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FRATELLO DEI MALATI

Accanto a Brescello, il paese di don Camillo, si stende lungo l’argine del Po la località di Boretto, chiaramente individuabile dall’imponente cupolone della Chiesa. In sagrestia il giovane parroco mostra il librone dei battesimi: il 12 ottobre 1880 nasce e viene battezzato Artemide Zatti. E’ un tempo difficile, e in campagna si soffre la fame. L’intera famiglia – padre e madre e sette figli – raggiunge uno zio in Argentina. Qui cerca subito la parrocchia, tenuta dai salesiani. Si apre un nuovo destino per Artemide, giovane di 19 anni, che ben presto domanda di partecipare alla vita dei salesiani. Nella casa di Bernal, vicino a Buenos Aires, il giovane viene colpito dalla tubercolosi. Verrà trasferito a Viedma, località della Patagonia, dove c’è aria buona. In modo inspiegabile, la malattia svanisce e Artemide si trova a prestare servizio a poveri e malati, che soccorre personalmente anche con le medicine della farmacia. Nel territorio viene costruito un ospedale che diventa la casa della totale dedizione di ‘don’ Zatti, il quale non è prete, ma il fratello coadiutore che si prende a carico la salute dei poveri abitanti del circondario, in ospedale e fin nelle case che raggiunge in bicicletta.

Questo libretto, scritto in modo agile e preciso, racconta tanti episodi della sua ‘impresa sanitaria’, unita all’avventura economica di chi confida strenuamente nella provvidenza. Zatti attira l’attenzione e la stima dei superiori e di tutto un popolo. Quando si tratta di decidere chi andrà a Roma alla canonizzazione di don Bosco il giorno di Pasqua del 1934, viene scelto lui. In seguito Zatti vivrà il dramma della demolizione dell’ospedale per iniziativa della diocesi che ha bisogno di nuovi locali per i propri servizi. L’opera ospedaliere viene trapiantata altrove. e la personalità di Zatti cresce in dedizione e apprezzamento. Muore a 71 anni nel 1951. La fama della sua santità non si spegne, finché il 9 ottobre 2022 viene proclamato santo da papa Francesco.  Il libretto, che fa parte di una diffusa collana di santi, costituisce un primo bellissimo approccio – per ragazzi e adulti - a una sorridente figura di cristiano, semplice e attraente.

Enzo Bianco, Artemide Zatti. Parente dei poveri, Elledici 2022, pp 40 € 1,90

Angelo Busetto

 

Vangelo secondo Luca 2,41-51

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

UN CUORE CHE AMA

Chi ha vissuto un dramma simile, può immaginare l’angoscia di Maria. In questi giorni partecipiamo al dramma della bambina smarrita a Firenze e con lei, di tanti bambini perduti. Ci domandiamo se Maria è ancora in trepidazione per tanti altri figli – piccoli e grandi – che perdono la strada. Un Cuore vivo il suo, ardente. Un Cuore Immacolato, cioè libero da ogni egoismo e capace di amare interamente. Un Cuore al quale affidarsi e affidare i fratelli vicini e lontani.

Vangelo secondo Matteo 11,25-30

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

UN AMORE PIU’ GRANDE

Il Cuore di Cristo si rivela a noi con un Amore più grande, tenero e accogliente. Un Amore che non si consuma nell’istinto, ma ci ama gratuitamente nella nostra piccolezza e povertà, accoglie il nostro povero amore, e ci accompagna nella fatica del vivere. Un Amore che dona tutto di Sé, manifestando così l’Amore con il quale Dio stesso ci ama. Il Cuore di Cristo ci sospinge ad accogliere ed amare gli stanchi e oppressi che incontriamo nel nostro cammino.

Vangelo secondo Matteo 5,20-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

IL CAMMINO DELLA GIUSTIZIA

Giustizia e moralità: parole sfuggenti, altalenanti. A Gesù non basta la giustizia secondo la misura degli ‘scribi e farisei’, bloccata alla formalità dei gesti esteriori e non rispettosa della dignità altrui. Non basta la moralità di chi porta l’offerta all’altare, ma non si riconcilia con il fratello con il quale è in discordia. Per costruire un mondo di giustizia e di pace, occorre trovare un accordo con chiunque ci cammina accanto. In ciascuna di queste proposte, Gesù ci lancia nell’iniziativa personale.

Vangelo secondo Matteo 5,17-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

LUNGO LA STRADA DEL COMPIMENTO

In vari modi Gesù realizza il ‘pieno compimento’ della Legge e dei Profeti. Egli compie la promessa e il cammino di salvezza che pervadono la storia di Israele. Inoltre Gesù allarga e approfondisce i dettami della Legge, liberandola dal formalismo esteriore e superando ogni barriera, come quando ci dice di farci noi stessi ‘prossimi’ agli altri. Per noi cristiani, il ‘compimento’ della vita e dell’attesa, sta nel guardare Gesù, seguirlo, imitarlo, domandando la sua grazia di amore e misericordia.

Onore a Berlusconi per i tanti meriti, innanzitutto la capacità di amicizia

Così monsignor Camisasca, già cappellano del Milan, ricorda «un uomo di grandi orizzonti» che ha lasciato un segno in tutti i campi in cui si è lanciato. «Anche io, come Ruini, celebrerò la Messa per lui»

Massimo Camisasca

TEMPI

13/06/2023 - 6:00

Con Silvio Berlusconi se ne va un grande protagonista della storia d’Italia, dal Dopoguerra ad oggi. Lo stanno scrivendo tutti, in queste prime ore dopo la sua morte, amici e avversari, segno di una personalità singolare in molti campi dell’agire umano. Dirò subito che non mi piacevano certe sue uscite sulle donne e certi suoi comportamenti. Non per bacchettonismo, ma perché non rendevano ragione di un uomo di grandi orizzonti, quale era lui.

Genio dell’imprenditoria e della comunicazione

Berlusconi è stato un genio dell’imprenditoria. Egli ha saputo intravedere il futuro. Lo ha fatto nel campo immobiliare, della finanza e poi nel campo della comunicazione televisiva e del giornalismo. La creazione delle televisioni nazionali, rompendo il monopolio della tv di Stato, ha inciso profondamente nella cultura del popolo italiano, portando purtroppo anche una visione edonistica della vita. Tale creazione ha imposto alla stessa Rai una mutazione del suo Dna, trasformandola in un ibrido tra intrattenimento e servizio pubblico da cui non si è più risollevata. Da un piccolo studio televisivo sono nati canali che hanno catalizzato e creato centinaia di nuovi volti dello spettacolo.

La discesa in politica e la (mancata) rivoluzione liberale

Il segno della capacità magnifica e organizzativa di Berlusconi è stata la sua discesa in politica nel 1994: in breve tempo ha creato un partito, che ho la portato ad essere più volte presidente del Consiglio e protagonista della vita politica della nazione per trent’anni. Progetti questi nella comunicazione e nella politica, di grande respiro, che hanno messo in luce le doti del mago di Arcore. L’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ride per una battuta durante un vertice dei capi di Stato dell’Unione Europea, Bruxelles, 16 giugno 2005 (foto Ansa) Non è questa l’ora dei bilanci, ma si può dire che la rivoluzione liberale auspicata non ha trovato il suo corso, per gli ostacoli politici e giudiziari che hanno cercato di fermarla, ma forse anche per un’insufficiente visione culturale e per un incontro tra mondo liberale e cattolico che non si è realizzato.

Onore a Berlusconi per la generosità e dedizione con cui ha lavorato con passione e acutezza per il paese che ha tanto amato.

Con il Milan un’epopea immortale

Io ho conosciuto di persona Silvio Berlusconi nei 4-5 anni in cui sono stato cappellano del Milan. Anche qui: quando mai si è visto un uomo che di lì a poco sarebbe entrato in politica, che aveva mostrato già le proprie doti di creatività, scendere nel mondo del calcio, comperare una delle squadre più prestigiose della storia del pallone in Italia, sostituire Liedholm con Arrigo Sacchi che quasi nessuno allora conosceva? Sarebbe nata un’epopea che poi Capello, Ancelotti e altri avrebbero reso immortale.  Berlusconi arrivava a Milanello ottimista, sorridente, capace di motivare, dispensatore di consigli, talvolta invadendo campi di competenza altrui. Ma questi altri lo perdonavano in ragione di quella simpatia di cui l’uomo di Arcore si faceva portatore. Anche io, come il cardinal Ruini, celebrerò la Messa per lui, che mi ha certamente testimoniato, nei brevi anni in cui l’ho accostato, un grande amore alla vita e una grande forza di fronte alle difficoltà. Soprattutto Berlusconi mi ha insegnato a mantenere nell’orizzonte dell’amicizia anche gli avversari. Egli ha portato in tanti ambienti una capacità di rapporto umano fino ad allora inusuale e forse sconosciuta.

Introduzione del celebrante
Gesù ci convoca in questa assemblea eucaristica, una piccola ‘folla’ di cristiani. Consapevoli del nostro bisogno, ci rivolgiamo a Lui con fiducia.

  1. Signore Gesù, ti seguiamo come la folla che tu guardavi con amore e attenzione. Ci affidiamo a te e alla tua Provvidenza, insieme con le persone della nostra comunità e in unione con tutti i popoli del mondo,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, sostieni il popolo cristiano con la guida e la testimonianza dei nostri pastori, il papa, il vescovo, i sacerdoti e tutti coloro che collaborano alla tua opera nella Chiesa,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, ti affidiamo la nostra estate. La tua grazia ci sostenga in tutte le iniziative della comunità e delle famiglie, per aprire lo sguardo e il cuore alla bellezza e rendere lieta e forte la vita,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

  1. Signore Gesù, il nostro mondo ha bisogno di te per camminare nelle vie della pace, della riconciliazione e della giustizia. Sostieni l’opera degli uomini e delle donne di buona volontà,

Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
Ti ringraziamo, Signore Dio nostro, Padre, Figlio, Spirito Santo. In te confidiamo, uniti a tua Madre Maria e ai santi di questa settimana, San Luigi e San Giovanni Battista. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

LA VITA, UNA MISSIONE

In questo ‘tempo ordinario’ della liturgia, il Vangelo presenta Gesù che ci guarda e ci segue con ‘compassione’, cioè con attenzione e amore. Egli vuole raggiungere tutti e per tutti consegna la sua vita fino alla croce (2.a lettura). Gesù coinvolge nella sua missione altri ‘operai’, a partire dai dodici apostoli; il cerchio si allarga, cominciando dalle ‘pecore perdute’ più vicine, fino a raggiungere anche noi. A nostra volta, siamo chiamati a renderci responsabili gli uni degli altri, in famiglia, in comunità, nella società.

Vangelo secondo Matteo 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al padre vostro che è nei cieli».

SALE E LUCE

Il sale, indispensabile condimento del cibo. La luce, fattore necessario per la giornata. Gesù presenta questi paragoni per identificare la nostra identità e missione e anche il bisogno del mondo. Che se ne fa Gesù di cristiani appiattiti sulle idee comuni circa il senso della vita e omologati a vivere senza carità e speranza? Che ce ne facciamo noi di un cristianesimo che non ‘informa’ (=non dà forma) pensieri, decisioni, azioni? In pochi anni di vita, Antonio ha dato sapore e luce al mondo.

Vangelo di Matteo 5,1-12

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi».

LA FELICITA’ AL CONTRARIO

Le Beatitudini proclamate da Gesù segnano una nuova strada di felicità. Una strada segnata al contrario rispetto alla mentalità del ‘mondo’ e alle inclinazioni cattive del nostro cuore. L’esperienza mostra la verità di questa parole. Vediamo la felicità di chi sceglie la povertà per il regno dei cieli, vive nella purezza del cuore e del corpo, è mite e misericordioso, pratica la giustizia e cerca la pace. La ‘felicità’ dei perseguitati, come Felice e Fortunato, e tanti martiri della storia fino ad oggi.