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Lunedì 10 luglio 2017 – Sante Rufina e Seconda, martiri di Roma, 260

Vangelo secondo Matteo 9,18-26

In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli.
Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata.
Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.

GESU’ IN AZIONE

Come treni in corsa, i due miracoli si inseguono e si superano. Matteo ne parla con linguaggio discreto e preciso. I verbi di azione si sovrappongono l’uno all’altro: la donna si avvicina e tocca il mantello, Gesù si volta e la salva. Altrettanto per la bambina: Gesù entra, prende la mano della bambina e questa si alza. Azioni, non pensieri. Sguardi e contatti, non dichiarazioni. Tuttavia, nessun automatismo: Gesù incontra personalmente le due donne e le salva con lo sguardo, la parola, la mano.