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Vangelo secondo Luca 11,14-23

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

GESU’ ALL’OPERA

E' entrato nel mondo colui che vince il demonio. Possiamo riconoscerlo quando abbiamo il cuore e la mente libera e capace di riscontrare la sua opera nei nostri fratelli e in noi stessi. Piuttosto che crogiolarci a ricercare il male e a descriverlo, come fanno certi programmi di giornali, tv, internet, cerchiamo il bene che Gesù opera nel mondo e lasciamoci prendere dallo stupore per la sua azione. Abbiamo grandi testimonianze di santi, come il santo della carità di oggi, e tanti fatti attorno a noi.

Così ha detto il Papa all'Udienza di Mercoledì 7 marzo.

"Venerdì prossimo, nella Basilica di San Pietro, celebrerò la liturgia penitenziale per la tradizionale 24 Ore per il Signore. Mi auguro che le nostre chiese possano rimanere aperte a lungo per accogliere quanti vorranno prepararsi alla Santa Pasqua, celebrando il sacramento della Riconciliazione, e sperimentare in questo modo la misericordia di Dio."

E così anche noi faremo in Cattedrale a Chioggia, Venerdì con la Messa alle ore 18 celebrata dal Vescovo con i sacerdoti di Chioggia. L'Eucaristia verrà poi adorata dai fedeli per 24 ore consecutive, fino alla Messa di Sabato 10 marzo ore 17. Alle ore 21 di Venerdì il vescovo Adriano guaderà un'ora di adorazione. Durante l'adorazione ci saranno sacerdoti disponibili per le Confessioni. 

 

 

 

 

 

 

Vangelo secondo Matteo 5,17-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

FINO AL COMPIMENTO

Gesù non è venuto per cambiare, ma per portare a compimento: la vita dell’uomo e della donna, la legge e la promessa di bene e di felicità che portiamo in cuore, i rapporti umani intessuti di verità e giustizia. La venuta di Gesù si inserisce nella lunga storia che parte dal Creatore e prende nuovo abbrivio nell’alleanza con il Popolo d’Israele. Dio ha pazienza e costruisce di generazione in generazione la sua storia di salvezza, fino al compimento nel Regno dei cieli.

Vangelo secondo Matteo 18,21-35

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

SENZA LIMITI

E’ senza limiti la cattiveria del servo che, mentre riceve il condono del suo debito, strozza un suo debitore. Assai di più è senza limiti la misericordia del Signore verso di noi, e quella che Egli ci raccomanda di avere. Anche nella pratica della vita quotidiana sperimentiamo che la vendetta, piccola o grande, la rappresaglia, la rivalsa, non portano a nulla. Anzi, portano al male, induriscono il cuore e rovinano i rapporti. La via della misericordia apre le correnti della vita.

Vangelo secondo Luca  4,24-30

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

VICINI E LONTANI

Amici che ti rifiutano, stranieri che vengono privilegiati. Gesù viene rifiutato dai compaesani nella sinagoga di  Nazaret, e cita degli stranieri che vengono salvati. I vicini credono già di sapere, i lontani invocano soccorso e sono salvati. La salvezza non arriva in modo automatico, ma incontra persone che la domandano e  accolgono. Dio non cammina a senso unico, ma vuole che la persona si muova a sua volta verso di lui. Vicini e lontani possono muovere i passi verso di Lui. 

Oggi il Vescovo, nel tempio della Cattedrale, desidera salutarci uno ad uno, alla Messa delle ore 10,15 e ore 12...
  
Vangelo secondo Giovanni 2,13-25
 
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
 
UN TEMPIO PER DIO E PER L’UOMO
 
Sempre gli uomini hanno costruito il tempio. Fosse una tenda, una stele, una colonna, una casa, hanno ricercato o edificato un luogo che spalancasse la vita al contatto con il divino. Nel tempio si sono concentrati tutti gli interessi umani, nel bene e nel male: la preghiera e l'offerta, il sacrificio e il vantaggio economico.
Ora nel tempio di Gerusalemme entra Gesù, con tutta la sua straordinaria esperienza del divino. La sua prima mossa è la purificazione del tempio, che deve essere liberato da ogni forma di interesse e di corruzione.
Ma nemmeno un tempio purificato risponde al suo vero scopo. Il vero tempio, nel quale Dio viene riconosciuto e lodato, è la persona stessa. Nella persona, nel suo cuore e nelle sue opere, il Signore vuole essere riconosciuto e adorato. Gesù mostra e offre il tempio del suo corpo che verrà distrutto nella morte e riedificato nella risurrezione. Ogni giorno i nostri frammenti di vita, vissuti davanti a Dio e a Lui offerti, edificano il nuovo tempio.

Con la grazia del Vescovo in casa…
Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32
 
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
 
FUORI CASA
 
Gesù si mostra con fatti e parole. Sta con i peccatori e mangia con loro, ed esprime con una parabola il suo atteggiamento. Il figlio prodigo prende una insensata decisione estrema. Si vive meglio fuori casa? Si può costruire la nave della vita in solitaria? La presunzione della indipendenza fa decadere, e per il figlio sarebbe la fine se non avesse impressi nel cuore la casa del padre e il suo volto. Vedendoci tornare a casa, Dio ci corre incontro a braccia aperte.

Accogliamo il Vescovo in Visita Pastorale.
Oggi inizia con la Messa delle ore 18 in Cattedrale
Vangelo secondo Matteo 21,33-43.45
 
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
 
PARABOLA DEL DONO
 
Quando ci renderemo realmente conto che tutto quanto siamo e abbiamo fa parte della vigna che il Signore ci ha dato in dotazione? Se consideriamo la nostra vita e i nostri averi come esclusiva proprietà, il loro possesso ci logora e anche il donatore ci diventa nemico. La gratitudine rende libero il cuore. Vale per la piccola nostra storia personale e vale per la grande storia del mondo che questa parabola racconta in sintesi.
 
 

 
Vangelo secondo Luca 16,19-31
 
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
 
UN GESTO DI CARITA’
 
Il Vangelo ci mette di fronte a un paragone stringente, che ci provoca: un riccone indifferente e un poveretto. Diventa un invito ad aprire la tasca e magari anche la casa, per forme concrete di ospitalità e accoglienza. Condividere un bene, come la casa e il cibo, non fa bene solo a chi lo riceve, ma anche a chi prende l’iniziativa. Non vale solo per guadagnarci il Paradiso, ma anche per corrispondere all’esigenza stessa del nostro cuore e per realizzare un tratto di giustizia umana.