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CHE TIPI, QUESTI PRETI….

Tre preti, morti nelle ultime settimane. Uno, don Fabio Baroncini, incontrato nei primi anni di sacerdozio a un convegno di ‘pedagogia catechistica’. Tipo allegro e vivace, a un cineforum intervenne con impeto, notando una ‘carrellata’ di scene. Lo ritrovai anni dopo agli incontri di Comunione e Liberazione, e fu lieta sorpresa. Più volte presentava testi letterari nelle serate, come i cori della ‘Rocca’ di Eliot o la vicenda di Abelardo ed Eloisa, con libertà espressiva e valorizzazione dei personaggi. Appassionatissimo di montagna. Aveva incontrato Giussani fin dalla scuola superiore. Intenso e insieme libero il suo sguardo sul maestro; non copiava, seguiva il maestro, rivivendolo nella propria personalità. Veniva frequentemente contattato per questioni personali o coniugali. Colpito dalla malattia, continuava a partecipare ai convegni in carrozzina. L’ultima volta appariva con busto e capo ripiegati: uomo intero e discepolo fedele; mente sempre lucida, si lasciava accudire offrendo la propria condizione.
Il secondo è Pigi – don Pierluigi Bernareggi. Racconta un amico: “Un giorno dei primi anni Sessanta all’aeroporto di Linate accadde una cosa mai vista. Una comitiva di liceali invase la pista, cantando, facendo girotondi, ridendo e anche piangendo per una partenza. Tre amici partono per il Brasile. Sono i primi giessini di don Giussani, Pigi appena laureato.” Nel tempo in cui impera il clima rivoluzionario alle soglie del ’68, Pigi diventa prete in Brasile. Vi rimane cinquant’anni, servendo la Chiesa nei favelados e senza casa. Con fedeltà estrema, a tratti giocata in profonda solitudine; gli amici lasciano la chiesa per approdare alla rivoluzione o ritornare a casa; lui rimane fedele e costruttivo. Don Giussani lo riconosceva come il prototipo del missionario, proteso come san Paolo all’annuncio di Cristo e all’edificazione della chiesa.
Il terzo prete appare improvvisamente nei social, ucciso nell’attentato di gennaio a Madrid. Sei mesi prima, don Mario racconta di essere stato ‘forzato’ con un forte abbraccio ad accogliere come chierichetto un ragazzo down. Gli dice: “Fa’ quello che faccio io.” Il ragazzo bacia come lui l’altare. “Non devi farlo, lo farò io anche per te’, gli dice. La volta dopo, il ragazzo appoggia la guancia sull’altare e dice: “Non l'ho baciato, Lui mi ha baciato, riempito di baci”. Anche il prete, in seguito, bacia l’altare e vi appoggia la guancia. Sei mesi dopo, riceve un gran bacio dall’altare del cielo.
In aggiunta, un quarto prete, anzi vescovo. Alfredo Magarotto mi ha accompagnato con la comunità di Borgo San Giovanni all’ingresso nella nuova chiesa, e successivamente l’ha consacrata. Discreto, veloce, presente: come un padre che segue i figli uno per uno.
Sono riconoscente a Dio che attraverso persone e avvenimenti mi ha toccato con una leggera carezza o con uno strattone, come figlio abbracciato dalla misericordia.

Vangelo secondo Marco 6,1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

PER VEDERE E ACCOGLIERE

Quello che capita a Gesù nella sinagoga del suo paese, mostra che la fede non è solo questione di occhi e di intelligenza. I compaesani di Gesù capiscono le sue parole, guardano con ammirazione quel giovane uomo del quale pensavano di sapere tutto: mestiere, parentado… Come mai se ne scandalizzano e lo rifiutano? Per accogliere la novità che Gesù è, occorre un cuore umile e aperto, occorre lo sguardo del bambino che vede la realtà e la chiama per nome.

Vangelo secondo Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

PER LA SALVEZZA DI TUTTI

Gesù presentato, anzi, offerto al tempio, apre la via che lo conduce al Padre attraverso la croce e la risurrezione. Se ogni primogenito, anzi ogni figlio, appartiene al Signore, allora la vita è protesa a compiere la sua volontà, per giungere alla realizzazione di se stessi, come testimoniano tanti cristiani e tante persone consacrate. Il gesto che Gesù compie attraverso Marie e Giuseppe, lo fa riconoscere come il Salvatore di tutti, lungamente atteso da Simeone e Anna, simbolo dell’umanità in attesa

 

Domenica 7 Febbraio, V del Tempo Ordinario, Anno B (verde)
Giornata della vita

Introduzione del celebrante
Il Vangelo ci mostra Gesù nella sinagoga, in casa di Pietro, tra la gente. In questo giorno di festa Gesù è vivo nella nostra comunità. Ci rivolgiamo a Lui con fiducia.

1. Signore Gesù, guardiamo a te come tutte le persone che ti hanno incontrato. Prendici per mano e sollevaci; guarisci le nostre infermità fisiche e morali,
Preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

2. Signore Gesù, Dio della vita, ti affidiamo la vita nascente, i piccoli, i poveri, gli anziani, i malati e chi sta loro vicino; sostieni la gioia e la speranza, il lavoro e la fatica degli uomini e delle donne,
Preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

3. Signore Gesù, rendici lieti e consapevoli del dono della fede, desiderosi di viverlo e testimoniarlo in famiglia e in società,
Preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

4. Signore Gesù, ispira e illumina tutti coloro che hanno un potere politico, economico, sociale, perché nelle loro decisioni cerchino il bene di tutti, Preghiamo: SIGNORE DELLA VITA, ASCOLTACI

Conclusione del celebrante
Ecco davanti a te i nostri bisogni e le nostre domande, Dio della vita. Accoglile con cuore di Padre. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Spunto della festa
UNA VITA DA TEMPO PIENO
Gesù vive una vita da tempo pieno: preghiera nella sinagoga, incontro con gli amici, guarigione della suocera, malati, preghiera solitaria, persone che lo cercano e ‘tutti gli altri’. Una vita determinata dall’amore verso le persone che il Padre gli affida. Possiamo confrontarlo con Giobbe – prima lettura - che esprime l’oppressione della vita e la fatica del lavoro. Paolo invece – seconda lettura - appare lanciato nella missione. Qual è il valore della vita? Per che cosa vale la pena vivere? “E che vale la vita se non per essere data?” (Claudel, Annuncio a Maria). Il tempo, il lavoro, lo studio, la famiglia, gli impegni ci sono donati per una missione nel mondo, che ci apre al prossimo e rende lieta la nostra vita.

Vangelo secondo Marco 5,1-20

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.
Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese.
C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

SALVEZZA: PERDITA O GUADAGNO?

Un uomo viene liberato da una legione di demoni, che si riversano in una mandria di porci finiti annegati in mare. Quanto vale la salvezza di un uomo? La gente della zona invita Gesù ad andarsene via, per il timore di rimetterci altre proprietà. Quanto vale la liberazione da satana? Possiamo perdere i beni materiali al fine di guadagnare la salvezza? Tanti seguaci di Gesù non esitano a farlo, anche oggi. Questa paradossale pagina di Vangelo ci mette in gioco.