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Vangelo secondo Luca 4,31-37

In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

AUTORITA’ CHE SALVA

L’autorità di Gesù si svolge come insegnamento convinto e convincente, proprio di una persona che non dice parole vuote ma apre alla realtà; comanda con potenza al ‘demonio impuro’ che tormenta un uomo. L’autorità di Gesù è in azione anche oggi, e la sua parola è viva nella Chiesa, particolarmente nella liturgia e nei sacramenti, ma anche attraverso un amico che ce la suggerisce. Frequentandola assiduamente, è parola autorevole che libera il cervello e il cuore da falsi miti e apre alla verità.

Lunedì 2 settembre 2019

Santi Guido e Alberto da Pontida, sec XI

Vangelo secondo Luca 4,16-30

In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

UN NUOVO INIZIO

E’ bello, in questo inizio del mese di settembre, incrociare l’episodio che rimanda a un nuovo inizio della missione di Gesù, a partire dal paese della sua giovinezza. Si comincia e si ricomincia, certi della chiamata di Dio, pur in mezzo a difficoltà e contraddizioni. Per noi, oltre a opposizioni esteriori, ci può essere pesantezza del cuore e pigrizia della volontà. Chiediamo a Gesù il dono del suo Spirito, che gli ha dato l’energia per compiere la missione che il Padre gli affidava.

Vangelo secondo Luca 14,1.7-14

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

REALISMO E GRATUITA’

Gesù non è venuto a insegnarci il galateo delle buone maniere. Per come reagisce alle formalità dei farisei, a lui interessa ben altro. Che cosa? Gesù è realista. Ciascuno di noi tende inevitabilmente a esaltare se stesso, considerandosi il migliore della squadra e dell’intera società, quello che merita il primo posto. Gesù ci invita ad avere il senso della misura e un grammo di umiltà. Ci penserà la vita – anzi, il Padrone del convito – a portarci avanti.
Inoltre, Gesù ci butta nel gioco della gratuità, che dona libertà e gioia. Fare le cose senza pretendere il contraccambio apre una strada bellissima.

Vangelo secondo Matteo 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”»

I DONI E IL DONATORE

I talenti sono le qualità e le doti di cui ciascuno è fornito fin dalla nascita, ma possiamo considerare   anche i doni acquisiti per eredità. Tutta la vita è dono e ciascuno può realmente considerarsi come dono. Ne nasce una gratitudine attiva. Molti doni di natura crescono per impulso proprio, ma tutti esigono una collaborazione per svilupparsi a bene nostro e degli altri. E’ importante vivere avendo in cuore il donatore, il Padre che, volendoci bene, ci vuole veder crescere, per noi e per tutti.

 

Vangelo secondo Matteo 25,1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

L’ATTESA DELLO SPOSO

Che cosa accadrebbe se le amiche degli sposi, o i testimoni, all’ingresso dello sposo o della sposa in Chiesa, non fossero presenti ad accoglierli e ad abbracciarli? Mancherebbe un carico di affetto, uno slancio di amicizia. Gli sposi e in particolare la sposa, apprezzano tantissimo l’accoglienza di invitati e amici. Gesù fa una bella scelta, a paragonarsi allo sposo. E noi partecipiamo a una bella avventura vivendo ogni giornata in attesa vigile dello sposo Gesù, come le sagge ragazze della parabola.

Domenica 1 settembre 2019 - XXII DEL TEMPO ORDINARIO, CICLO

GIORNATA PER LA CUSTODIA DEL CREATO

Introduzione del celebrante

Affidiamo la nostra vita e la vita della Chiesa e del mondo al Signore Gesù: porti a compimento il desiderio del nostro cuore e le invocazioni espresse dalla nostra comunità, in comunione con tutti i nostri fratelli.

  1. Signore Gesù, tu ci inviti al banchetto della vita e della fede; donaci di svolgere il compito che tu ci affidi, aprendo il cuore e le mani ai nostri fratelli,

Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, che ami la Chiesa tua sposa, rendici figli attenti e premurosi. Ti affidiamo tutti i nostri pastori. Donaci nuove vocazioni sacerdotali e religiose,

Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, accompagnaci nel cammino della nostra comunità. Fa crescere tra noi la reciproca stima, cercando insieme ciò che è bello, vero, giusto, santo,

Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, Ti ringraziamo per il dono di tutte le cose create: donaci di custodire e valorizzare le risorse della Terra per contribuire con Te alla bellezza del mondo,

Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante

La nostra vita appartiene al Signore. A Lui la affidiamo perché la conduca a buon frutto, per il bene di tutti. Per Cristo nostro Signore. AmeN

Spunto della domenica

Gesù, invitato a un banchetto, parla a noi invitati a un banchetto: il banchetto della vita e il banchetto eucaristico nella Chiesa. Proprio perché invitati, non possiamo vivere con presunzione e pretesa, come si trattasse di una conquista e di un privilegio. E’ invece una grazia da accogliere e custodire con umiltà e gratitudine. Con gratitudine e umiltà partecipiamo ‘all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli…’: nella Messa, nella vita della comunità, nel lavoro e nella presenza nel mondo.

Vangelo secondo Marco 6,17-29

In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

UNA VITA PER GESU’

L’estate si è aperta con la festa della nascita di Giovanni Battista, e si avvia a conclusione con la memoria del suo martirio. Il Battista è precursore di Gesù in tre tappe: quando ne avverte la presenza nel grembo della madre; quando svolge la missione di preparare la sua venuta e annunciare la sua presenza al fiume Giordano; quando ne anticipa la morte ad opera del potere. In sintesi: Giovanni Battista, una vita che annuncia Gesù. Un bellissimo ideale da vivere.

Vangelo secondo Matteo 23,27-32

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

LA SCOPERTA DI AGOSTINO

Che cosa ha scoperto Agostino nella fede cristiana? Dopo essere passato attraverso varie esperienze giovanili di dissipazione, e dopo aver cercato la risposta in alcune teorie filosofiche, egli incontra persone vive e una comunità vera. Sperimenta un vero cambiamento, che tocca tutti gli aspetti della vita: intelletto, cuore, scelte della vita. Agostino rinasce come uomo nuovo e il suo insegnamento e la sua testimonianza rimangono ancora vivi ed efficaci per i cristiani e per tutti. Il contrario esatto degli scribi e farisei ipocriti.

Vangelo secondo Matteo 23,23-26

In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

LA FEDE DI MONICA

L’esteriorità della pratica della religione e il formalismo della vita sociale sono un rivestimento di cartone su un corpo vuoto. Non onorano Dio e non salvano l’uomo. La ricorrenza di santa Monica, madre di Sant’Agostino, fa risaltare come questo è vero anche nell’educazione dei figli. Monica non è riuscita ad educare il figlio nella religione cristiana, ma la sua vera fede, le sue lacrime e le sue preghiere sono state l’alveo che ha aperto al figlio la via della conversione.