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Ricordando Madre Antonietta Busetto

Memoria di vocazione

Negli anni che seguirono la fine della seconda guerra mondiale, l'anima delle persone si innalzò come vela al vento, e tanti ideali, anche contrapposti, veleggiarono sul vasto mare della società italiana. Ci fu chi si inoltrò su percorsi vecchi e nuovi precedendo tutti. Madre Antonietta Busetto è stata un'apripista. Ancor prima che ci si potesse rendere conto della sua scelta, se ne partì aggregandosi alla flottiglia delle Madri Canossiane, molto apprezzate nella sua isola, Pellestrina. Antonietta era la figlia più giovane degli zii più vicini, forte e vivace nel servizio alla sua famiglia e alla parrocchia, senza particolari pietismi. Mi riappare davanti agli occhi da quando avevo otto anni la sua faccia sorridente mentre da fuori batte il vetro della finestra che dava sulla strada e annuncia la nascita di una bambina, la prima nipotina. Giravano attorno alla Scuola Materna dell’Istituto Canossiano dell’isola parecchie ragazze, alcune delle quali la seguirono a grappolo. Affiorano alla memoria la vivace Elisabetta, la robusta e allegra Luciana, l'incerta Pierina che aveva perduto i genitori nel bombardamento della sua casa, la semplice e composta Giovannina. Qualche anno dopo Madre Antonietta poté ritornare per poche ore nell’isola accompagnata da un'altra suora, come sempre usavano le Canossiane, quando suo papá trovò la morte nel giro di poche ore in un incidente di lavoro. In seguito i miei contatti con lei furono veloci e occasionali, pur propiziati dal mio cammino verso il sacerdozio. Qualche rapida visita o telefonata, accompagnate dalla raccomandazione di pregare per i parenti che avevano particolari bisogni e che lei nominava con la voce incrinata. Venne assai presto colpita da una fastidiosa, prolungata e dolorosa malattia che le impediva le normali posture della persona. Fu presente in varie comunità, Conselve, Fonzaso, Chioggia, Cavarzere e infine passò molti anni in portineria a Padova. Tante persone che lei ha incontrato la ricordano come un’artista nell’insegnare la raffinata arte del tombolo imparata nella sua isola, ‘con le agili ed esperte mani che facevano ‘cantare’ la bellezza del ricamo’, annotano le sue consorelle, ‘aperta, accogliente, attenta all’altro’. Manifestava una vita spiritualmente intensa, sacrificata e obbediente, immersa nel servizio della sua comunità con umile dedizione. Ha mantenuto fino alla fine la freschezza del volto e il sorriso, anche quando negli ultimi anni trovò ospitalità nella Casa Caritas a Schio in compagnia delle consorelle anziane. Con cura e benevolenza è stata accudita e accompagnata fino alla fine. Credo abbia portato in paradiso il peso e la gioia di una dedizione assoluta al Signore Gesù nella Congregazione delle Madri Canossiane.