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Vangelo secondo Luca 19,45-48

In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

NOSTALGIA DI PREGHIERA

Il tempio aveva sostituito la tenda nella quale Dio e Mosè si davano convegno e parlavano come un uomo parla con un altro uomo. Il tempio era dunque luogo di incontro con Dio. Quando Gesù arriva a Gerusalemme e sale al tempio, lo vede invaso dal mercato, dove la preghiera è resa impossibile. Continua ad accadere nella nostra vita. Il gesto deciso di Gesù che libera il tempio dai venditori, ci induce a liberare per la preghiera spazi e tempi della nostra vita.

 

 

Vangelo secondo Luca 19,11-28

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

VERSO IL COMPIMENTO

La parabola dei talenti, annunciata domenica nel Vangelo di Matteo, viene raccontata con alcune varianti nel Vangelo di Luca. Se la sostanza non cambia, l’orizzonte è diverso: Gesù cammina verso Gerusalemme, davanti a tutti, proteso verso il compimento della sua missione. E’ un implicito avviso a trafficare la vita, facendo fruttare le ‘monete’ e compiendo con frutto la propria missione, fino a consegnare tutto al Padre. Il cammino di Gesù è quello dei martiri, come Cecilia; ed è lo stesso di ogni cristiano.

 

Vangelo di Matteo 12, 46-50

In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».

FAMILIARI DI GESU’

Si narra nel protovangelo di Giacomo, uno dei vangeli apocrifi, che Maria venne condotta al tempio a tre anni e vi rimase per tutta l’infanzia, dedicata al Signore. Il Vangelo di oggi racconta che Maria seguiva il Figlio nella vita pubblica, e sorprendentemente Gesù attribuisce anche ai suoi discepoli la qualifica di ‘fratelli, sorelle e madre’. La maternità di Maria si allarga alla maternità della Chiesa e coinvolge ogni cristiano nella familiarità con Gesù. A Venezia e dintorni, oggi Maria viene celebrata come Madonna della Salute.

 

Presentazione del libro “Dov’è Dio?”

UNO SGUARDO NUOVO

Giovedì 16 novembre, entrando nella Cattedrale già gremita di persone, mi sono sentita accolta, quasi avvolta fisicamente nell’abbraccio di tanti fratelli che come me non avevano voluto perdere quell’evento. Sicuramente portavamo tutti nel cuore e nella mente un profondo interesse per ciò che è espresso nella domanda che fa da titolo al libro, “Dov’è Dio?”, l’intervista di Andrea Tornielli a don Jualiàn Carròn, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Una domanda che non sorge in astratto, ma da un cuore ferito nell’affronto delle circostanze quotidiane, nei rapporti familiari, nel lavoro, nelle situazioni sociali e pubbliche spesso drammatiche.

Mi hanno colpito molto i fatti evangelici citati, dove sorprende la bellezza dell’incontro di Gesù con persone come Zaccheo, la Samaritana, la peccatrice, e con lo stesso San Paolo. Don Carròn ricordava che questo è il metodo di Dio, iniziato con Abramo, culminato con la venuta del Figlio Gesù e che continua oggi incontrando ciascuno di noi,  me,  te, così come siamo,  senza pre-condizioni. Lo sguardo pieno di tenerezza di Gesù è entrato nella storia, in ogni storia particolare. Che sussulto al cuore far memoria della mia storia dove Gesù continua ad incontrarmi, qui ed ora, a perdonarmi, a riprendermi. Il modo chiaro ed incisivo con cui  il sacerdote, sollecitato dalle domande di Tornielli, raccontava l’esperienza cristiana, non poteva che farmi riflettere su come io vivo la mia fede. La gratitudine e la gioia per la Grazia ricevuta non possono che spingermi a desiderare di condividerla con gli altri. La  modalità, si diceva, ce la indica Papa Francesco ed è quella di stare nella vita con lo sguardo di Gesù, non riportando discorsi, ma con gesti e parole intrinsecamente legati. Mi piace una frase di Mounier citata nel libro: ”Il portiere della storia non ascolterà i vostri argomenti, guarderà i vostri volti”. “E prima ancora del portiere, anche le persone che incontriamo ogni giorno guardano i volti dei cristiani più che ascoltare le loro lezioni di dottrina, cogliendo la simpatia umana e la compassione sincera di chi abbraccia senza giudicare, perché a sua volta è stato ed è continuamente abbracciato e perdonato.” Don Carron ha concluso la serata con una frase che gli era stata rivolta da una giornalista catalana e che sintetizza tutto questo: ”In questa società abbiamo bisogno della luce dei credenti.” Per noi cristiani , penso, non ci sia sfida più grande di questa. Alla fine dell’incontro ci siamo sentiti ridestati e rilanciati a domandare questo sguardo nuovo, fedeli alla consapevolezza del Mistero presente.  Ora rimane da proseguire l’incontro continuando a leggere il libro!

 

Vangelo secondo Luca 18,35-43

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

IL GRIDO E LO SGUARDO

Quest’uomo cieco, appena si accorge che passa Gesù, alza un grido di aiuto e insiste, fino a che Gesù lo sente e lo guarisce. Il cieco guarito è l’immagine di ogni uomo, di tutti gli uomini. Lungo la strada della nostra vita, ancora passa Gesù. Siamo pronti a gridare, siamo disposti a insistere? La salvezza avviene in un incontro, si concretizza in un dialogo. La salvezza è lo sguardo di Gesù che ci incrocia e dà luce al nostro sguardo e gioia al nostro cuore.

16 novembre 2017

Tanta gente in Cattedrale a Chioggia 

UNA SERA, EGLI VIENE

Non esiste cristianesimo senza qualcuno che lo viva ora, senza una mano che ce lo porga ora. Gesù entra nella nostra città, rasenta i muri delle case, scruta dalle fessure delle finestre, bussa discretamente alla nostra porta. Noi stiamo a guardare le stelle e consultiamo l'oroscopo, o più banalmente ci pieghiamo davanti alla Tv, rassegnati alle solite notizie e annoiati con i soliti programmi. Forse attendiamo che Dio ci parli dalle nuvole e compia il miracolo richiesto; saremmo anche disposti a dargli buoni suggerimenti. Intanto ci sballottiamo a domandarci dov'è e cosa fa, vagoliamo alla ricerca di nuovi guru e sperimentiamo terapie religiose per placare il bisogno e addormentare il desiderio.
Ed ecco, Egli è qui. Viene a cercarci in mezzo alla folla, chiamandoci per nome come Zaccheo salito sull'albero, che si è sentito invadere il cuore di gioia e riempirsi la casa della sua grande presenza. ...continua a leggere "In margine a un incontro in Cattedrale"

Vangelo secondo Matteo 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

UN BENE MOLTIPLICATO

I talenti sono le doti che abbiamo ricevuto nascendo e i doni che in seguito la vita ci ha regalato. Talenti sono anche le relazioni nelle quali si è intrecciata la vita, i maestri e gli amici incontrati. Un patrimonio che ci basta a vivere e che matura con noi. Nella parabola del Vangelo ci sorprende che il padrone in partenza non abbia depositato in banca i suoi beni, ma li abbia consegnati in custodia ai servi. Pensava di trarne maggior vantaggio! Così accade, al cento per cento per i primi due servi, non per il terzo. I talenti moltiplicati non fruttano solo un bene personale, ma vanno a beneficio del padrone. Si può immaginare che diventeranno un vantaggio per tutti i servi e tutti i familiari. Forse questo è il succo della parabola: traffichiamo a favore del Regno di Dio i doni ricevuti; viviamo la vita avendo negli occhi e nel cuore Colui che ce l'ha affidata come compito e come missione. Il bene si moltiplica!

Vangelo secondo Luca 18,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

L’INSISTENZA DELLA PREGHIERA

Anche i disonesti hanno un cuore. Gesù non teme di proporci anche il loro ‘buon esempio’. Il ‘giudice disonesto’ cede alle richieste insistenti della vedova, magari solo per togliersela di mezzo. In modo audace e anche paradossale, Gesù lo mette in paragone con Dio, ben disposto a cedere di fronte alle insistenza di quanti gridano verso di Lui. Non esiste dunque la preghiera a gettone. Occorre il grido di preghiera che nasce dalla fede per ottenere ‘prontamente’ udienza nel cuore di Dio.