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Venerdì 29 dicembre 2023, San Tommaso Becket, vescovo e martire, Londra 1118 – Canterbury, 29 dicembre 1170

Vangelo secondo Luca 2,22-35

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori»

IL BIMBO SALVATORE

La famiglia di Nazaret vive dentro la tradizione ebraica: riconosce Dio fonte della vita e Gli presenta il Bambino, al quale appartiene. Sull’antica radice della storia del popolo scelto da Dio, spunta un ramo nuovo, il Figlio che porta a compimento la promessa e diventa luce per tutte le genti. Occorre riconoscerlo, come il vecchio Simeone, nel Bambino di Nazaret, nel Crocifisso morto e risorto a Gerusalemme, in Cristo vivo nella storia. Con umiltà di cuore, accogliendolo come segno di contraddizione.

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