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Domenica 30 agosto 2020 - XXII del Tempo Ordinario, Ciclo A

Introduzione del celebrante
Come mendicanti bisognosi e pieni di fiducia, ci avviciniamo al Signore affidandogli la nostra preghiera.

1. Signore Gesù, donaci la grazia e la gioia di seguirti portando la nostra croce con fortezza e fiducia, in compagnia con i nostri fratelli,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, sostieni tutti coloro che si lasciano sedurre dal tuo amore, come il profeta Geremia. Ti affidiamo coloro che tu chiami al sacerdozio e alla vita consacrata,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

3. Signore Gesù, ti affidiamo i cristiani che vivono isolati e perseguitati in tante parti del mondo: rendi concreta la solidarietà attraverso la preghiera e l’azione di carità,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

4. Signore Gesù, ti ringraziamo per la bellezza e la varietà del mondo nel quale viviamo. Donaci di custodire il creato con vigilanza e rispetto,
Noi ti preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
Presentiamo a Dio Padre la nostra preghiera per la Chiesa e per tutti gli uomini. Per Cristo nostro Signore.

Spunto della domenica
Siamo cristiani, ma come Pietro vorremmo tirare Gesù dalla nostra parte piuttosto che seguire noi la sua strada. La sua strada si presenta attraverso la croce, ma giunge alla vita nuova della risurrezione e diventa testimonianza per tutti. Guardiamo l’esempio di tanti cristiani del passato e del presente, particolarmente di quanti subiscono martirio.

IL VANGELO DI SAN BENEDETTO

Il Vangelo è un campo nel quale puoi continuamente scavare in cerca del tesoro. Un tesoro inesauribile che si rivela man mano che procedi, spesso in buona compagnia con altri cristiani. Quante volte abbiamo fatto, come il pastore, il percorso alla ricerca della centesima pecora che si era perduta? Gesù non parla per concetti, ma attraverso immagini da guardare. Lui stesso è immagine del Padre che si comunica a noi sfaccettandosi in mille riflessi. Egli non racconta fatterelli, ma ci coinvolge in un giudizio sulla vita; ci guarda in faccia e dice. “Chi di voi..?”. Ci fa identificare personalmente con quella centesima pecora che si era perduta e con le novantanove lasciate al sicuro, e ci rende partecipi della gioia del ritrovamento.

C’è poi l’uomo ferito, lasciato sulla strada mezzo vivo (o mezzo morto, che è lo stesso): una vita a metà, nella quale possiamo trovare un’immagine di noi stessi. C’è la carità del buon samaritano, che tuttavia non si muove da solo, ma cerca la collaborazione dell’albergatore e lascia presso di lui l’uomo ferito. Il comandamento ci invita ad amare l’altro come se stesso. E Dio, ama noi come ama se stesso? In Lui l’amore a se stesso è lo Spirito Santo, che viene donato a noi per generare vita, come in Maria.

Ed ecco “l’offerta disturbata” di colui che si reca all’altare e lì si accorge del fratello che gli è avverso. La riconciliazione entra a far parte dell’offerta, nella quale è inclusa tutta la vita, accolta e ristorata da Cristo.

Infine, non una parabola, ma il cammino sull’acqua, con Gesù che invita noi, uomini fluttuanti, a seguirlo rinnovando la nostra fede in Lui. Dove ritrovare dunque il Signore se non in un luogo umano, fatto di persone, relazioni, spazi e tempi? San Benedetto lo mostra precisamente con la sua regola costituendo nel monastero la comunità ‘regolata’ dei suoi discepoli.

Sulla filigrana della regola di San Benedetto, l’abate generale dell’ordine dei Cistercensi rilegge parabole e fatti del Vangelo, scovando nuovi tesori nel campo.

Mauro Giuseppe Lepori, Pecore pesanti e fratelli fluttuanti,

La via di san Benedetto alla cura dell’altro

San Paolo, Milano 2018 pp 126 € 10,00

 

 

LA MERAVIGLIA DELLA VITA

Non si cammina solo con i piedi. Si cammina con gli occhi, guardando; si cammina con gli orecchi, ascoltando; con il naso, respirando e odorando. Il corpo e l'anima si sciolgono a contatto con l'aria del mare e la frescura della montagna. Ci lasciamo invadere dai colori dell'acqua sempre in movimento sulla superficie del mare e dalle piante sui monti con tutte le tonalità del verde, e aspiriamo i profumi che si spandono dalla salsedine della laguna e dagli umori della terra. Ci apriamo ad ospitare il mondo tutt'intorno, scorgendo l'ultimo profilo dell'orizzonte.

Lo sguardo sul mondo ti rivela a te stesso, nella fragilità e nella complessità dell’umana esistenza; ti percepisci come un'infinitesima parte del tutto, e insieme come coscienza viva e strumento di un’orchestra che suona la musica dell'universo. Che cosa sarebbe l'infinito cielo stellato senza chi si muove a guardarlo e scoprirlo, scrutando i sentieri del cielo e forando il buio della notte?

Mentre la volta dell’universo si dilata, si allargano le dimensioni dell’animo umano. La musica che ascolti non è più solo un insieme di note che sobbalzano planando verso il silenzio, ma descrive il rapporto con l’infinito, come nel concerto per violino e orchestra di Mozart, dove il dialogo di un solo violino si alterna con gli altri strumenti in una serie di inseguimenti per arrivare all’abbraccio dell’ultima danza.

La realtà delle cose, degli avvenimenti, delle persone non si frantuma nella dispersione di mille frammenti, ma viene attratta a un punto di unità. Nulla di quel che siamo finisce nel vuoto e nell’insignificanza. Gli amici raccontano della bellezza e della pace nello stare con Cristo persino nella malattia, nell’immobilità e nella solitudine. Il volto di Colui che fa tutte le cose, e che ti vuole bene da sempre e per sempre, raggiunge il malato di Covid attraverso il brillio degli occhi di un’anonima infermiera che domanda: “Come ti senti?”. E la donna che da 30 anni si muove in carrozzella, ringrazia della vita che le allieta il cuore attraverso la compagnia degli amici fedeli nel tempo; se ne accorge anche la badante, che si commuove dicendo di non aver mai visto un’amicizia così intensamente bella.

Camminiamo nel sole della vita o sotto l’improvviso temporale che interrompe l’escursione. Ci lasciamo sorprendere dal sole che spunta improvviso dalla forcella tra i monti o si presenta con un’unghia sottile a livello dell’orizzonte sul mare. Lo sguardo si illumina mentre riconosci la stessa tua sorpresa nel volto dei compagni di strada. Pieni di meraviglia, ci apriamo al sublime.

Vangelo secondo Matteo 23, 27-32

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

UN BENE INTERO

L’ipocrisia difende se stessa, nascondendo sotto una bella apparenza il marciume del cuore.
Accusa il passato e non si impegna a riconoscere e a realizzare il bene che è possibile compiere nel presente. E’ un modo per rimanere fuori della realtà, pur camminandovi sopra. Gesù ci spalanca a guardare e a vivere tutto il reale, senza finzioni e senza falsità: viviamo il presente, percorrendo la via del bene con tutto noi stessi, corpo e anima. Domandiamo che la sua grazia ci sostenga.

Martedì 25 agosto 2020

San Giuseppe Calasanzio, Spagna 1558- Roma 1648

Vangelo secondo Matteo 23,23-26

In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

LEGALISMO E CARITA’

Come Gesù ha potuto affrontare in modo così diretto i farisei, denunciando la loro ipocrisia legalista? Si consideravano apposto con le tasse del tempio ma trasgredivano la legge fondamentale della giustizia e della carità. E oggi? Forse c’è superficialità anche nell’adempimento dei doveri legali e ci si accontenta di una buona apparenza esteriore. Così non si soddisfa la giustizia verso il prossimo né si realizza la pace interiore. Gesù spinge in un’altra direzione, che conduce al cambiamento del cuore.

Vangelo secondo Giovanni 1,45-51

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

LA SORPRESA

Lo sguardo di Gesù che lo precede, avendolo visto sotto l’albero di fichi, sorprende Natanaele-Bartolomeo, che esplode in una limpida professione di fede. Gesù ci precede, nella vita e nell’incontro personale con Lui. E’ una grazia accorgersene – magari attraverso un amico che ci dice: Vieni e vedi - e quindi muovere i nostri passi verso di Lui, seguendolo come discepoli. Scopriamo e sperimentiamo così una vita nuova, che apre lo sguardo alla meraviglia e alla gioia della sua compagnia.

Vangelo secondo Matteo 6,13-20

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

CHI DITE CHE IO SIA?

Ricordiamo il primo momento in cui la domanda di Gesù agli apostoli ci è brillata davanti agli occhi e al cuore? Allora abbiamo percepito Cristo vivo, presente e decisivo per la nostra esistenza: così abbiamo cominciato ad essere cristiani. Questo momento è fiorito nel tempo intrecciandosi con tutte le vicende della vita, nelle quali abbiamo riconosciuto la presenza del Signore. Questa è la grazia che viene dal Padre. Nello stesso tempo, è provvidenziale la testimonianza di tanti fratelli, garantiti nella fede dea successore di Pietro, che per primo disse: “Tu sei il Cristo, figlio del Dio vivo”.

Vangelo secondo Matteo 22,34-40

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

LA RISPOSTA DELL’AMORE

Di fronte al Dio che ci ama donandoci la vita; di fronte al Padre che manda il Figlio a diventare uomo per la nostra salvezza nella grazia dello Spirito Santo, quale può essere la risposta?  All’amore totale si risponde con un amore altrettanto totale. Non è la risposta a un dovere, tanto meno è un tentativo di pareggiare i conti con Dio. E’ una strada di vita, che conduce a ritrovarci uomini e donne veri, e fratelli e sorelle nella comunità umana.

Domenica 23 agosto 2020 - XXI del Tempo Ordinario, Ciclo A

Introduzione del celebrante

In questa celebrazione liturgica veniamo condotti davanti al Signore Gesù, e lo riconosciamo come nostro Dio e Signore della vita. A Lui ci affidamo.

  1. Domandiamo il cuore e la fede dell’Apostolo Pietro, per accogliere e seguire Gesù come Messia e Figlio di Dio, in comunione con tutta la Chiesa,

Noi ti preghiamo: RINNOVA LA NOSTRA FEDE, SIGNORE

  1. Affidiamo i cristiani nel mondo: in tutte le condizioni della vita, in mezzo a difficoltà e opposizioni, tengano salda la fede e vivo l’amore verso il Signore Gesù

Noi ti preghiamo. RINNOVA LA NOSTRA FEDE, SIGNORE

  1. Nei drammi che percorrono i popoli della terra, domandiamo di veder crescere i segni di speranza e di collaborazione tra i responsabili delle nazioni e le singole persone,

Noi ti preghiamo: RINNOVA LA NOSTRA FEDE, SIGNORE

  1. Affidiamo le nostre comunità cristiane come luoghi familiari che ci educano alla fede, alla carità, alla misericordia, alla missione,

Noi ti preghiamo: RINNOVA LA NOSTRA FEDE, SIGNORE

Conclusione del celebrante

Signore Gesù, riconosciuto come nostro Dio e Salvatore, accogli ed esaudisci la preghiera del tuo popolo. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Spunto della Domenica:

La domanda di Gesù ai discepoli è sempre nuova e bruciante. Non esige solo la risposta imparata al catechismo, ma la risposta della vita, che nasce dalla familiarità con Gesù, vissuta nel silenzio e nella preghiera, nella esperienza della vita della Chiesa. Non vale tanto un atteggiamento critico, quanto piuttosto una condivisione personale partecipata nei fatti, in ricerca della speranza che ci è stata donata.

Vangelo secondo Matteo 22,1-14

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

UNA FESTA DI NOZZE

La parabola degli invitati a nozze si incrocia con la festa di san Bernardo. La sua vita, intensa di amore e ricca di dedizione, è stata una risposta all’invito del Padre per le nozze del figlio Gesù. Bernardo ripristina e rinnova la vita monacale, attirando schiere di giovani e di uomini; percorre l’Europa per comporre la pace e l’unità della Chiesa. Bernardo concepisce la vita del monaco e del cristiano come una partecipazione alle nozze di Gesù con l’umanità. Una grande festa.