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Vangelo secondo Giovanni 18,33-37

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

QUALE RE

Gesù e Pilato, l’uno di fronte all’altro. Una scena imponente, che fa ricordare il Racconto dell’Anticristo di Soloviev: l’Imperatore davanti allo staretz Giovanni che gli dice: ”Quello che abbiamo di più caro è Cristo…”. Due ‘regni’, due modi di concepire la vita e di viverla.             A conclusione dell’anno liturgico, nella Giornata Mondiale dei Giovani, e nel giorno che ricorda nel territorio veneziano la Madonna della Salute, stiamo di fronte a Cristo, perché la sua signoria ci liberi dal potere del male. Fissando lo sguardo su Gesù, possiamo ritrovare la verità di noi stessi e del nostro compito nel mondo.

 

Vangelo secondo Luca 20,27-40

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

RIVERBERO DEL PARADISO

Chi può immaginare il paradiso? Come si ama, come si è amati in paradiso? Lo sguardo di fede, l’intelligenza raffinata, l’alta fantasia di Dante si sono lanciate nella grande avventura. Gli uomini banali cercano sciocche scorciatoie. Gesù svela il Dio della vita, Colui che fa vivere per il tempo e l’eternità; il Dio dell’amore, il sole che fa risplendere ogni uomo e ogni donna. Domandiamo che anche l’amore vissuto sulla terra ne sia un primo riverbero.

 

Vangelo secondo Luca 19,45-48


In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo.

 

ACCOLTO O RESPINTO?

 

Nel racconto dell’evangelista Luca, Gesù arriva a Gerusalemme, la mèta alla quale è avviato fin dal capitolo 9, e dove viene accolto festosamente. Va al tempio, reagisce alla presenza dei venditori e richiama la funzione di preghiera in quel luogo. Con la presenza e la parola di Gesù, il tempio potrà diventare nuovamente abitazione di Dio. Ma proprio i custodi del tempio gli si oppongono e progettano la sua morte. Il popolo però lo ascolta. Io, tu, da che parte stiamo?

Vangelo secondo Luca 19,41-44

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi.
Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

In QUESTO GIORNO

Che cosa abbiamo da comprendere in questo giorno? Rincorriamo tante cose, siamo invasi da tante informazioni, schiacciati da drammi paragonabili alle nefandezze e ai pericoli del secolo passato. Percepiamo non solo il disfacimento del mondo materiale, ma l’oscuramento della verità, il sovvertimento di ciò che ci rende umani. Da che parte guardare, chi riconoscere? Gesù è chiaro: abbiamo da riconoscere il tempo della sua visita. Non solo 2000 anni fa: ora, attraverso fatti e persone.

Vangelo secondo Luca 19,11-28

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

I TALENTI

Gesù racconta questa parabola mentre è in cammino verso Gerusalemme: l’evangelista Luca lo nota all’inizio e alla fine del racconto, consapevole che anche Gesù si avvia al resoconto finale. Da parte sua, Gesù ha ben trafficato i suoi talenti e ora, in procinto di partire ‘per un paese lontano’ consegna a noi i talenti e ci chiede di trafficarli. Alla fine dell’anno liturgico, anche a noi viene chiesto il resoconto. Quali talenti abbiamo trafficato? La fede, la speranza, la carità?

 

Vangelo secondo Luca 19,1-10

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

L’INCONTRO

E’ possibile immaginare cosa abbiano provato quegli uomini e quelle donne che hanno incontrato Gesù su una strada della loro vita? Il cieco ieri, oggi Zaccheo e sempre altri. Non un incontro occasionale, con un personaggio illustre al quale si chiede firma e foto e tutto finisce. Qui è in gioco la vita, la felicità, il destino. In modo diverso, è accaduto anche a me, a te. Un incontro decisivo a un certo momento della vita, che ancora accade e ci sveglia.

Vangelo secondo Luca 18,35-43

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.
IL NOSTRO GRIDO
Pare di avere negli orecchi il grido del cieco di Gerico. Un grido propagato nella storia dell’umanità e che abbiamo percepito tante volte. E’ il nostro grido: “Abbi pietà! Che io possa vedere”. Vedere la realtà, vedere le persone, non camminare ‘alla cieca’ nella strada della vita, confusi e impacciati per tante voci che costringono a tacere. Gesù accoglie il nostro grido e ci permette di itornare a vivere e a vedere con la libertà del cuore e la limpidezza degli occhi.

Vangelo secondo Marco 13,24-32

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».

DALLA PRECARIETA’ ALL’ETERNITA’

Gli ultimi tempi segnano l’ultima venuta del Signore. Il Vangelo annuncia la precarietà di tutto ciò che esiste: sole, luna e astri. Nella fragilità di un mondo che decade a livello planetario e personale, sorge una viva speranza. Gesù glorioso compirà la sua opera radunando gli eletti. Un germoglio già fiorisce ora, come il ramo di fico. Vivendo davanti alla Sua presenza amorevole, non ci lasciamo prendere da terrore e disperazione, ma viviamo attenti ai germi di vita e collaboriamo alla Sua opera.