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Disceso dal vaporetto nella mia isola di Pellestrina, procedo verso il vicino cimitero per una visita di preghiera. Entro nella cappellina che custodisce i sacerdoti della mia infanzia e giovinezza e indugio poi presso le tombe dei familiari. Ho appena accarezzato la foto di mia sorella, che una voce d’uomo mi interpella: “Lei che è una persona religiosa… Il Papa è morto”. Incerto e sbigottito controllo la notizia sul cellulare. Con il tumulto di una voragine nel cuore mi avvio alla Chiesa parrocchiale per la celebrazione della Messa del Lunedì di Pasqua: vita e morte, morte e risurrezione, Pasqua fra terra e cielo. Ho la percezione di uno sconvolgimento, un vuoto abissale. Quest’uomo, questo Papa ha invaso la vita mia e di tutti, ha dato una virata alla Chiesa fino al mare aperto, e ora ci abbandona a metà del viaggio…Custodisco vivo il ricordo dei primi giorni dopo la sua elezione. Non potevi uscire in strada che le persone ti fermavano per chiederti ‘cosa pensi di questo Papa’ sorprendente con l’iniziale ‘Buonasera’ e sconcertante per le prime mosse; il barista esce a chiamarmi e prima di ascoltare il mio parere mi sorride entusiasta. “E’ una strada aperta, camminiamo”, mi sento subito di confermare.

“La gioia del Vangelo–Evangelii Gaudium”, il suo primo fondamentale documento, mi fa esultare fino al punto di acquistare una grande mostra che ne illustra i contenuti e che viene presentata in varie comunità. La gioia del Vangelo irrompe come un torrente, salta gli schemi, va in cerca di persone fuori dal recinto cristiano, abbraccia poveri e deboli, si confronta con i potenti; un’acqua tumultuosa deborda dalle sponde, arriva a spaccare argini e dissestare istituzioni e persone, suscitando perplessità e contrasti. Tu intanto continui a guardare e a seguire questo ‘segno’ che la grazia dello Spirito santo colloca nel cuore della Chiesa e sospinge a percorrere le strade del mondo. Questo Papa fa la sua prima uscita nel mare di Lampedusa, e immerge la sua preghiera nelle acque in cui periscono i migranti. Ogni mattina celebra la Messa nella Chiesa di un ‘albergo’ in Vaticano, casa Santa Marta, dove abita. E’ qui che ho il privilegio di concelebrare la Messa con lui, con qualche cardinale e alcuni vescovi e preti in occasione del mio 50.o di sacerdozio e del 25.o dell’amico don Renato. Alla fine della Messa papa Francesco saluta personalmente ciascuno, e la foto di questo incontro la porto davanti agli occhi ogni giorno. Ogni giorno cerco di seguire le sue mosse, ascolto le sue parole, inseguo le varie udienze e gli Angelus domenicali; sono esterrefatto per le sue nomine e le non nomine di cardinali, per le scosse alla Curia romana, per quei viaggi impossibili in terre quasi ignote, tra gente dimenticata e abbandonata. Allargo le dimensioni del mondo e chiedo di aprire anche le dimensioni del mio cuore. Ritrovo una percezione di grande paternità nell’immensa piazza San Pietro che ci accoglie nell’udienza per il centenario della nascita di don Luigi Giussani: un abbraccio e uno stimolo, un nuovo invito alla missione.

In questi giorni in cui la sua figura viene presentata al passato, mi invade la sensazione di un cammino aperto, una Chiesa che con Pietro e Paolo percorre le vie del mondo, entra nelle case, percuote e convince il cuore delle persone, incontra i fratelli vicini e quelli considerati estranei o perduti. E’ il segno – e il sogno – di Papa Francesco.

Vangelo secondo Giovanni 6,1-15

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.  Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».  Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

 

IL PANE MOLTIPLICATO

 

Dopo il Vangelo della ‘nuova nascita’, le letture della liturgia presentano una seconda modalità della presenza di Cristo risorto nella Chiesa: l’Eucaristia. Il capitolo sesto di Giovanni ci introduce con il racconto della moltiplicazione dei pani. La folla che segue Gesù viene sfamata con i cinque pani e i due pesci donati da un ragazzo. Ecco già il gesto eucaristico: Gesù prende il pane, rende grazie, lo distribuisce e attraverso i discepoli ne raccoglie i pezzi avanzati. Un’azione che continua.