuovi arrivi. L’isola ha ripreso vita anche a livello turistico. Madre Cànopi veniva richiesta da varie parti d’Italia per ritiri e incontri, e si trovò a collaborare con i vescovi italiani per la elaborazione dei nuovi testi liturgici e della nuova edizione della Bibbia. Il suo cammino terreno si compì nel 2021, ma i suoi scritti e discorsi già pubblicati continuano ad essere richiesti, e ancora le sue monache ne riprendono e trascrivono di nuovi. E’ stata ristampata nel 2019 la sua breve autobiografia già pubblicata nel 2012, deliziosa nel racconto dei primi anni di vita e appassionata nella descrizione della vocazione e della vita monastica. Vari fascicoli riproducono lezioni e incontri con seminaristi e sacerdoti. Alcuni libri ripercorrono le letture delle feste degli anni liturgici, altri insegnano a pregare o descrivono vari aspetti della vita cristiana.

Fra i testi più notevoli, una ‘rilettura’ degli Atti degli Apostoli, che le monache sue ‘figlie’ hanno messo insieme dopo la sua morte raccogliendo la registrazione di tanti incontri. Madre Canopi legge le vicende narrate negli Atti non con piglio storico ed esegetico, ma con la semplicità dello sguardo di fede. Nel secondo libro dell’evangelista Luca riscontriamo che la storia di Cristo viene ripresa e rinnovata nel cammino della Chiesa con l’azione dello Spirito Santo. Il commento che accompagna passo passo i testi degli Atti si muove in due prospettive. Da una parte la vita di Gesù, riflessa nella vita degli Apostoli Pietro e Paolo. Quello che Cristo ha vissuto - vicende, parole, miracoli, persecuzioni – non solo viene rievocato nei discorsi dei nuovi protagonisti, ma viene ripreso con la loro vita; Cristo risorto è vivo nella Chiesa. In una seconda prospettiva gli Atti degli Apostoli offrono un paragone e uno stimolo per la vita cristiana del presente. L’energia di Stefano e di Pietro nell’annuncio cristiano, l’apertura ai popoli pagani, la fortezza nelle persecuzioni diventano paradigma per i seguaci di Gesù in ogni tempo. L’energia indomabile di Paolo, che rinasce come avesse ‘mille vite’, il suo appassionato amore a Cristo, la dedizione alle nuove comunità e alle persone, segnano il cammino missionario della Chiesa per il futuro. Sulla semente degli antichi padri e madri la Chiesa si rigenera e diventa strumento di salvezza per tutti i popoli. Madre Cànopi ci accompagna a ripercorrere il mistero di Cristo, intensamente amato e interamente seguito fin nella forma della vita, in un cammino di verità e di felicità aperto a tutte le vocazioni, quella della consacrazione monastica, quella sacerdotale e quella di ogni cristiano, in qualsiasi modalità ci si trovi a compiere la missione. Anche oggi, anche noi possiamo continuare a vivere e a scrivere gli Atti degli Apostoli.

Canopi, Una vita per amare. Ricordi di una monaca di clausura. Nuova edizione con poesie. Interlinea 2019  pp 110 € 12,00

Anna Maria Cànopi, La loro voce percorre la terra, Lectio divina sugli Atti degli Apostoli, San Paolo 2022, pp 348 € 22,00

Angelo Busetto