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Vangelo secondo Giovanni 7,1-2.10.25-30

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

A GERUSALEMME

Sembra che un’attrattiva invincibile sospinga Gesù a Gerusalemme, per partecipare con il suo popolo alla festa che rievocava i quarant’anni passati nel deserto fino ad arrivare alla terra promessa. Tutto quello che nella storia era accaduto, in Gesù trova il suo compimento. Gesù è in attesa della ‘sua ora’, quella in cui tutte le circostanze si assommano, e la decisione di uccidere Gesù si incrocia con la sua disponibilità a compiere fino in fondo la volontà del Padre.

Vangelo secondo Giovanni 5,31-47

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

LA TESTIMONIANZA DEL PADRE

Colui che conferma la vita, la parola, l’azione di Gesù è lo stesso Dio Padre che nell’eternità genera il Figlio divenuto uomo. Questa è la rivelazione somma dell’identità di Gesù: Figlio di Dio fatto uomo. In rapporto con il Figlio Gesù, anche per ciascuna persona umana una garanzia di verità può venire solo dal Padre. Gli altri ci esaltano e abbassano, con benevolenza o con malevolenza. Ci conforta e ci salva il giudizio del Padre e il suo abbraccio.

Vangelo secondo Giovanni 5,17-30

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita, in verità , in verità vi dico viene l’ora -  ed è questa - in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

IL MISTERO DEL FIGLIO E IL MISTERO DELLA NOSTRA VITA

Gesù alza il velo dal mistero: anche in questa terra egli sta a guardare il Padre, dialoga con lui e, quello che egli fa, il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre, Dio della vita, è origine della vita: concede al Figlio di avere vita in se stesso e di richiamare alla vita i morti. Si svela il mistero della persona di Gesù, Figlio del Padre; e si svela  il nostro destino: siamo fatti per risorgere, per una risurrezione di vita.

PREGHIERA DEI FEDELI
Domenica 17 marzo 2024 – V DI QUARESIMA, Anno B
Introduzione del celebrante
Come i greci del Vangelo anche noi vogliamo vedere il Signore, che si svela in questa Eucaristia. Ci rivolgiamo con fiducia al Signore Gesù, presentandogli la nostra preghiera per noi, per la Chiesa, per il mondo.

1. Signore Gesù, che ti presenti al popolo cristiano in questa Eucaristia, innalzato in croce e risorto, donaci di desiderarti e di incontrarti, per poterti testimoniare ai fratelli e alle sorelle che incontriamo nella vita,
Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

2. Signore Gesù, ti affidiamo Papa Francesco nel compimento dell’undicesimo anno del suo ministero, il nostro vescovo… i sacerdoti e tutti coloro che ci sono maestri e compagni di cammino nella vita della Chiesa,
Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

3. Signore Gesù, la tua croce si innalzi nel mondo come segno di salvezza. Liberaci dal male della guerra e della vendetta. Sostieni l’opera di pace di tante persone di buona volontà. Dona ai popoli di vivere nella giustizia e nella pace,
Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

4. Signore Gesù, guida e accompagna le famiglie nella bellezza e verità dell’amore;
ti affidiamo i giovani in cammino verso il matrimonio o chiamati a una vita di consacrazione,
Preghiamo: ASCOLTACI O SIGNORE

Conclusione del celebrante
Signore Gesù, ti consegniamo le nostre preghiere per la Chiesa e per il mondo, mentre desideriamo di stare con te nel tuo cammino verso l’ora della passione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

“VOGLIAMO VEDERE GESÙ!”
“Vogliamo vedere Gesù!”: esiste desiderio più vero e domanda più bella? Ogni azione ci porta a desiderare incontri belli e veri: al fondo di ogni attesa e desiderio ‘è Gesù che noi cerchiamo’ –diceva Giovanni Paolo II ai giovani. Con discrezione e decisione non perdiamo l’opportunità di testimoniare Cristo. Forse qualcuno chiederà anche a noi: Vogliamo vedere Gesù. Gesù ci apre la via, che attraverso la croce conduce alla risurrezione di una vita nuova. Anche le difficoltà, gli ostacoli, le sofferenze che incontriamo ogni giorno, aprono all’urgenza di incontrare il Signore che salva.

Vangelo secondo Giovanni 5,1-16

Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: «Prendi la tua barella e cammina». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: ‘Prendi e cammina’?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

LA SALVEZZA ARRIVA A GERUSALEMME

Per il paralitico che da trent’otto anni era malato e giaceva accanto alla piscina dai cinque portici, la salvezza è Gesù che lo guarisce. Gesù vale più dell’acqua della piscina. Basterà a rendere felice quell’uomo? Incontrandolo, Gesù lo ammonisce di non peccare, perché il peccato potrebbe produrre in lui qualcosa di peggio dell’infermità fisica. Lo vediamo, in noi e negli altri. E’ bello essere sani o comunque guariti, ma la salvezza vera avviene quando accogliamo in noi Gesù di Nazaret.

Vangelo secondo Giovanni 4,43-54

In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa.
Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire.
Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino.
Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

IL MIRACOLO E LA PRETESA

Ancora un miracolo in distanza, come per il servo del centurione. Ma questa volta il funzionario del re pretende che Gesù vada a casa sua. Gesù gli guarisce il figlio rimanendo dov’è, con una semplice parola. Noi non possiamo dettare condizioni a Dio; non possiamo vivere di pretese. E’ Lui invece che ci precede e ci sopravanza, sorprendendo la nostra vita. Certo: nei suoi tempi e nei suoi modi, che subito non ci corrispondono. Ma ci conviene lasciarlo fare.

Vangelo secondo Giovanni 3,14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

UNA QUARESIMA DI GIOIA

Un invito di gioia nel mezzo della Quaresima: Laetare-Rallegrati. Nel nostro mondo trafitto da tanti mali, Gesù dice a Nicodemo che il Padre lo ha mandato non per condannare il mondo ma per salvarlo. Dietro a Lui, il nostro è un cammino verso la vita e la gioia. Gesù ci accoglie, di notte e di giorno, come Nicodemo in ricerca, e ci rilancia. Egli è ‘il serpente innalzato che salva il mondo’. Gesù ci conduce a vivere una fede certa, una speranza attiva, una carità attenta.

Vangelo secondo Luca 18,9-14

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: ‘O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo’.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: ‘O Dio, abbi pietà di me peccatore’.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

SUPERBIA O GRATITUDINE?

La superbia, che in vario modo tutti ci avvolge, è stupida. E’ stupido considerarsi migliori degli altri e soprattutto vantarsi davanti a Dio. Invece, è bello ringraziare Dio per il dono della vita e per i doni di cui ci riempie ogni giorno, domandandogli di poterli fruttificare per corrispondere al desiderio del cuore e per fare del bene agli altri. Inoltre, mentre è utile battersi il petto per chiedere perdono, conviene poi rialzare il capo e …mettersi a lavorare.

Vangelo secondo Marco 12,28-34

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: ‘Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza’. Il secondo è questo: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

AMERAI…

E’ cosa grandiosa che i comandamenti di Dio si concentrino sull’amare Dio e amare il prossimo. Non hanno valore le grandi imprese o i grandi sacrifici, ma il cuore e la vita di un uomo e di una donna che amano Dio come figli e guardano il prossimo come fratello e sorella. E’ la sorgente di una vita rinnovata, è la radice di un mondo nuovo. L’amore rinasce ogni giorno dall’esperienza di essere amati da Dio e da chi ci ha generato.