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Introduzione del celebrante
Il Vangelo ci invita a un amore grande e vero verso Dio e il prossimo. Domandiamolo come una grazia necessaria.

1. Signore Gesù, donaci di vivere l’amore con il quale tu ci hai amato e ci ami. Ogni giorno della vita diventi occasione per imparare e per vivere il comandamento nuovo dell’amore,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, donaci di accogliere la testimonianza di coloro che annunciano e praticano il tuo amore. Rendici attenti alla missione di Papa Francesco e dei pastori uniti con lui,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

3. Signore Gesù, converti i cuori e i programmi dei capi delle nazioni, perché ricerchino pace e concordia. Ti affidiamo le persone che vivono il dramma della guerra e della fame, e i cristiani perseguitati e privati della libertà e della casa,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

4. Signore Gesù, dona unità, amore e pace alle famiglie. Rendici attenti alle famiglie ferite dal dramma della difficoltà economica, dell’infedeltà e della separazione: possano sperimentare il sostegno della tua presenza,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
Padre Santo, insieme con i doni delle offerte consegniamo all’altare le nostre preghiere; rendile vere ed efficaci, per il nostro Signore Gesù Cristo, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

Spunto per la domenica
Mentre sta per consegnarsi al Padre, Gesù dice: “Amatevi come io vi ho amato” . Dio stabilisce in mezzo a noi la sua tenda e fa iniziare già su questa terra ‘un cielo nuovo e una terra nuova’: una famiglia cristiana, una comunità cristiana, perché siano un segno visibile e chiaro di quest’amore. Ripartiamo ogni domenica e ogni giorno dal dono di Gesù presente, che cambia il cuore delle persone e la faccia del mondo, come raccontano gli Atti degli Apostoli e come testimonia la storia della Chiesa.

Vangelo secondo Giovanni 14,1-6

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».

LA DIMORA E LA VIA

Arriva il momento in cui ci accorgiamo che non basta conoscere e non basta nemmeno vedere. Occorre camminare, guardando la strada e seguendo chi ci accompagna. Gesù si mostra e si dona come strada da percorrere, come verità da guardare, come vita da ricevere in dono. In Lui la vita si è resa visibile, la via percorribile, la verità comprensibile. Gesù ci ha chiamati amici e ci ha preparato una dimora nella casa del Padre dove egli stesso abita.

Vangelo secondo Giovanni 13,16-20

[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».

PAROLE E GESTI

Gesù non solo insegna con le parole, ma pone dei gesti che segnano un altro percorso di vita. Sono gesti ‘travolgenti’, come donare il suo corpo e lavare i piedi come un servo, compiuti anche verso chi gli si oppone come avversario e nemico. La sorgente della sua azione è profonda, e deriva dalla sua identità divina, espressa con le parole che lo assimilano al Padre (“Io sono”) che l’ha mandato, testimone di un amore più grande e di una vita più umana.

Vangelo secondo Giovanni 12,44-50

In quel tempo, Gesù esclamò:
«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

GESU’: dal Padre agli uomini

Ogni giorno di più scopriamo che Gesù è radicato nel Padre, lo esprime e lo comunica con tutta la sua vita. Così pure, Gesù non si colloca all’esterno dell’uomo, ma entra nel suo intimo, scoprendo il desiderio del suo cuore e ponendovi dentro la parola che lo rivela a se stesso e lo lancia nella vita. La Parola di Gesù diventa salvezza o condanna, a seconda se si accoglie la verità che contiene o la si rifiuta.

Vangelo secondo Giovanni 15,9-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

AMORE E GIOIA

Una cascata di amore e di gioia si riversa sugli apostoli e su di noi da questo Vangelo. L’amore del Padre si effonde nel Figlio e l’amore del Figlio ci comunica amicizia, gioia, fiducia. Una potenza indistruttibile vibra nelle parole di Gesù e più ancora nella sua vita, interamente donata al Padre e protesa a farci sperimentare l’amore di Dio che diventa anche per noi vita e gioia. Una sovrabbondanza che ci fa non più servi ma amici di Dio.

IL ROSARIO DELLA VITA

Sono appena tornati dal Messico, dove il figlio lavora. Sul sagrato della Chiesa raccontano la meraviglia dell’incontro con un popolo fiero e religioso, orgoglioso delle proprie tradizioni e profondamente pio. “Abbiamo visto cattedrali e chiese gremite, le celebrazioni della settimana santa animate e partecipate da tanta gente, compresi i numerosissimi bimbi ben seguiti dai genitori, educati e rispettosi del luogo sacro”. Nella campagna, al tramonto, tra case fatiscenti, quasi ad ogni incrocio, capannelli di gente di tutte le età pregano la Madonna davanti ad altarini pieni di fiori. Anche nei taxi e negli autobus occhieggiano immagini sacre. “Abbiamo partecipato ad una grandiosa celebrazione pasquale nella basilica di Guadalupe: era evidente la fede del popolo. Ma quello che ci ha più stupito è stato un altarino dedicato a Maria in una casa poverissima: fiori freschi - difficilissimi da trovare in un luogo così arido - un cero acceso tutto il giorno e un'immagine grandissima della Vergine. La figlia ci confidava che quella, per sua madre, era la prima occupazione della mattina: offrire alla Madonna la sua famiglia segnata dalla sofferenza.”
La coppia di amici racconta con occhi brillanti e cuore rianimato. Lo sguardo si allarga sulle strade dei nostri paesi e città, dove non s’è ancora spenta l’eco degli antichi rosari.
Altri amici raccontano della processione di Matera con le statue della Madonna e dei santi portati a braccio dalle persone, vecchie e giovani, che hanno avuto quest'anno una grazia particolare.
Il mese di maggio, che inizia a ridosso della Pasqua, ridesta ancora tra le nostre strade crocchi di persone che pregano. E’ una sorpresa che si credeva svanita, e che si riaccende puntualmente, qui sul sagrato della Chiesa, lì davanti al capitello mariano, altrove sulla scalinata del condominio. Rosario significa semplicità di preghiera, percorrendo la strada di Maria che vive gli avvenimenti del Figlio Gesù, ricevendone per sé e per noi pienezza di umanità. E’ una preghiera così semplice, che anche i bambini la sgranano con la prima corona, e gli anziani la accompagnano con pacatezza; i giovani la riscoprono dopo la distrazione dell’adolescenza, e i preti indugiano davanti al miracolo della fede che si rinnova. La teologia parla di ‘sensus fidelium’, come dire il buon senso cristiano dei fedeli. Non è per nulla il ‘quarto stato’, cioè il livello inferiore del popolo di Dio, ma piuttosto la sua punta tenace. Una fede ‘popolare’ non perché crede di meno, ma perché si estende nel popolo e riempie di consolazione e letizia le circostanze della vita, senza artifici e raffinatezze: a somiglianza del pane moltiplicato e del buon vino delle nozze di Cana.

Vangelo secondo Giovanni 10,1-10

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

IL PASTORE, LA PORTA, LA VITA

Gesù sa che abbiamo bisogno di Lui per venire salvati. Egli non solo si identifica con il pastore che conosce per nome le sue pecore e sa dove condurle, ma si identifica anche con la porta, attraverso la quale si passa per mettersi al sicuro. Non ci si salva da soli, vagolando qua e là in cerca di pascoli che non soddisfano mai. C’è una strada che conduce alla salvezza, una verità che non inganna, una vita che ci viene donata in abbondanza: è Gesù.

 Vangelo secondo Giovanni 10,27-30

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

 

L’UNICO PASTORE e i CANI PASTORI

 

Pecore e pastori: ancora? Il Vangelo ce ne ripropone l’immagine e la lancia in alto, fino a toccare Dio Padre. Le pecore – così come gli altri animali e tutti gli uomini della terra – appartengono al Dio che ci ha creati e ci ama, e ci vuole tenere stretti nella sua mano. Perché non ci perdessimo – come pecore lasciate in balìa di se stesse – Dio Padre ci affida al suo Figlio che è una sola cosa con lui e che si è fatto uomo perché lo potessimo vedere e seguire, percependo con le nostre orecchie una voce che ci ama e ci chiama per nome.

Abbiamo bisogno del pastore noi, uomini d’oggi, che rivendichiamo solitudine e indipendenza, proclamandoci single e autonomi, liberi e beati come il vento? Dov’è il pastore che merita di essere guardato e seguito, nel nostro mondo di capitani e padroni senza faccia, dall’identità spappolata nell’anonimato della piazza mediatica, delle imprese multinazionali, dei colossi finanziari, della invasione sessuale?

“Ma tu ti senti un pastore?” - domandava Paolo Rumiz, autore de ‘Il filo infinito’, a un monaco benedettino - “Io un pastore? – si è sentito rispondere - Il pastore è lassù. Io sono il cane pastore, quello che tiene insieme il gregge, che lo difende, che cerca le pecorelle smarrite”.

Vangelo secondo Giovanni 6,60-69

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

DA CHI ANDREMO?

Siamo alla fine del dialogo – anzi della contesa - di Gesù con i Giudei. Carne e sangue da mangiare sono parole dure per orecchie chiuse e cuori aridi. Molti interlocutori di Gesù se la sfilano, molti seguaci abbandonano. Gesù, rimasto con i Dodici, lancia la sfida: “Volete andarvene anche voi?”. La risposta di Pietro è grande e decisiva. Anche se egli non avrà capito fino in fondo le parole di Gesù, tuttavia ne ha colto l’origine e la profondità”. E dunque, “Da chi andremo, Signore?”