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LA FEDE TAGLIATA

La Trinità è difficile e non merita tempo di spiegarla. Gesù non è da nominare perché se no i ragazzi scappano. La Chiesa è piena di peccati e lasciamola stare. Il Battesimo è una imposizione e lo riceverà da grande se vuole. La Confessione, mi confesso da solo. Il Matrimonio si può fare anche in spiaggia mescolando il mucchio di sabbia verde con quella gialla..... E via sventolando stracci di parole e di opinioni, ciascuno la sua.

Una fede tagliata, snervata, abolita. Il cristianesimo messo da parte, ingessato e raggelato come una montagna d'oro sepolta dalla neve, dove non si va più a scavare. Al massimo, precipitose scivolate fino a valle.

Dimmi cos’è il cristianesimo. Dimmi cosa c’entra Cristo con la vita. Dimmi dove trovi una mano che te lo porga, una voce che te ne parli, un cuore che te lo consegni.

Nella piazza del mercato delle religioni, come Diogene con la fiaccola accesa di giorno, vai cercando un Volto fra tutti i volti. Tra la folla dispersa e oppressa, dopo le fantasie del carnevale e dentro le abitudini della Quaresima, emerge il bisogno di una risposta, l’esigenza di una compagnia per arrivare a Lui, cercando di individuare il cammino della sua croce e lo splendore della sua carne di risorto. Trovi aperta la porta della Chiesa, spalancato il libro della sua parola, sussurrato il mormorio della preghiera. Di comunità in comunità, di stagione in stagione, cerchiamo l’incedere dei suoi passi, il suono della sua voce, lo slancio della sua chiamata. Veniamo introdotti nel mistero della sua vita, per poter svelare il mistero del nostro essere al mondo, il nostro anelito di infinito come sul colle di Leopardi, non per naufragare nel mare del nulla, ma per navigare nel profondo della vita, scorgendo all’orizzonte la meta. Navigazione non solitaria, con il capitano che guida la barca.

Cerchiamo qualcuno che ci consegni la fede con tutti i suoi connotati e ci introduca nella storia nella quale e entrato Dio, Padre che crea e ama, Figlio che diventa uomo, Spirito che lancia nella vita. Cerchiamo una comunità di persone affascinate dal suo amore, attratte dalla sua chiamata, sospinte al largo della missione. L’oscurità si schiarisce, il peccato viene lavato, l’oppressione viene liberata. Chiamati a risorgere ogni giorno, a fiorire ad ogni primavera, a portare i frutti dell’estate e dell’autunno. Ritroviamo fratelli che arrivano da tutte le strade, accogliamo la grazia che ci avvolge da tutti i punti cardinali. Una fede di volti e persone. Il volto di Dio, la storia delle persone.

Vangelo secondo Luca 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

COME UN ALBERO NEL TERRENO

Viene riferito a Gesù un drammatico fatto di cronaca. Per mantenere il potere, gli antichi romani non esitavano ad andare giù duro. La gente si scandalizza che Dio non abbia protetto i ribelli. Erano dunque peccatori? Gesù taglia corto e arriva al fondo della questione: se non cambiamo vita e non percorriamo la via del bene, andiamo a finire male tutti. Può accadere già in questa vita; certamente accadrà nell’altra.  Ed ecco, ci viene donato tutto il tempo per convertirci. Dio non ci ha creato perché ci perdessimo, ma per portare frutti di vita e di felicità per noi e per tutti. Ogni giorno ci concede il tempo per vivere e mille occasioni di bene. Ci offre il terreno su cui siamo piantati, ed è la storia buona nella quale affondano le nostre radici, fatta di santi e di imprese positive; ci dona il vento con il polline della fioritura, e la pioggia che la fermenta, ed è la compagnia di persone che ci premono intorno e ci provocano. In un tale contesto, rinasce ogni giorno la voglia di vivere e di crescere.

Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

PADRE E FIGLIO

Grande parabola della miseria del figlio e della misericordia del padre. La miseria del figlio è dapprima quella del suo cuore, che stacca le radici e si avvia sulla strada della solitudine, con la pretesa che per vivere felice gli bastino i soldi. La misericordia del padre nasce da una paternità senza limiti: un padre è padre, comunque sia il figlio, buono o cattivo, vicino o lontano. Ritroviamo l’immagine di Dio Padre, che ci attende, e si affretta a riprenderci in casa quando torniamo.

Vangelo secondo Matteo 21,33-43.45

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

PIETRA D’ANGOLO

Gesù guarda la storia del suo popolo e gli avvenimenti che gli scorrono davanti. Da qui nascono le parabole, che tuttavia a volte estremizzano situazioni reali per far capire con chiarezza il suo messaggio. In questo caso sono in ballo l’intera storia di Israele e il destino stesso di Gesù. E’ Lui il Figlio mandato dal Padre e rifiutato dai ‘contadini’. Tuttavia Egli, pietra scartata, è diventato pietra d’angolo per una nuova edificazione della vita delle persone e della storia del mondo.

Vangelo secondo Luca 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

DI FRONTE AL DESTINO

Questa è un’efficace parabola per mettere le persone di fronte al loro destino. Tutte le nostre azioni hanno un ‘peso’ eterno e determinano la nostra condizione dopo morte. La parabola diventa anche uno stimolo alla carità e alla condivisione, per il tempo della Quaresima e per sempre. La carità verso il prossimo non può ridursi ai frammenti delle monetine, ma deve diventare gesto concreto, fino ad aprire la casa e ad ospitare alla nostra tavola. Molti cristiani l’hanno praticata e la praticano.

Domenica 24 marzo 2019 - III di Quaresima, Ciclo C

Giornata di preghiera e di digiuno in memoria dei missionari martiri

Introduzione del celebrante
Affidiamo la nostra preghiera a Dio Padre che vuole vita e salvezza per tutto il suo popolo.

1. Signore Dio nostro Padre, tu non vuoi che il peccatore perisca, ma che si converta e viva: la tua pazienza ci doni il tempo utile per la nostra conversione,
Noi ti preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, SIGNORE

2. Gesù Figlio del Padre, ti preghiamo per la Chiesa che vive in Italia; la voce del Papa e dei Vescovi sia accolta con fiducia e speranza. Ti preghiamo i cristiani perseguitati in tante nazioni,
Noi ti preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, SIGNORE

3. Spirito Santo di Dio ti affidiamo i popoli colpiti da attentati e calamità. Sostieni le opere di solidarietà e fraternità,
Noi ti preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, SIGNORE

4. O Dio, rivelato a Mosè come Dio della vita e della libertà, donaci di sperimentare la tua misericordia come peccatori pentiti,
Noi ti preghiamo: CONVERTI IL TUO POPOLO, SIGNORE

Conclusione del celebrante
Signore Dio nostro, la grazia di questa Eucaristia, ci sostenga nel buon cammino della nostra conversione.

Spunto della domenica
Dio si rivela come salvatore. Prende l’iniziativa per salvare il suo popolo, e in Gesù arriva fino a ciascuno di noi. La nostra conversione è un cammino. Non basta essere battezzati; occorre volgerci a lui: affidandoci alla sua misericordia nel sacramento della confessione; esercitandoci alla domanda di perdono con le più semplici domande di perdono della messa e della preghiera della sera. Viviamo la misericordia e l’accoglienza verso il prossimo, a cominciare dai familiari, vicini di casa, colleghi di lavoro.

Vangelo secondo Matteo 20,17-28

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

SEGUIRE fino alla PASQUA

La liturgia della Quaresima ci introduce nel cammino di Gesù verso Gerusalemme, luogo del suo ‘esodo’, cioè la Pasqua di passione, morte, risurrezione. Non è solo un ricordo, una celebrazione, un’azione scenica, una ‘commemorazione’. E’ una sequela reale, che dalla storia di Gesù e dalla memoria liturgica si traduce nella vita. Gesù lo dice chiaro alla madre dei due ‘figli del tuono’ e a tutti i discepoli: si segue Gesù servendo i fratelli e dando la vita per Lui, come tanti martiri e testimoni.

Vangelo secondo Matteo 1,16.18-21.24

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

UNA VITA DA PADRE

San Giuseppe vive ancora nascosto, come nel Vangelo. Il nostro calendario lo ricorda non nei colori della della festa, ma nel grigio della ferialità. La sua festa è diventata la festa del papà. Non è un danno, se i genitori imparano da Giuseppe a fare i papà e le mamme. Cosa insegna Giuseppe? Obbedienza al Signore, rispetto per il coniuge, attenzione ai figli, che vanno accolti e difesi anche in circostanze estremamente difficili. Lavoro, trasmissione di un sapere e di un’esperienza. E la vita fiorisce.

Vangelo secondo Luca 6,36-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

IMITARE IL PADRE

 

Il Padre, che ha un cuore grande e benefica i figli con misura sovrabbondante, vuole che essi lo imitino nell’amore e nella misericordia. Il mondo cambia per questa misericordia accolta dal Padre e allargata ai fratelli. La colpa non schiaccia più, non è più un laccio che trattiene. I fratelli smettono di odiarsi e non si danneggiano più reciprocamente. Ecco il principio fondamentale di una sana ‘ecologia umana’ che risana il mondo e salva ciascuna persona.