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Vangelo secondo Matteo 9,9-13

In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

LA FESTA DEL PERDONO

Quella di Matteo appare come una chiamata improvvisa e spiccia. Nel Vangelo che porta il suo nome, avviene quando il ministero di Gesù è già avviato; alcuni altri apostoli sono stati chiamati, molte parole di Gesù sono state proclamate, molti miracoli sono stati compiuti. Possiamo pensare che Matteo conoscesse già bene Gesù e già fosse attratto da Lui. Gesù lo trova nella compagnia dei suoi ‘colleghi di lavoro’, pubblicani e peccatori, e insieme fanno festa. La festa del perdono e della missione.

Vangelo secondo Marco 9,30-37

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

VIVERE PER UN COMPITO

La vita è una chiamata-vocazione a un compito. Possiamo ripetercelo all’inizio dell’anno pastorale, dell’anno scolastico, di questo tempo in cui riprende il lavoro normale. Non è la ricerca del primo posto o del posto migliore: è un servizio a Dio lì dove siamo, in famiglia e nel lavoro, a favore della vita nostra e altrui. Vivere con questa coscienza, aiuta a svolgere con gusto il compito che ci è affidato. Liberi dalla pretesa di risultati, gratificazioni, ricompense. Il campo è del Signore e la ricompensa vera è la sua amicizia. Con un occhio di rispetto e un cuore di riconoscenza in particolare verso i sacerdoti che impiegano la vita nelle nostre comunità.

Vangelo secondo Luca 8,4-15

In quel tempo, poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
I suoi discepoli lo interrogavano sul significato della parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo con parabole, affinché
vedendo non vedano e ascoltando non comprendano.
Il significato della parabola è questo: il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la Parola con gioia, ma non hanno radici; credono per un certo tempo, ma nel tempo della prova vengono meno. Quello caduto in mezzo ai rovi sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita e non giungono a maturazione. Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza.

UNA QUESTIONE DI CUORE

Gesù parla con figure. Espresse con il linguaggio figurato, le parabole suonano ambigue per le persone complicate, mentre diventano chiarissime per i semplici. Così è anche per tutta la parola di Dio e la stessa persona di Gesù. Quando lo si accoglie con fiducia come amico e si sperimenta la sua vicinanza, comincia a svelarsi il mistero della sua vita: il seme cresce e la pianta fiorisce e porta frutto. Si tratta prima di tutto di una questione di cuore.

Vangelo secondo Luca 8,1-3

In quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.

LE DONNE CHE SEGUONO GESU’

Donne che seguono Gesù: e quali donne! Donne liberate dal demonio o da malattie, donne facoltose e nobili, che servivano Gesù e i Dodici ‘con i loro beni’. Quasi stentiamo a immaginarlo. E ringraziamo Luca per questa pennellata del suo Vangelo. Seguiranno altre donne tra cui la prestigiosa mistica e scienziata Ildegarda. Altre donne, solitarie o spose, o in ‘mistica coppia’ con santi uomini, come documenta Donne Chiesa Mondo, l’allegato di settembre all’Osservatore Romano (cfr Nuova Scintilla pag 18).

 

Vangelo secondo Luca 7,36-50

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.
Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».
Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».
E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».
Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

I CAPELLI DELLA PECCATRICE

La donna peccatrice compie un gesto di estrema audacia e di inaudita tenerezza. Dovevano essere immensa l’attrattiva di Gesù, la fama della sua misericordia, la grandezza del suo cuore, per permettere alla donna questa libertà di iniziativa. I suoi capelli, maliziosamente affascinanti, asciugano ora i piedi di Gesù, abbondantemente profumati. Uno scandalo per i ‘benpensanti’ ipocriti, una salvezza per la donna. “Sono venuto non per i giusti, ma per i peccatori”, diceva Gesù.

Vangelo secondo Giovanni 19,25-27

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

LA MADRE SOTTO LA CROCE

La promessa del Figlio che Maria ha accolto, quale compimento trova sotto la Croce? Il compimento di una vita totalmente donata. All’offerta del Figlio, Maria partecipa con il suo amore di Madre: tutta e sempre dentro la chiamata, il compito, la missione a cui s’è consegnata con il SI’ dell’Annunciazione. Una totalità di partecipazione e di immedesimazione che trova sviluppo nell’effusione dello Spirito a Pentecoste e poi nella gloria del Paradiso. Realmente la Madre ha seguito il Figlio.

Vangelo secondo Giovanni 3,13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

LA CROCE CHE SALVA

Mentre stiamo ancora a discutere sul Crocifisso nelle scuole e mentre il Papa augura all’Ungheria che “la croce sia il vostro ponte tra il passato e il futuro”, ecco Gesù che annuncia a Nicodemo la croce innalzata sul mondo. Una croce nello stesso tempo abbassata fino al cuore dell’uomo, fino allo strazio dei nostri tormenti e all’avvilimento dei nostri traviamenti. La croce è la leva della misericordia di Dio che ci salva, innalzandoci con Cristo verso la salvezza.

Vangelo secondo Luca 7,1-10

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

NON SONO DEGNO

Fede e preghiera, unite ad umiltà. E si tratta di un centurione, cioè di un soldato romano! Questi ricava dalla sua rude professione il paragone che gli permette di riconoscere la potenza di Gesù, e di affidarsi a Lui. La liturgia della Chiesa ha ripreso le parole del centurione come introduzione alla comunione eucaristica. Viene così affermata anche la fede nella visita e nella compagnia reale che Gesù fa alla nostra vita nell’incontro sacramentale