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Vangelo secondo Matteo 23, 27-32

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

UN BENE INTERO

L’ipocrisia difende se stessa, nascondendo sotto una bella apparenza il marciume del cuore.
Accusa il passato e non si impegna a riconoscere e a realizzare il bene che è possibile compiere nel presente. E’ un modo per rimanere fuori della realtà, pur camminandovi sopra. Gesù ci spalanca a guardare e a vivere tutto il reale, senza finzioni e senza falsità: viviamo il presente, percorrendo la via del bene con tutto noi stessi, corpo e anima. Domandiamo che la sua grazia ci sostenga.

Martedì 25 agosto 2020

San Giuseppe Calasanzio, Spagna 1558- Roma 1648

Vangelo secondo Matteo 23,23-26

In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».

LEGALISMO E CARITA’

Come Gesù ha potuto affrontare in modo così diretto i farisei, denunciando la loro ipocrisia legalista? Si consideravano apposto con le tasse del tempio ma trasgredivano la legge fondamentale della giustizia e della carità. E oggi? Forse c’è superficialità anche nell’adempimento dei doveri legali e ci si accontenta di una buona apparenza esteriore. Così non si soddisfa la giustizia verso il prossimo né si realizza la pace interiore. Gesù spinge in un’altra direzione, che conduce al cambiamento del cuore.

Vangelo secondo Giovanni 1,45-51

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

LA SORPRESA

Lo sguardo di Gesù che lo precede, avendolo visto sotto l’albero di fichi, sorprende Natanaele-Bartolomeo, che esplode in una limpida professione di fede. Gesù ci precede, nella vita e nell’incontro personale con Lui. E’ una grazia accorgersene – magari attraverso un amico che ci dice: Vieni e vedi - e quindi muovere i nostri passi verso di Lui, seguendolo come discepoli. Scopriamo e sperimentiamo così una vita nuova, che apre lo sguardo alla meraviglia e alla gioia della sua compagnia.

Vangelo secondo Matteo 6,13-20

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

CHI DITE CHE IO SIA?

Ricordiamo il primo momento in cui la domanda di Gesù agli apostoli ci è brillata davanti agli occhi e al cuore? Allora abbiamo percepito Cristo vivo, presente e decisivo per la nostra esistenza: così abbiamo cominciato ad essere cristiani. Questo momento è fiorito nel tempo intrecciandosi con tutte le vicende della vita, nelle quali abbiamo riconosciuto la presenza del Signore. Questa è la grazia che viene dal Padre. Nello stesso tempo, è provvidenziale la testimonianza di tanti fratelli, garantiti nella fede dea successore di Pietro, che per primo disse: “Tu sei il Cristo, figlio del Dio vivo”.

Vangelo di Luca, 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

LA MADRE DEL RE

A una settimana dalla festa di Maria Assunta, celebriamo Maria Regina, in quanto Madre del Signore Gesù, del quale è detto nel Vangelo che ‘il suo regno non avrà fine’. E’ una regalità che domina sul male e si volge con attenta tenerezza verso gli uomini e le donne di ogni tempo, manifestandosi nelle circostanze concrete della vita, anche attraverso i fenomeni straordinari delle apparizioni e dei miracoli. Questa presenza materna invochiamo soprattutto nella preghiera dell’Ave Maria e del Rosario.

Vangelo secondo Matteo 22,34-40

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

LA RISPOSTA DELL’AMORE

Di fronte al Dio che ci ama donandoci la vita; di fronte al Padre che manda il Figlio a diventare uomo per la nostra salvezza nella grazia dello Spirito Santo, quale può essere la risposta?  All’amore totale si risponde con un amore altrettanto totale. Non è la risposta a un dovere, tanto meno è un tentativo di pareggiare i conti con Dio. E’ una strada di vita, che conduce a ritrovarci uomini e donne veri, e fratelli e sorelle nella comunità umana.

Vangelo secondo Matteo 22,1-14

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

UNA FESTA DI NOZZE

La parabola degli invitati a nozze si incrocia con la festa di san Bernardo. La sua vita, intensa di amore e ricca di dedizione, è stata una risposta all’invito del Padre per le nozze del figlio Gesù. Bernardo ripristina e rinnova la vita monacale, attirando schiere di giovani e di uomini; percorre l’Europa per comporre la pace e l’unità della Chiesa. Bernardo concepisce la vita del monaco e del cristiano come una partecipazione alle nozze di Gesù con l’umanità. Una grande festa.

Vangelo secondo Matteo 20,1-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

LA PRIMA ORA

Sono stato chiamato a seguire il Signore fin dalla prima ora. Ho incrociato altri chiamati prima di me e poi altri che si sono aggregati alla fila. Non ho mai pensato che avremmo dovuto essere trattati in modo diverso. Con la chiamata del Signore, ciascuno viene messo di fronte alla verità di sé, e il compito che gli viene affidato è il più adatto e il più produttivo per ‘il regno di cieli’. Conviene fidarsi di colui che ci ha messo nella schiera dei chiamati.

Vangelo secondo Matteo 19,23-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi».

CENTO VOLTE DI PIU’

Dopo il rifiuto del giovane ricco, si apre il confronto con i discepoli che hanno lasciato tutto per seguire il Signore. Ad essi Gesù prospetta una vita sovrabbondante. E’ una promessa realizzata?
L’esperienza documenta che, avendo lasciato la propria piccola famiglia, la vita viene abbracciata da una grande compagnia, e il cuore e la mente incontrano la pienezza di un amore più grande, che dal cuore di Dio si riverbera in tanti fratelli e sorelle. E’ un anticipo del paradiso.