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Vangelo secondo Matteo 7,1-5

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

UN MONDO DI SGUARDI

Come vorremmo essere giudicati? Vorremmo essere capiti, valorizzati nei nostri pregi, accolti e corretti con benevolenza nei nostri difetti e negli sbagli. Quando incrociamo lo sguardo di un amico, pieno di fiducia e di simpatia, siamo disposti ad ammettere di essere mancanti di qualcosa, di avere dei difetti, di aver sbagliato qualcosa, In questo modo ci guarda Dio, così Gesù guarda i peccatori e le persone deboli e malate. Così un genitore guarda un figlio. Questi sguardi fanno cambiare il mondo.

Vangelo secondo Luca 1,57-66.80

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

IL DITO DI GIOVANNI

La liturgia della domenica lascia spazio a Giovanni Battista. Il Battista aveva fatto spazio a Gesù: lo ha indicato presente, e alcuni dei suoi discepoli sono andati dietro a Gesù, Giovanni e Andrea per primi. Il Battista aveva riconosciuto Gesù tra la folla dei penitenti, e aveva visto lo Spirito posarsi su di lui al momento dell'immersione nel fiume Giordano per il Battesimo; una illuminazione analoga a quella che gli era accaduta quando, nell'incontro di Elisabetta con Maria madre di Gesù, si era scosso nel seno della madre. “Che sarà mai questo bambino?” diceva la gente alla sua nascita.
La venuta di Gesù figlio di Dio e il suo riconoscimento tra gli uomini, non avviene con lo scoppio dei mortaretti. Avviene per la comunicazione da persona a persona. Chi vede Gesù, lo dice a un altro. Il metodo del Battista continua nella Chiesa: "Quello che abbiamo visto e udito, lo annunciamo a voi", come dice uno dei due primi discepoli, Giovanni. Così si è comunicato il cristianesimo, e così oggi riprende fiato nella società secolarizzata, refrattaria a ogni forma di organizzazione e programmazione della fede. Giovanni Battista, con il suo grido e il dito puntato, ne è il capostipite.

Festa di San Giovanni Battista a Borgo S.Giovanni: IL POPOLO E LA TERRA.Festa e cena sabato 23/domenica 24 giugno e due belle Mostre:                                         *TERRASANTA, la Terra di Gesù - *Intrecci di natura: sculture da tronchi d’albero

Vangelo secondo Matteo 6,24-34

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

IL CUORE INDIVISO

Possiamo immaginare Gesù mentre rivolge queste parole ai suoi amici? Gesù ha una conoscenza infinitamente profonda del Padre; anzi, ne ha un’esperienza umanamente viva. Il Padre lo accompagna e lo sostiene. Questo rapporto egli lo comunica ai discepoli, figli del Padre, e suoi amici. Vivere così, cambia la vita. Si cammina nella fiducia e nella certezza, si affronta il mare e la tempesta con coraggio e dedizione. Ogni giorno ricomincia la partita della vita, dicendo con cuore indiviso: “Padre…”

Stasera alle ore 21 Pellegrinaggio dalla Chiesa di San Giacomo a Chioggia alla Chiesa della Madonna della Navicella a Sottomarina

Vangelo secondo Matteo 6,19-23

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».

IL BENE VERO

La libertà da quel che si possiede e soprattutto da quello che non si possiede, è una bellissima esperienza. I beni - posseduti o non posseduti - ci appesantiscono, mentre il rapporto con Dio ci permette di usare o di non usare dei beni della terra, senza rimanerne catturati. Abbiamo già il bene più grande, che è lo sguardo di Dio su di noi e la bellezza della sua amicizia. Lo possiamo imparare vivendo, scoprendo così ogni giorno quello che riempie il cuore e soddisfa la vita.

Vangelo secondo Matteo 6,7-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

FIGLI E FRATELLI

La preghiera è il fiato dell’anima: ci fa vivere e dice la nostra identità. Siamo figli, e per questo invochiamo il Padre, lo lodiamo e a Lui ci affidiamo. Insieme con i nostri fratelli chiediamo il pane, il perdono, la libertà dal male. Il nostro bene non è la solitudine, ma la relazione. Prendiamo origine da Dio, cresciamo come figli e fratelli. Percorriamo il mondo e la storia portando la novità di un volto e di un cuore nuovi.

Vangelo secondo Matteo 6,1-6.16-18

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

DAVANTI A DIO

Non si tratta del poliziesco ‘Dio ti vede’, ma dello sguardo amorevole del Padre che si compiace di te e ti sostiene. L’approvazione e le lusinghe che ti potrebbero venire dagli altri, ti liscerebbero in superficie, senza donarti la vera pace. Lo sguardo del Padre ti basti: il digiuno, la preghiera, la carità, che già fanno bene a te, nel riflesso del Padre diventano un sole che illumina e un’acqua che disseta. Davanti a Dio diventiamo noi stessi, diventiamo grandi, diventiamo veri.

Vangelo secondo Matteo 5,43-48
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
 
AVANTI IL PROSSIMO
 
Chi è il prossimo? Chi ci sta vicino, un familiare, un amico, un collega simpatico? Come per gli antichi ebrei, siamo portati a considerare come prossimo una persona che ci corrisponde. Gesù salta queste categorie e considera prossimo anche il nemico e il persecutore. Così accade persino che i perseguitati convertano i loro persecutori. Gesù introduce nel mondo una corrente di umanità nuova; mette nel cuore degli uomini un sentimento diverso, nella loro mente una valutazione superiore. Conviene lasciarsi convertire.

LUCE SULLA PIAZZA

All'imbrunire, sullo sfondo di un cielo disegnato da cumuli di nubi, la Basilica di San Pietro si illumina di una bellezza nuova. Non resisto all'impulso di condividerne la foto con qualche amico. Questa piazza protesa nell'abbraccio, fa spalancare lo sguardo e il cuore. Ci troviamo al centro del mondo. Nonostante le file e i controlli, ci si sente a casa, nella casa di tutti. È l'incontro con il Papa a sciogliere le barriere e a far cadere tutti i muri. Lui, che anticipa di oltre mezz'ora l'ingresso in piazza San Pietro per l'udienza del mercoledì, vuole incontrare tutti e gira con camionetta in lungo e in largo tra le file della gente che acclama. Giunto sul palco antistante la facciata, fa salire accanto a sé una piccola schiera di ragazzini, che rimangono seduti composti per tutto il tempo dell'udienza. Alla fine, compie a piedi un giro infinito tra le file di persone che circondano il palco. Una per una: un saluto, un abbraccio, un dono, un ricordo. "Ma non si stanca?". Incede con ritmo a campana, come chi si difenda da un impaccio segreto, e procede, procede. Vescovi, qualche personalità, bambini piccolissimi che qualcuno gli porge da baciare, gruppetti familiari, sposi novelli. C'è anche chi festeggia i 25 anni di Matrimonio e ha già incontrato il Papa alla Messa di Santa Marta, ricevendone la benedizione personale ed esaltandosi per le foto dell’incontro, recuperate in fretta al Centro Vaticano. La Messa, la parola, la memoria del Matrimonio, la celebrazione della prima comunione, una malattia incipiente o ormai superata, una ricorrenza della parrocchia o della scuola, una circostanza della vita, i problemi delle nazioni, della pace e dell’economia, della povertà e dell’ambiente: tutto quanto viene vissuto, celebrato, sofferto, amato, qui prende nuove dimensioni e viene sperimentato con una intensità mai provata. Acquista le dimensioni della Chiesa, si apre al mondo e sale verso l'alto. I bimbi trovano certezza, gli sposi riprendono slancio, i preti purificano intenzioni e opere, ciascun cristiano ritrova conforto alla sua povera fede, il visitatore occasionale si sorprende. Papa Francesco e ogni papa prima di lui, è il granellino di senape cresciuto fino ad ospitare tutti gli uccelli del cielo. Ritroviamo l'attrattiva e la benevolenza del Padre e sperimentiamo la libertà dei fratelli che si riconoscono dalla Liguria alla Sardegna, dal Libano alla Spagna all'America Latina alle nazioni d'Oriente. Il particolare non ci soffoca con il suo peso, ma diventa leggero librandosi sull'orizzonte della Chiesa Cattolica.

INCONTRO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
CON LA DELEGAZIONE DEL FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI

Sala Clementina  Sabato, 16 giugno 2018

Discorso del Santo Padre a braccio

Buongiorno a tutti,

io pensavo che sarebbe stato un discorso di benvenuto… Ma sentendo parlare Gianluigi ho visto che lì c’era fuoco, c’era mistica. È una cosa grande: da tempo non sentivo parlare della famiglia con tanta passione. E ci vuole coraggio per farlo oggi! Ci vuole coraggio. E per questo, grazie! Io ho preparato un discorso, ma dopo il calore con il quale ha parlato lui, questo lo trovo freddo. Lo consegno, perché lui dopo lo distribuisca, e poi lo pubblicherò.

Mentre lui parlava, mi venivano alla mente e al cuore tante cose, tante cose sulla famiglia, cose che non si dicono, non si dicono normalmente, o, se si dicono, si dicono in modo bene educato, come fosse una scuola sulla famiglia... Lui ha parlato col cuore, e tutti voi volete parlare così. Prenderò qualcosa che lui ha detto, e anch’io vorrei parlare col cuore, e dire a braccio quello che mi è venuto nel cuore quando lui parlava.

Lui ha usato un’espressione: “guardarsi negli occhi”. L’uomo e la donna, il marito e la sposa, si guardano negli occhi. Racconto un aneddoto. A me piace salutare nelle udienze le coppie che fanno il cinquantesimo, il venticinquesimo…; anche quando vengono a Messa a Santa Marta. Una volta, c’era una coppia che faceva il sessantesimo. Ma erano giovani, perché si erano sposati a diciotto anni, come a quei tempi. A quei tempi si sposavano giovani. Oggi, perché si sposi un figlio…, povere mamme! Ma la ricetta è chiara: non stirare più le camicie, e così si sposerà presto, o no? Mi trovo davanti questa coppia, e mi guardavano... Ho detto: “Sessant’anni! Ma ancora avete lo stesso amore?”. E loro, che mi guardavano, si sono guardati fra loro, poi sono tornati a guardarmi, e io ho visto che avevano gli occhi bagnati. E tutti e due mi hanno detto: “Siamo innamorati”. Non lo dimentico mai. “Dopo sessant’anni siamo innamorati”. Il calore della famiglia che cresce, l’amore che non è un amore di romanzo. È un vero amore. Essere innamorati tutta la vita, con tanti problemi che ci sono… Ma essere innamorati. ...continua a leggere "Papa Francesco e la famiglia — Udite, udite…."