Vai al contenuto

Vangelo secondo Giovanni 5,17-30

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

SPECCHIO DEL PADRE

Gesù, Figlio Unigenito ed eterno del Padre, nella sua umanità reale ne è specchio vivo, e ne riflette la luce, il calore, la vita, ne tramette le opere di salvezza, realizza la vittoria sulla morte e dona la risurrezione agli uomini. Figlio di Dio fatto uomo, Egli è il grande comunicatore, in parole e in opere, della vita divina e della salvezza che il Padre opera per il mondo. Questa vita e questa salvezza siamo chiamati a riconoscere e accogliere.

Vangelo secondo Giovanni 5,31-47

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

LA TESTIMONIANZA DEL PADRE

Il Padre, che nella eternità infinita genera il Figlio, continua il rapporto generativo con il Figlio anche quando il Figlio assume la condizione umana. Questo si manifesta nelle opere che il Figlio Gesù compie e che rivelano la sua origine divina e la presenza amorosa del Padre. Attraverso Gesù, scopriamo la voce, il volto, l’azione del Padre che ci ama e ci salva. Il Padre è testimone e garante del Figlio. Una grazia senza confini: nell’uomo Gesù incontriamo Dio Padre.

Vangelo secondo Giovanni 5,1-16

Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

LA PISCINA DELLA RINASCITA

Questo miracolo di Gesù trova una precisa collocazione nella piscina ‘con cinque portici’, precisamente identificata dall’archeologia nella città di Gerusalemme qualche decennio fa.
Questo ‘terzo segno’ compiuto da Gesù identifica l’acqua come strumento di salvezza: occorre infatti rinascere dall’acqua e dallo Spirito, come dice Gesù a Nicodemo. Gesù dona quest’acqua, anzi è Lui stesso l’acqua che salva e risana. Rinasciamo dall’acqua del Battesimo. Anzi, rinasciamo dall’incontro con Cristo.

Scoperta di Dio, scoperta dell’uomo

Quando Dio non rimane ridotto a parola o a generico concetto filosofico? Succede quando non ci limitiamo a pensare Dio con la nostra fantasia, ma quando, con la mente, il cuore, la vita, ne accogliamo l’identità che Egli stesso svela percorrendo la strada che lo conduce in faccia all’uomo. Dobbiamo solo avere l’umiltà di lasciarci prendere per mano dalla sua parola e dalla sua azione, trasmesse da coloro che hanno visto e udito, e scopriremo un panorama di meraviglie. L’alibi della Trinità ‘mistero difficile’ viene smontato appena ci si lascia condurre da questo brevissimo ‘saggio’ che concentra in poche chiare pagine il lungo cammino della storia e della teologia. L’autore, nato in Moravia nel 1919 e morto nel 2010, sacerdote, gesuita, teologo, cardinale, riassume la sapienza dell’Oriente e dell’Occidente. La rivelazione di Dio è la risposta alla ricerca di senso della realtà, dai secoli antichi al presente. L’unità e la pluralità del mondo, la sua origine e il suo senso, trovano fondamento nel dinamismo del Dio Uno e Trino, sapienza e amore, principio e compimento di ogni essere. Il dinamismo delle persone divine le costituisce nell’unità che si comunica nella creazione e si palesa nell’incarnazione del Figlio. In poche stringate pagine l’autore riassume il cammino di rivelazione e di donazione di Dio dall’Antico Testamento al Nuovo, indagato dalla teologia di due millenni. La comprensione del mistero della Trinità – nella sua profondità e nei limiti della capacità umana – svela il senso della persona, della famiglia, della società, della storia, della Chiesa e dei suoi sacramenti e di tutto l’agire umano. Non un mistero intellettuale e astratto, ma una storia, una strada nella quale camminiamo, viviamo, respiriamo e amiamo. Un itinerario che auguriamo di percorrere a tutti i cristiani e a tutti coloro che desiderano e che cercano.
Tomas Spidlik, Noi nella Trinità. Breve saggio sulla Trinità, Lipa, Roma 2019 pp 137 € 13,00
Angelo Busetto

Vangelo secondo Giovanni 4,43-54

In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

IL SECONDO SEGNO

Secondo l’evangelista Giovanni, Gesù non fa miracoli, ma segni. Quale differenza tra miracolo e segno? Il miracolo è un fatto concluso in se stesso, come una guarigione o una tempesta sedata. Il segno è un fatto che rimanda ad altro. Il Vangelo di Giovanni racconta sette ‘segni’, cioè fatti straordinari che ‘costringono’ a porre lo sguardo su Gesù e ne annunciano la risurrezione. I segni conducono alla fede in Cristo, come accade al funzionario e alla sua famiglia. Quanti fatti della vita ci fanno guardare a Gesù?

Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

LIBERTA’ DI FIGLI

Chi percorre la strada della libertà?
Il figlio minore recupera in anticipo la sua eredità e in qualche modo ‘uccide’ il padre; se ne va per strade sue, disperde il denaro e perde se stesso.
Il figlio maggiore rimane in casa come servo obbediente, ma non sa godere dell’affetto del padre e della compagna degli amici e in seguito nemmeno del fratello.
Il figlio che esce di casa in cerca di libertà, snobba il padre ma rimane libero anche nel suo decadimento: riconosce il suo male, rinnova il desiderio della casa del Padre, riprende il cammino e si apre a un rinnovato rapporto con il Padre che lo fa vivere. La libertà è riconoscere il rapporto che ti costituisce e che ti permette di essere e ritrovare te stesso.
Il secondo figlio vive un rapporto formale con il padre, si chiude al rapporto con il fratello e rompe con il padre. Rinuncia ad essere figlio e ad essere fratello.
La vera questione, quindi, non è se i nostri figli – o noi stessi - scappano di casa o sbagliano. Ma se, dopo essere scappati di casa, o magari rimanendovi, i nostri figli – o noi stessi - vivono o ritrovano il rapporto con il Padre e con i fratelli. Vale per la famiglia, vale per la vita.

L'adorazione delle
24 Ore x il Signore  prosegue fino a tardo pomeriggio.                                                            A Chioggia e Sottomarina (Spirito Santo) fino alla Messa delle 18.

Vangelo secondo Luca 18,9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

COME PREGARE

Pregare a testa alta, pregare seduti, in ginocchio, prostrati a terra…Come pregare? Una certa posizione del corpo favorisce o ostacola la preghiera, perché uno prega con tutto se stesso e si esprime con gli atteggiamenti esteriori. La liturgia della Messa ci fa sempre cominciare con la domanda di perdono, che poi si apre alla lode e al ringraziamento. Ci presentiamo davanti a Dio domandando di essere accolti e perdonati, liberi da ogni pretesa, figli bisognosi, come il pubblicano del Vangelo.
Oggi preghiamo in adorazione nelle 24 ORE PER IL SIGNORE

La RISCOPERTA del PADRE

1. Chi sei?
La liturgia quaresimale ci mette davanti agli occhi la domanda che Mosè rivolge a Dio sul monte Oreb: “Chi sei?” Esodo 3,13-15
Mosè disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?».  Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». Poi disse: «Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi». Dio aggiunse a Mosè: «Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.

“Io sono colui che sono”. In questo nome non c’è filosofia, ma piuttosto storia. In quel nome c’è la storia di un’alleanza. Io Sono significa: Io Sono qui, Io ci sono e ci sarò, Io Sono Presente. Sono Fuoco che brucia e non divora, sono Luce che rivela e non acceca.
“Io sono colui che sono” Il Dio dei padri, che manda Mosè a salvare il popolo.
Io sono la pienezza dell’essere. Chi è – che cos’è questo Dio che trabocca di vita, e la effonde, come un vino spumeggiante, come un fiume che irrora di canali e ruscelli la campagna del mondo. Che vita ha questo Dio, come fa ad essere quello che noi vediamo? Perché lo chiamiamo Padre?
Noi vediamo la primavera che sboccia, vediamo la luna piena come non l’abbiamo vista mai. Noi vediamo il volto e il sorriso di un bambino che cresce. Vediamo la vita che si agita dentro di noi. Noi vediamo l’opera dell’uomo nella genialità dell’arte e delle imprese ingegneristiche o nelle profondità del laboratorio.

2. Io sono: Com’è questo Io sono? Dio, come è fatto??
Esprimendoci con il realismo e l’approssimazione del linguaggio umano, possiamo dire che l’essere di Dio ‘si espande’ in una triplice personalità: Padre – Figlio – Spirito Santo. Le parole umane sono inadeguate, ma contengono comunque la verità, come un catino contiene la qualità dell’acqua dell’immenso oceano.
“In un libro di catechesi tedesco si legge questo racconto. Un insegnante pone a una bambina la domanda: “Il Padre celeste è Dio. Gesù Cristo è Dio, lo Spirito Santo è Dio. Come vanno insieme queste cose?” La bambina pensa un momento e poi risponde: “Dio sarà il nome della famiglia”. La classe ride, ma l’insegnante resta pensierosa…”(T.Spidlik, Noi nella Trinità, Ed Lipa p11)
Anche noi rimaniamo pensierosi. Dio è una realtà viva, un fiume che scorre, un sole che promana luce e calore, un albero che produce frutto. Dio è una ‘famiglia’ di persone. Buttiamoci a tuffo nel gran mare di Dio:
“Il Padre genera dall’eternità il Figlio, cioè gli comunica liberamente la sua natura divina. Dato che questa è indivisibile, Egli dà se stesso integralmente, senza riserve. D’altra parte, il Figlio accetta questa natura divina dal Padre liberamente e senza riserve.” (Spidlik p 55)
La persona – divina e anche umana - nasce dalla relazione con un’altra persona. Ogni figlio può dire alla madre e al padre: “Tu sei, quindi io sono. Senza di te non esisto, non posso esistere”. “Io sono tu che mi fai”: ripeteva con una frase folgorante don Giussani. Non solo mi hai fatto, mi stai facendo ora. Il Figlio eterno può dire al Padre: “Io sono tu che mi generi”
Il Padre conosce il Figlio, il Figlio conosce il Padre; la figura si riflette nello specchio che ha di fronte; conoscenza, logos, verbo, parola.
Ma la conoscenza non si limita a conoscere. Per entrare nel mistero di una persona, occorre che si svolga un processo di reciproca fiducia e di amore. Conosci una persona quando le vuoi bene. Allora ‘entri’ nell’altro. La conoscenza reciproca avviene tra l’amante e l’amata, tra padre-madre e figlio, tra l’amico e l’amico. La comunicazione, la conoscenza vera avviene in ambito affettivo, accade nel reciproco amore. In Dio, la perfetta conoscenza esiste nel perfetto amore. La conoscenza è più di una conoscenza: è una relazione, è un legame, è una comunicazione. La conoscenza puramente intellettuale è un ‘sapere le cose’ e non costituisce un vero rapporto personale. La conoscenza in senso biblico è addirittura il rapporto intimo tra uomo e donna.
“Colui che contempla e ammira, colui che costituisce il mutuo amore del Padre e del Figlio è lo Spirito Santo. Contemplando, egli costituisce se stesso come terza persona divina, egli diventa ciò che vede, personifica l’amore mutuo tra le persone divine. Lo Spirito è Spirito d’amore” (Spidlik p 55)
Ecco la Trinità, Padre che è l’inizio, il Figlio che è lo specchio, lo Spirito che è il legame amoroso. Questa realtà divina corrisponde alla realtà umana, perchè anche noi siamo fatti così: l’acqua contenuta nel piccolo bicchiere è la stessa del grande oceano. Anche noi siamo fatti dalla relazione, siamo relazione.
Un inno dei Primi Vespri della solennità della Santissima Trinità delle monache trappiste di Vitorchiano esprime con intensità lo svolgimento della vita divina:
“O Trinità infinita
cantiamo la tua gloria in questo vespro,
perché nel Cristo tu ci hai resi figli
e i nostri cuori sono tua dimora.
Eterno senza tempo,
sorgente della vita che non muore,
a te la creazione fa ritorno
nell’incessante flusso dell’Amore.
Noi ti cantiamo, o Immenso,
in questo breve sabato del tempo
che annuncia il grande giorno senza sera
in cui vedremo te, vivente luce.
A te la nostra lode,
o Trinità dolcissima e beata
che sempre sgorghi e sempre rifluisci
nel quieto mare del tuo stesso Amore. Amen.” ...continua a leggere "Meditazione di Quaresima 2019"

Vangelo secondo Marco 12,28-34

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

DIO E IL PROSSIMO

Gesù, che viene da Dio e si fa vicino all’uomo, risponde allo scriba, confermando i comandamenti dell’antica Legge. Dove sta allora la differenza? Occorre domandarsi chi è Dio e chi è il prossimo per Gesù. Dio è il Padre da cui Egli viene e al quale è unito nell’Amore dello Spirito Santo; Dio è il Padre di tutti gli uomini. Il prossimo non è solo colui che ti è vicino; diventa prossimo colui al quale tu accetti di avvicinarti per soccorrerlo e condividerne la vita.

Vangelo secondo Luca 11,14-23

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

CHI VINCE

Se neppure satana contraddice se stesso, tanto meno Gesù. Gesù è il vero combattente contro satana e suo vincitore. L’abbiamo visto nelle tentazioni nel deserto e lo vediamo in tanti episodi del Vangelo. Soprattutto quando viene sottoposto alla prova terribile della croce, Gesù vince la tentazione di contraddire la volontà del Padre, e riemerge come vero Figlio. Anche noi possiamo vincere la tentazione, affidandoci a Gesù, Uomo forte e Figlio di Dio, che strappa via le armi a satana.