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La forza della vita

RESILIENZA COME RISURREZIONE

Resilienza è assai più di resistenza. Resilienza è la capacità di accompagnare l'onda dell'uragano trasformandola in motrice di bene. Non è appena uno spirito di adattamento o una positività di atteggiamento. Resilienza è la spugna secca e imbevuta d'acqua e strizzata, che ritorna sempre al formato iniziale. È la posizione di chi non si limita a vedere il bicchiere mezzo pieno, ma utilizza anche quello mezzo vuoto. E’ un uomo che, dentro un contesto di guerra e distruzioni, riesce a condurre una vita ‘normale’, andando al lavoro e portando a scuola i bambini.                        Edoardo Tagliani – partito tanti anni fa per la carriera di giornalista e diventato responsabile dell’assistenza che Avsi presta alle popolazioni nel Medioriente di guerra – descrive in questi termini l’audacia, l’adattamento, l’inventiva, la fiducia di chi, nella città distrutta di Qarakosh s'è messo a impiantare - prima delle case o delle chiese o delle fabbriche - un asilo per bambini, come segno di speranza. E’ possibile vivere in modo umano dentro una città distrutta, da cui gli abitanti hanno dovuto scappare nel giro di poche ore per l'arrivo degli assalitori del Daesh? Quando una guerra o uno stato di emergenza permangono per pochi giorni o forse per qualche settimana, si può sospendere ogni attività per poi subito riprenderla. Ma che cosa succede quando l’esilio e la distruzione durano tre anni e mezzo?
Siamo nei giorni di Pasqua e l'accostamento con i fatti accaduti nella piana di Ninive, a Mosul e dintorni, è impressionante. Il giornalista che racconta, descrivendo le situazioni dal vivo e citando per nome persone direttamente conosciute, ha passato vent'anni in Nigeria e ora vive con la famiglia a Beirut, facendo la spola tra campi profughi e città desolate. I suoi tre bambini parlano liberamente tre lingue, a seconda che siano a casa o a scuola e in giro con gli amichetti. Nella settimana di Pasqua gira l’Italia raccontando e mostrando la ‘resilienza’, questo strano fenomeno di ripresa della vita anche nelle condizione più disperate. Una sorta di risurrezione dai sepolcri della disperazione. A una condizione: che si ami la vita, che si amino le persone chiamandole per nome, e il cuore sia abitato da una sorgente di speranza che apre alla gioia e al dono.                          Ascoltando il racconto e guardando le immagini, veniamo percorsi da un brivido. Sono da risanare non solo i muri ma le ferite del cuore e i legami tra le persone. Nella cattedrale dissestata e dilaniata, parroco e fedeli in pochi giorni ripristinano l’altare delle celebrazioni. Miryam, la ragazzina scappata dalla sua città di Qarakosh, della quale abbiamo sotto gli occhi la testimonianza di qualche anno fa, è cresciuta e sorride con occhi brillanti dalla copertina del notiziario ‘Buone Notizie’. La Pasqua prosegue.