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Vangelo secondo Marco 9,2-10

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

UN ALTO MONTE

Gesù conduce su un alto monte i suoi tre amici prediletti, e davanti a loro innalza lo splendore della sua figura, in dialogo con due protagonisti dell’Antico Testamento. E’ questa immagine di Gesù, anticipo e promessa di risurrezione, che dobbiamo tenere davanti agli occhi e nel cuore, noi che camminiamo in pianura, troppe volte con gli occhi bassi. Gesù sospinge la nostra attesa verso una bellezza e pienezza di vita che sono il nostro vero destino.

Vangelo secondo Matteo 14,13-21

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

IL MIRACOLO CONTINUA

Si rincorrono i Vangeli della moltiplicazione di pani, raccontati da vari evangelisti con piccole varianti l’uno dall’altro. Questa volta sono gli apostoli a sollecitare Gesù per congedare la folla; e sono gli apostoli ad avere a disposizione cinque pani e due pesci. Il gesto della moltiplicazione dei pani assume un tono liturgico che rimanda alla cena eucaristica: risalta l’imponenza dell’azione di Gesù. Possiamo già intravvedere che il miracolo dei pani continua ad accadere nella vita della Chiesa.

Domenica XVIII, anno B

+ San Giovanni Maria Vianney, sacerdote, Francia, 8 maggio 1786 - 4 agosto 1859

+ a Pellestrina, Festa della MADONNA DELL'APPARIZIONE

Vangelo secondo Giovanni 6, 24-35

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: "Rabbì, quando sei venuto qua?".
Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo".
Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?". Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato".
Allora gli dissero: "Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: "Diede loro da mangiare un pane dal cielo"". Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo".
Allora gli dissero: "Signore, dacci sempre questo pane". Gesù rispose loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!".

L’ESPERIENZA DEL BENE PIU’ GRANDE

Insieme con la gente del Vangelo, cerchiamo Gesù perché risponda ai nostri bisogni immediati, come il cibo di ogni giorno. Ma che cosa risponde al desiderio di felicità, alla domanda di senso, al nostro bene vero? Tutti i beni che possiamo possedere non colmano il nostro bisogno, non danno pace al cuore e non mettono pace tra le persone. ‘Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete’. Guardiamo la vita dei santi, come Sant’Alfonso e il Santo Curato d’Ars, e come tante persone semplici e vere.

Vangelo secondo Matteo 14,1-12

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!».
Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta.
Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».
Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre.
I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.

IL POTERE E LA LEALTA’

L’uccisione di Giovanni Battista rappresenta un drammatico parallelo e anticipo della morte di Gesù. La persecuzione verso il profeta che testimonia e dichiara la verità, è un risultato del potere corrotto. Non solo il potere dei ‘potenti’, ma anche quello dei nostri piccoli poteri, quando consideriamo la presenza di altre persone, come ostacoli o oppositori. Il Battista non viene meno alla sua missione, così come Gesù e tanti altri dietro a Lui. Domandiamo lealtà e sincerità nel vivere la nostra vocazione.

Vangelo secondo Matteo 13,54-58

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

LA FAMIGLIA DI GESU’

La reazione dei conterranei fa intravvedere il contesto familiare in cui Gesù è vissuto per trent’anni: padre falegname, madre di nome Maria e tutto il giro di parenti di una famiglia che potremmo definire ‘patriarcale’, nella quale ci si considerava tutti fratelli e sorelle. Questo giro non basta a definire la personalità di Gesù. Egli è di più. La sua origine viene dalla profondità di Dio. E’ una grazia essere chiamati a partecipare alla grande famiglia di Gesù che invade il mondo.

I VOLTI DI UNA CHIESA CHE SI RINNOVA

Si inseguono i libri che – a schizzi o a disegni più compiuti – descrivono il passaggio della Chiesa dal passato al presente, offrendo prospettive, programmi, speranze. Una pubblicistica che si è ravvivata nel rimbalzo periodico dei lavori del Sinodo sulla ‘sinodalità’, la quale rappresenta una nuova veste o forse una nuova anima della Chiesa. Spesso si procede per schemi, con descrizioni sommarie del passato e più spesso con processi frettolosi, che non escludono preconcetti e semplificazioni. In questo libro si respira un’aria un po’ diversa, soprattutto per il fatto che – per quanto possibile – si superano le posizioni ideologiche, e si guardano in faccia le persone nel loro agire concreto. La prima parte – un terzo del libro – è di taglio prevalentemente storico. Comincia con la domanda fatale: il Concilio Vaticano II, riforma o rivoluzione? Papa Benedetto e Papa Francesco hanno risposto con le parole e con i fatti, facendo avanzare la Chiesa sulla linea della riforma. L’autore ci conduce attraverso i pontificati di Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, per individuare e sottolineare i filamenti della continuità e della novità della Chiesa.

Le duecento pagine che seguono scorrono in una galleria di volti. L’autore non descrive la Chiesa per convegni e programmi, ma delinea in successione la figura del vescovo, del sacerdote, della vita religiosa, dei laici leggendola attraverso i documenti del Concilio, descrivendola nei ritratti di alcuni personaggi del passato e del presente e arricchendola con la propria personale esperienza. Il paragone diventa concreto, vitale, immediato. Spuntano grandi personaggi prevedibili, come San Benedetto e San Francesco, con l’aggiunta di Gregorio Magno e Carlo Borromeo. L’autore delinea i volti di altre persone anche del nostro tempo, con le quali, in modo palese o nascosto, la storia della Chiesa riparte e si rinnova. La santità vissuta e a volte espressamente riconosciuta è un segno della potenza dello Spirito che opera nel mondo. Nuove seminagioni e nuove fioriture appaiono attraverso Chiara Lubich, Madre Cànopi e Madre Piccardo, don Calabria e don Giussani, e persino attraverso il seminarista martire Rolando Rivi. Sono personaggi esemplificativi, attorno ai quali e oltre ai quali si muove una nube di testimoni. Da dove rinasce dunque la Chiesa, dove e come fermenta la sua missione? Il cuore della Chiesa è la santità, non appena come forma ascetica personale. La santità è ascolto di Dio, è passione che tende al suo vero scopo, è una umanità pienamente realizzata proprio lasciando spazio all’opera di un Altro. Si prospetta un cammino realistico quanto mai, come rileva con chiarezza il cardinale Zuppi nell’ampia prefazione.

Massimo Camisasca, La luce che attraversa il tempo. Contributo per un riforma della Chiesa, San Paolo 2023, pp 316 € 22,00

Angelo Busetto

GESUITI: LA GRANDE STORIA DELLA CHIAMATA ALLE MISSIONI

Dalle prime righe scritte in treno fino alle ultime che segnalano l’arrivo in Kansas, presso il Collegio dei gesuiti, si svolge la straordinaria ricerca dell’autore che indaga sulle indipetae, le lettere che i gesuiti europei hanno inviato ai superiori nel corso di quattrocento anni per chiedere di partire per le ‘Indie’, le missioni d’oltremare. E’ una storia rimasta a lungo sottotraccia per il grande pubblico, in quanto ci si limita di solito a considerare la presenza dei gesuiti nel contesto del continente europeo. Eppure sappiamo che lo stesso papa Bergoglio, da giovane, aveva chiesto di essere inviato in Giappone, senza trovare l’assenso dei superiori a causa di problemi di salute. Non sapevamo invece che anche il giovane Luigi Gonzaga aveva fatto analoga richiesta, che fu deviata verso l’opzione sostitutiva, quella della dedizione ai malati di peste a Roma. Nelle Indie non si veniva inviati per iniziativa del superiore; era invece necessaria l’esplicita richiesta del candidato, che poteva essere reiterata; nell’immenso corpus delle oltre 16.000 indipetae conservate negli archivi, la media di ciascun candidato è di tre lettere, ma c’è chi ne ha scritto oltre quaranta. Le Indie erano lontane, pericolose, e non garantivano il ritorno. Ma l’attrattiva della missione realizzata da San Francesco Saverio era vincente. Vi concorreva anche l’impostazione teologica del tempo, secondo la quale solo il battesimo può garantire la salvezza eterna: l’intervento dei missionari era quindi ritenuto necessario. Solo all’altezza del Concilio Vaticano II la prospettiva cambiò, come sottolinea nella pagine finali papa Benedetto, che sposta l’accento sulla centralità della missione nella struttura stessa della Chiesa.

Sorprendono in tutti i capitoli l’ardore e la determinazione delle richieste, spesso legate anche alla disponibilità del martirio che in molti casi si presentava possibile o addirittura probabile. I richiedenti sono presi da una passione totale che include la disponibilità a dare la vita, fosse pure per via del naufragio della nave prima di giungere alla meta. La domanda veniva presentata al preposito generale, scavalcando i superiori locali; era avvalorata da varie motivazioni, come quella che l’inclinazione missionaria avesse preceduto l’ingresso nella Compagnia o che la prospettiva missionaria fosse stato l’elemento preponderante per entrarvi. Entrava in gioco la percezione della chiamata stessa di Dio, come suggerisce il titolo del libro. In molti casi i richiedenti dovevano superare anche l’opposizione dei genitori, che protestavano ‘con strepiti e lamenti’.

Da tutta questa vicenda, il volto della Compagnia di Gesù risulta esaltato per l’imponenza e l’efficacia della dimensione missionaria e ‘martiriale’. In filigrana scorrono gli avvenimenti più importanti della storia dell’intera Compagnia, il più notevole dei quali è costituito dalla sua soppressone negli anni dal 1773 al 1814. Vengono riferiti molti interessanti episodi e si viene alla scoperta di personaggi eccezionali, di cui si racconta una essenziale biografia, con molte citazioni riprese testualmente dalle lettere o da altri documenti, che fanno percepire il clima del tempo. Un grande lavoro, frutto di una consultazione metodica e puntuale degli archivi sparsi in varie località. Ne risulta uno spaccato in gran parte inedito di storia dei gesuiti, storia delle missioni, storia della Chiesa.

Emanuele Colombo, Quando Dio chiama. I gesuiti nelle Indie (1560-1960). Il Mulino, Saggi, Bologan 2023, pp 292, € 28,00

Angelo Busetto

Vangelo secondo Matteo 13,47-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là.

PESCI BUONI E PESCI CATTIVI

Pesci buoni e pesci cattivi: navigano in mare e camminano sulla terra. In questo mondo il male si mescola al bene, la cattiveria si incrocia con la bontà, la guerra tormenta la pace. Non essendo pesci, nel corso della vita possiamo diventare buoni se siamo cattivi, e cattivi se siamo buoni. Il giudizio finale strappa ogni male ed esalta ogni bene. C’è un compito che spetta a ciascuno: contribuire al bene che c’è nel mondo, tirando fuori dal tesoro del cuore tutto il bene possibile.

Vangelo secondo Matteo 13,44-46

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

UN TESORO PER LA VITA

Il tesoro nel campo e la perla preziosa: che cosa sono per noi? Per Ignazio di Loyola, sono i racconti del Vangelo e della vita dei santi, invece delle avventure cavallereschi; così come per Francesco d'Assisi è l'amore a Gesù povero invece delle avventure galanti. Per vivere felici, occorre avere o almeno desiderare e inseguire un tesoro che sia vero e stabile; un amore così grande da meritare tutta la vita. Gesù propone il regno dei cieli, cioè se stesso.

DOMENICA XVIII, Tempo Ordinario, ANNO B

Introduzione del celebrante

Come la folla del Vangelo anche noi incontriamo oggi cerchiamo il Signore Gesù. Domandiamo di riconoscerlo nella verità della sua Persona, come Figlio di Dio Padre venuto a salvarci.

  1. Signore Gesù, purifica il nostro desiderio e la nostra domanda, perché attraverso tutti i tuoi doni, possiamo riconoscerti e accoglierti come nostro Maestro e Salvatore,

Preghiamo: Signore, DONACI DI ACCOGLIERTI COME NOSTRO SALVAT

  1. Signore Gesù ti affidiamo gli uomini e le donne che ti cercano: rispondi all’attesa del cuore, al bisogno di pace, al desiderio di fraternità e di amicizia,

Preghiamo: Signore, DONACI DI ACCOGLIERTI COME NOSTRO SALVATORE

  1. Signore Gesù, donaci di vivere l’esperienza dell’unità con papa Francesco, il nostro vescovo, i nostri sacerdoti e tutti i fratelli cristiani, per diventare segno di te nel mondo,

Preghiamo: Signore, DONACI DI ACCOGLIERTI COME NOSTRO SALVATORE

  1. Signore Gesù, il tempo dell’estate diventi occasione di incontrare la bellezza delle cose create, e di aprirci all’accoglienza e al servizio delle persone che incontriamo,

Preghiamo: Signore, DONACI DI ACCOGLIERTI COME NOSTRO SALVATORE

Conclusione del celebrante

Dio nostro Padre, ti affidiamo la nostra preghiera, per il bene della Chiesa e di tutta l’umanità. Per Cristo nostro Signore

L’ESPERIENZA DEL BENE PIU’ GRANDE

Come la gente del Vangelo, cerchiamo Gesù perché risponda ai nostri bisogni immediati, come il cibo di ogni giorno. Attraverso tutti i doni del Signore, che cosa risponde al nostro desiderio di felicità, alla nostra domanda di senso, al bene vero di tutti gli uomini nel mondo? Tutti i beni che possiamo possedere non colmano il nostro bisogno, non danno pace al cuore e non mettono pace tra le persone: ‘Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete’. Impariamo dalla vita dei santi, come Sant’Alfonso e il Santo Curato d’Ars, e tante persone semplici e vere.